Niente porto d’armi per essere stato denunciato per minacce e altro. Anche Tar gli dà torto

Secondo i giudici amministrativi indizi da cui si può scorgere la non perfetta sicurezza circa il buon utilizzo delle armi bastano per vietarne la detenzione

Il Tar della Calabria con sede a Catanzaro, (Giovanni Iannini, Presidente, Francesca Goggiamani, Referendario, Arturo Levato, Referendario, Estensore) ha respinto il ricorso di un cittadino che aveva chiesto l’annullamento di un decreto della Prefettura del giugno del 2015 con cui gli si impediva di ricevere il porto d’armi o più precisamente, come si legge nel provvedimento gli veniva: “imposto il divieto di detenere a qualsiasi titolo armi, munizioni e materiale esplodente”.

Alla base del divieto una comunicazione del Comando Provinciale dei Carabinieri di Catanzaro, che aveva evidenziato come l’uomo fosse stato denunciato per i reati di ingiuria, diffamazione, minacce, accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico e atti persecutori”. La circostanza, secondo la Prefettura era sufficiente per negargli il porto d’armi.

Alla stessa determinazione sono giunti anche i giudici amministrativi che hanno respinto il suo ricorso.

“Il giudizio soggettivo circa l’affidabilità  del singolo – si legge nel dispositivo – sull’utilizzo delle armi è espressione di una valutazione ricognitiva, che rientra nell’ambito della discrezionalità amministrativa, non sindacabile pertanto in sede giurisdizionale, se non ab externo a fronte di un apprezzamento illogico e irragionevole.

Rileva, in particolare, la giurisprudenza che all’autorità procedente è riconosciuto un ampio margine di valutazione in ordine ai presupposti che giustificano o meno il rilascio o il mantenimento in capo agli interessati dei requisiti per il possesso di armi, non risultando dunque necessario che il comportamento da cui emerge il presupposto dell’atto negativo sia acclarato nella sua rilevanza penale, bastando l’autonoma valutazione del comportamento medesimo da parte dell’amministrazione per prevenire eventuali effetti negativi per la sicurezza pubblica (ex plurimis, Consiglio di Stato, Sez. IV, 14 maggio 2021, n. 3819).

In tale prospettiva “è sufficiente che dalla considerazione del comportamento, quale si desume dai fatti oggetto di indagine, emerga anche per meri indizi l’assenza della perfetta sicurezza circa il buon utilizzo delle armi; né è necessaria un’istruttoria aggiuntiva sulla pericolosità sociale, poiché si tratta di un giudizio prognostico orientato a prevenire i pericoli che conseguono dall’uso delle armi”.