Cimino: “La giornata della Terra e le nostre guerre contro di essa”

Abbiamo dichiarato guerra alla Terra. Da tempo immemore

di Franco Cimino

Oggi è la giornata mondiale della Terra. Un’altra giornata a rischio di retorica e vacantezza concettuale e morale. Il calendario dell’Onu è zeppo di queste date, che a pensarne altre non si troverebbe posto. Dovrebbe essere, come tutte le liete ricorrenze, un giorno di festa. O di pensamento, per le tematiche più inquiete. Ma non è così. La Terra non è in festa e nessuno al mondo pensa ad essa con animo angoscioso, con pensiero inquieto. Per sentirne il lamento o il profumo, per coglierne i segni della sua sofferenza e quelli della sua resistente bellezza, occorre andare alle due ultime encicliche di Francesco, “Laudato sii” e “ Fratelli tutti”, e divorarle d’un fiato. In esse vi troveremmo la Poesia più bella, nelle parole scolpite nel Creato. Dettate agli uomini dal Creatore, chiunque si volesse considerare tale. Il creatore Dio delle religioni o quello che fosse prodotto dalla Ragione più illuminata. Ché una terra così bella e perfetta, sotto un cielo così bello e perfetto, da un Disegno assoluto dovrà pur essere stata concepita.

E da una Perfezione Assoluta dovrà pur essere stata creata. Se ci abbandonassimo, per una sola volta, in un solo minuto di una sola giornata, questa, a una sguardo di tenerezza verso la terra, a partire dal nostro perimetro, quelli stretto in cui ci muoviamo quotidianamente, vedremmo le più grandi ferite e sentiremmo il grido più straziante. Abbiamo dichiarato guerra alla Terra. Da tempo immemore. Ne dovremmo provare vergogna e degradare nella pazzia, come quel tale, di qualunque tempo antico e moderno o contemporaneo, che ha stuprato la propria madre. Ha ucciso la propria sorella. Ha venduto i figli al mercante di schiavi e di carne umana. Mentre scrivo, sono sulla mia solitaria spiaggia di Marina, che da Giovino muove verso Simeri. Lo faccio spesso quando il cuore detta sotto la magica spinta di un luogo ancora incantevole. Su questo lungo versante, però. Perché a cinquanta metri da qui, la rovina del territorio è quasi completa. Il mare, invece, sempre buono, vitale e generoso, è agitato. Ma non farà male, ché è pura invenzione degli uomini quella che il mare sia cattivo. Lo dicono solo per coprire la propria colpa di aver distrutto le pinete, erose le spiagge e costruitovi a cento passi da lui, quando anche la loro stessa legge ordina che si costruisca oltre i trecento metri. Mai uno di meno. Il mare buono, dicevo, sta portando sull’arenile già appesantito e lordo, le peggiori schifezze che vi abbiamo gettato dentro. Gomme di tutti i veicoli, bottiglie di plastica di tante dimensioni, profilattici di ogni tipo, lattine di tutti i colori, tronchi d’albero, pesanti pezzi di cemento, ferraglia di ogni genere. Non è atto di guerra, questo? E il petrolio o i rifiuti o tutte le sostanze inquinanti sversati nelle “ sacre” acque, non sono armi micidiali contro la vita? E il cemento che copre la terra e la appesantisce, i campi di grano coperti dalle pale eoliche o trasformati in colture transgeniche o consumati per gli allevamenti intensivi, non sono atti di guerra? E la distruzione di foreste e boschi e pinete, non sono attacchi “militari” contro la natura? La Terra per lungo tempo stanca, oggi è morente. Abbiamo poco tempo, forse meno di cinquant’anni per salvarla. Le misure finora adottate sono largamente insufficienti, come le risorse economiche dedicate.

Gli Stati nazionali sono quasi tutti chiusi nei loro piccoli interessi.

E nel bisogno che essi hanno di sostegni esterni per sopravvivere. Il globalismo economico, dominato dalle superpotenze, li condiziona fortemente, per l’esigenza che ha di consolidare il sistema economico fondato sulla logica del riempimento, dalla quale i pochi padroni del pianeta ricavano per se stessi il novanta per cento della ricchezza globale. Riempimento, sì. Degli spazi. Terrestri, ma anche quelli del cielo, strariempito di satelliti allo scopo ufficiale di realizzare la copertura internet globale, ma in realtà utilizzati per misurare tutto del pianeta. Tutto di noi. Tutto delle nostre singole vite, ormai totalmente controllate, spiate, vendute sul banco del mercato planetario. Riempimento sì, della pancia della parte cosiddetta evoluta del mondo, nella quale ci si ingozza di cibo o lo si spreca per incapienza addominale, quando solo metà di questo servirebbe per sfamare i due terzi dell’umanità che vive nella povertà estrema. E quel terzo che ogni giorno, di tutti i giorni, muore letteralmente di sete e di fame. Riempimento sì, del nulla plastico, delle menti prima svuotate di libri buoni, di conoscenze pulite, di cultura vera. Cultura umanistica. Cultura umana in cui l’interesse prevalente resti sempre quello per l’uomo nella sua interezza. E nella quale la scienza sia il laboratorio inesauribile delle scoperte e la tecnologia lo strumento al servizio dell’intelligenza umana, giammai il contrario. Riempimento sì, dei magazzini di armi di ogni più perfida pericolosità e dei depositi degli ordigni più feroci, sempre più predisposti alla più lunga gittata. Gli ultimi costruiti possono viaggiare alla velocità di migliaia di chilometri fino a raggiungere l’obiettivo alla distanza di ventimila chilometri. Come dire che soltanto tre o quattro di questi, che viaggiassero da un versante all’altro, potrebbero distruggere tre quarti del pianeta e uccidere miliardi di esseri umani. La Terra non ce la fa più. Non ha più la forza per ribellarsi. Non ha più voce per urlare la sua rabbia. È indifesa. Ostaggio di una umanità stupida stupida, prima ancora che cinica ed egoista. La guerra contro la Terra, da quarantacinque giorni si serve di un’altra piccola guerra, tradizionale come le altre, nascoste, taciute e sconosciute, in atto in alcune regioni del pianeta.

LA GUERRA

Quella sul territorio di Ucraina, Stato sovrano aggredito dalla Russia, altro Stato sovrano, non è una guerra locale, che abbia interessenze di carattere economico o di tipo “ politico” con l’Europa e con gli USA che guidano ancora l’Occidente. È guerra mondiale vera e propria. E non solo per le conseguenze dirette sulla vita di centinaia di milioni di persone impoverite, e di più lo saranno presto, fino alla difficoltà di soddisfare i bisogni più cogentemente primari. È guerra mondiale, non solo perché l’uccisione di un solo soldato o di un solo bambino o di un solo civile in quel campo di battaglia, riguarda tutti noi. È morte che ci tocca da vicino, ché nell’umanità degli esseri uguali sono anche quelli tutti figli e sorelle e fratelli e genitori nostri. È guerra mondiale perché colpisce la Terra. E la distrugge in quella sua parte, che ci appartiene perché la geografia politica dei confini non annulla l’indivisibile unità del globo, l’unicità di un pianeta che non ne ha di somiglianti in questo universo. Ogni ordigno che le viene lanciata contro, anche in queste ore, è una ferita profonda a tutta la Terra. Uno sfregio al suo volto perfetto. Se porgessimo il nostro orecchio sentiremmo le sue grida. Sono le stesse delle mamme che piangono sui corpi morti dei figli colpiti. Sono le stesse grida dell’uomo che muore. Salviamo la Terra. Facciamolo subito. Cessiamo tutte le guerre che le abbiamo mosso contro. Ce lo chiedono i nostri figli. Ce lo chiede la Vita.