Bruno Martello, il galantuomo, l’artista della fotografia

"Era un signore, un galantuomo, un modello di marito padre figlio amico lavoratore cittadino"

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Di Franco Cimino

In un mondo che si sta incattivendo sempre di più, in una Calabria che si sta rompendo sempre di più, in una Città che si sta avvelenando sempre di più e nei quali chi dovrebbe guidare non guida, chi dovrebbe amministrare non amministra, chi dovrebbe per “mestiere” essere buono e trasparente e non lo è, come si può non commuoversi fino al pianto alla notizia della scomparsa di Bruno Martello?

Era un signore, un galantuomo, un modello di marito padre figlio amico lavoratore cittadino. Scritti così tutt’insieme, senza neppure  una virgola che separi i sostantivi, perché le virtù molteplici diventano una cosa sola, il più alto valore umano, nella persona che le possiede. I soliti, che scrutano sulle morti delle buone persone, diranno, “ma era malato, però chissà perché è morto di questi tempi diffidenti, era vecchio”( non aveva ancora compiuto ottantaquattro anni, eh). Superficiali, come al solito, banali e stupidi, come sempre.

Siamo tutti indispensabili, anche quelli che chiamano gli inutili, i pigri della vita e i vagabondi dell’impegno. Ma, i buoni, gli onesti, gli uomini veri, quelli che donano tutto di se stessi alle persone e negli ambiti in cui vive e prospera la società, che diventa per merito di essi più bella e più serena, questi non dovrebbero morire mai. Per legge divina, per statuto umano. Restare in vita , per imperativo categorico, anche quando le energie per la lunga fatica si sono fiaccate e la tristezza per la perdita dell’amata assale. Piega le gambe. Appesantisce il pensiero, che non per malattia, ma per rinchiudersi nella memoria lontana si allontana dal presente. Bruno Martello è quest’uomo, più che prezioso essenziale. E non solo per i sui amatissimi tre figli con congiunti e per i nipoti adorati.

Era essenziale al luogo dove, provenendo dalla sua Badolato e incontrando la donna della sua vita, proveniente da Santa Saverina, nella decisione coniugale ha scelto di vivere. Marina, come anche lui chiamava il quartiere di Catanzaro, è stata la sua patria, il suo rifugio e il mare, prolungamento del suo dell’infanzia, il suo mare, vicino al quale, meno di cento metri, aveva casa. In quello spazio, che andava fino alla piazza, quasi una figura geometrica, sor Bruno( io lo chiamavo così) aveva costruito amici e simpatie, e tutta l’enorme stima scesa su di sé. Qui aveva potuto realizzare gli spazi per organizzare e promuovere la passione della sua vita: la fotografia. Erano gli inizi degli anni ottanta, forse anche un po’ prima, le macchinette infernali che fanno tutto in un palmo della mano ancora non c’erano e la fotografia ancora nasceva, come magia, dalle macchine fotografiche.

La passione ti portava ad averne più di una (si chiamavano reflex e non me lo sono mai fatto spiegare perché) e sempre più attrezzate di supporti ed obiettivi sempre più potenti. C’era lo zoom che arrivava, come un cannocchiale lungo e pesante, fino a duecento  o trecento e poi il grandangolo e quei filtri per la luce. Dico come mi viene ciò che non ho mai capito, nonostante il mio fraterno amico Sergio Pisano me lo avesse spiegato mille volte e ancora ci prova quando purtroppo raramente ci vediamo. Bruno Martello, che di mestiere faceva il funzionario dello Stato, raccolse l’eguale sua passione di pochi, e la diffuse in lungo e in largo, contagiando centinaia di ragazzi e non pochi adulti all’amore per la fotografia. Costituì, con il Sergio di cui sopra, una delle realtà “ scolastiche” più importante che siano mai nate , a Catanzaro. È la famosa associazione artistico- culturale Grandangolo, oggi La Lanterna, ancora esistente e che non sbaglierò a dire che da domani si chiamerà anche “ Bruno Martello”.

All’interno di essa sor Bruno insegnava fotografia. Dico insegnava, e lo dico  ancora adesso pur sapendo che la sua umiltà non accettava questa definizione. Se lo chiamavi maestro ti sorrideva con quella sua bonomìa dentro la quale l’ironia si faceva carezza. Ma è però vero. Lo possono testimoniare tantissimi “ allievi” che hanno frequentato quel luogo. Martello non solo insegnava a fotografare, che è fatto certamente tecnico, ma come fotografare. Cosa fotografare. L’unico tema era la Bellezza. Il come fotografare stava, per lui, nel significato più profondo della fotografia, che è liberazione. Cerca la Bellezza e fermala in immagine secondo il tuo modo di vederla. Secondo il tuo desiderio di imprimerla affinché resti. Perché la fotografia é arte. E come ogni arte crea. Essa crea le modalità di fermare la bellezza e di renderla “ eterna”, oltre il consumo materiale di pellicola e carta su cui viene impressa dall’artista. Questa era la sua filosofia. Come l’artista, il fotografo è un uomo libero. La sua ricerca è libera. Questo, con i gesti e l’esempio e le pochissime parole, insegnava il maestro Bruno, l’artista. È in questa ottica che promuoveva, sempre con Sergio e Danilo e altri, mi scuso con chi mi sfugge in questo momento) concorsi di fotografie e mostre fotografiche, che via via sono diventate di livello nazionale, procurando a Marina anche una buona notorietà in questo campo.

Sergio avrà conservato tutto e sono certo che, con il circolo “La Lanterna” “Bruno Martello”, ne riproporrà le più salienti e attuali. A me basterebbe rivedere quelle in cui venivano fissati i visi in primo piano di tante persone diverse per ceto e attività lavorativa. Specialmente i volti degli anziani e dei bambini e quelli delle mamme gravate dalla fatica, dal dolore e dagli anni. Ma ci sarà modo e tempo per tutto questo voluminoso capolavoro di immagini. E ci sarà anche quello di narrare,  più degnamente che questo articolo, la figura di un grande marinoto, di un gigantesco calabrese. Io volevo, sotto i colpi battenti del mio cuore d’amico, solo salutare una straordinaria bellezza di persona. Un uomo che da solo, nel suo bellissimo viso, bruno pure di colore, rischiarato dai suoi occhi chiari e dal sorriso sincero, raccoglie e rappresenta la bellezza dell’essere umano. La sua anche,  ricca di tutti i volti e di tutti i paesaggi che ha fotografato in tutta la sua straordinaria vita.

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