Bullizzano un portatore di handicap. Ma la reazione di alcuni adulti è peggiore di quella degli adolescenti

Quando il padre del ragazzo cerca un dialogo con le famiglie trova solidarietà a metà

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Li chiamano bulli, forse perché è necessario sempre affibbiare delle categorie alle persone. Eppure di aggettivi ce ne sarebbero molti, ignoranti sarebbe quello più appropriato. Appropriato per adolescenti che, non avendo dei punti di riferimento saldi nella loro vita, non trovano di meglio da fare che insultare un ragazzo della loro età che, ai loro occhi e solo ai loro occhi, non è normale. Accade tutto sulla spiaggia di Simeri mare.

Lui è un ragazzino affetto da una forma di autismo, loro sono “il branco” che si fa forte nel gruppo e lo prende di mira. Il ragazzo per un po’ sopporta, poi cede e fa capire ai genitori cosa sta accadendo. Il papà, come tutti i super eroi, affronta gli adulti sperando di trovare quanto meno una solidarietà dovuta alla funzione e al ruolo. Accade solo a metà. Qualche genitore capisce, interviene sui figli, solidarizza, al punto da offrirsi di organizzare una fiaccolata di sensibilizzazione, altri invece rincarano la dose. Dicono all’uomo che forse sarebbe meglio che lasciasse la spiaggia insieme al figlio. Ma il ragazzo e suo padre continueranno nella lotta contro quello che non può essere rubricato solo come bullismo adolescenziale, poiché in fondo i figli, al netto di qualche imprevisto che può capitare nella vita, sono solo la somma di ciò che gli adulti trasmettono loro.

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