Il Blanca Cruz era nato come campeggio (1966), secondo Il CdS l’ampliamento di una parte del fabbricato è abusiva

I giudici amministrativi di secondo grado danno ragione ei Ministeri delle Infrastrutture e delle Finanze

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Hanno avuto ragione davanti al Consiglio di Stato il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministero dell’economia e delle finanze che avevano agito in giudizio contro gli eredi del costruttore che diede vita a quella realtà che oggi si chiama Blanca Cruz, nella splendida baia di Caminia di Stalettì. La vicenda è complessa e riguarda una porzione di quel fabbricato.

L’inizio della controversia. Gli eredi di Ponterio contro il provvedimento del Comune di Stalettì del 2019

Con ricorso proposto innanzi al TAR per la Calabria, sede di Catanzaro, Elda Carpanzano, difesa dall’avvocato Giuseppe Sardanelli ha agito per l’annullamento dell’ordinanza n. 30 del 2019, con la quale l’amministrazione comunale di Stalettì ha ingiunto lo sgombero dell’area demaniale sita in località Panaja Caminia a valle del tracciato ferroviario della linea Taranto – Reggio Calabria, catastalmente censita al foglio 13, particella 682, asseritamente abusivamente occupata con la presenza di un manufatto di mq. 237,39 circa.

La Carpanzano ha rappresentato di essere moglie ed erede di Giuseppe Ponterio e di esercitare pubblicamente ab immemore sui fabbricati e sui terreni indicati nel provvedimento impugnato tutte le prerogative dominicali. In particolare, Ponterio, attraverso la Blanca Cruz s.a.s. – costituita in data 8 settembre 1966 e di cui all’epoca era amministratore quale socio accomandatario – ha proceduto alla costruzione di un ampio complesso turistico residenziale, ricadente in parte su demanio marittimo in concessione ed in parte su aree incluse nel demanio ferroviario, circostanti la linea ferroviaria dismessa da decenni.

Secondo la famiglia Ponterio gli immobili oggetto di contestazione erano unità abitative familiari

La ricorrente ha esposto che le unità immobiliari insistenti sui terreni del demanio ferroviario, benché realizzate a nome della Blanca Cruz s.a.s., sono state sin da principio sottratte al perseguimento degli scopi sociali e godute personalmente ed in via esclusiva dallo stesso Giuseppe Ponterio e dai suoi familiari, che le hanno prima utilizzate come propria residenza e, talvolta, nel corso degli anni concesse in godimento a terzi nel periodo estivo, a titolo gratuito o verso corrispettivo. Anche al momento della trasformazione della Blanca Cruz s.a.s. in società a responsabilità limitata e successiva alienazione formale delle quote, tali immobili sono rimasti nella disponibilità esclusiva di Ponterio e concessi in comodato gratuito alla Medinvest s.a.s., di cui la sig.ra Carpanzano è socia accomandataria. Con tali premesse, la ricorrente ha dedotto avverso il provvedimento impugnato la violazione delle garanzie di partecipazione procedimentale, essendo stata omessa la comunicazione di avvio del procedimento, la carenza di motivazione e l’erroneità dei presupposti, venendo in rilievo opere legittimamente edificate.

La sentenza del Tar favorevole agli eredi Ponterio

Il  TAR con sentenza n. 720/2020, pur rilevando la natura demaniale delle aree de quibus, con conseguente applicazione del relativo regime giuridico, ha accolto il ricorso sul rilievo della legittimità delle opere sul piano edilizio ed urbanistico, oltre che paesaggistico ambientale, non avendo né l’amministrazione comunale né la Difesa erariale articolato puntuali deduzioni alla luce della documentazione prodotta dalla ricorrente.

Il ricorso del Ministero contro la sentenza del Tar

Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed il Ministero dell’economia e delle finanze criticano la sentenza, deducendo le erroneità nelle quali sarebbe incorso il Tar, per le ragioni riferite all’assenza di legittimazione dell’immobile, stante la totale difformità del manufatto rispetto a quanto assentito dall’amministrazione comunale e dalle competenti Autorità.

La natura demaniale dell’area oggetto del provvedimento di sgombero, infatti, rende evidente l’interesse delle amministrazioni appellanti a recuperare la disponibilità del bene, alla quale il provvedimento medesimo è preordinato, dovendosi, dunque, riconoscere in capo alle amministrazioni la sussistenza di entrambe le fondamentali condizioni dell’azione.

Erroneamente il giudice di primo grado ha affermato la legittima realizzazione delle opere in quanto, avrebbe dovuto procedere ad un accurato esame del contenuto di tale documentazione al fine di verificare l’idoneità a comprovare la legittimazione dei manufatti con riferimento a tutti i profili implicanti.

Non ci sarebbero stati i titoli edilizi necessari per realizzare il manufatto da 237, 39 mq

Dalla documentazione prodotta dalla ricorrente nel giudizio di primo grado non emerge nessun elemento idoneo a comprovare che il manufatto di circa mq. 237,39 insistente sull’area catastalmente censita con gli identificativi riportati nell’ordinanza di sgombero sia stato realizzato sulla base dei necessari titoli edilizi e previo rilascio delle prescritte autorizzazioni.

È evidente, infatti, l’assenza di corrispondenza tra il nulla osta (n. 24/1973) concesso per la realizzazione di “campeggio e servizi complementari annessi”, con successiva licenza (n. 35/1973) per ampliamento dello stesso e l’immobile di circa mq. 237,39, non constando neppure che i titoli prodotti siano riferiti all’area come identificata attraverso gli estremi catastali riportati nel provvedimento impugnato. A ciò aggiungasi l’insufficienza della produzione parziale dei documenti versati in giudizio, non essendo stati depositati i pertinenti atti nella loro integralità con inclusione di planimetrie e relazioni tecniche.

La decisione del Consiglio di Stato

Scrivono i giudici amministrativi di secondo grado : “Consegue che l’appello va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado va respinto. In considerazione delle peculiarità della fattispecie, come emergenti dalla documentazione in atti, si valutano, nondimeno, sussistenti i presupposti per disporre l’integrale compensazione delle spese del doppio grado di giudizio”.

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