Case Caminia: “Se lo Stato non ha cuore la Procura deve far rispettare le regole”

Tanti galantuomini di vecchio stampo che avevano realizzato con mille sacrifici economici le loro modeste casette residenziali passano come untori

Più informazioni su

di Massimo Gimigliano *

Quando nel 1762 J.J. Rousseau pubblicava “Le contract social”, patto attraverso il quale gli individui che decidono di abbandonare lo stato di natura e di dar vita allo Stato, alienano tutti i loro diritti (compreso il diritto alla vita) alla comunità di cui entrano a far parte, Caminia già splendeva in tutta la sua bellezza primigenia.
Questa baia incontaminata (che sembra disegnata da Renoir) certo non immaginava che dopo qualche secolo quel passaggio dallo stato di natura allo stato civile – che avrebbe posto le basi delle moderne democrazie – non avrebbe determinato solo il superamento della legge del più forte (c.d. “patto leonino”), ma avrebbe anche comportato che i suoi futuri abitanti si sarebbero dovuti votare alla cieca obbedienza alla legge, qualunque essa fosse, in nome della volontà generale, finalizzata all’utile pubblico, alla rettitudine, all’azione morale.

Accade, così, che dopo cinquant’anni, dopo avere consentito il Comune di Stalettì la trasformazione del territorio senza alcuna pianificazione urbanistica degna di nome, in nome di Demetra (dea della Natura nella mitologia greca) e di tanti forcaioli “in pectore” (moderni giacobini post rivoluzionari), si avverte nell’aria voglia di restaurazione dell’ancien régime, di pulizia morale.
Tutto ciò è encomiabile ed apre la strada ad una nuova stagione del teatro ambientale, ma sfugge ai più che tanti galantuomini di vecchio stampo che avevano realizzato con mille sacrifici economici le loro modeste casette residenziali in forza di una crìptica deliberazione consiliare dei primi anni ’60, che si erano fidati delle istituzioni siglando con l’amm.ne un patto non scritto (quello che gli inglesi chiamano gentlemen’s agreement), pagando negli anni i tributi sulle loro costruzioni ed ottenendo in cambio servizi essenziali, si trovano ora ingiustamente additati dalla pubblica opinione come “fuorilegge”, come “untori”, come privatori di beni collettivi.

Sono quindi arrivate le ruspe (prima ancora della celebrazione del processo penale!) che con i loro artigli d’acciaio dovrebbero servire anche da monito alla popolazione tutta che la legge esiste e va rispettata. Ma se lo Stato non può avere un cuore e la Procura deve fare rispettare le regole che i consociati si sono dati, è doveroso ricordare all’amm.ne comunale che una casa non è solo materia, non è solo una fredda geometria, non è solo “il tetto” (famoso film neorealista del 1956 di Vittorio De Sica sulle costruzioni dei baraccati), ma è un luogo dell’anima, degli affetti familiari, dei quali si nutre la società civile per alimentare sé stessa.
Serviva, pertanto, una transizione tra il prima ed il dopo, un passaggio meno traumatico delle demolizioni, una breve alleanza che consentisse di metabolizzare il cambiamento e, cosa più importante di tutte, di ridare fiducia nello Stato ai cittadini implicati, senza colpa, in questa storia edilizia, cancellando in tempo questa brutta pagina di storia che si sta scrivendo…
*avvocato

Più informazioni su