Quelle aziende in sofferenza acquisite dalla malavita ed affidate ad imprenditori catanzaresi che fanno da prestanome
Nella relazione della Dia la descrizione di come le attività usuraie nel capoluogo siano state gestite tramite "teste di legno" della criminalità. E l'allarme del Procuratore Gratteri sui fondi del Pnrr
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Che il Covid avesse messo in ginocchio l’economia delle piccole imprese è stato evidente fin da subito. Attività costrette a chiudere, famiglie sul lastrico. Eppure in periodo di pandemia e post pandemia c’è stato chi, nell’hinterland e catanzarese ed in città ha continuato ad investire, ma soprattutto a rilevare società. Imprenditori, secondo la relazione della Dia, che avevano a disposizione una grande quantità di liquidi che, proprio per il periodo era necessario “far circolare”. Ma quale era la fonte di tanta liquidità? Sempre secondo la relazione della Direzione investigativa antimafia, presentata al Senato con i dati del secondo semestre 2021, i clan “storici” come i Gaglianesi, nonché quella dei Grande Aracri di Cutro e degli Zingari (famiglie Costanzo -DI Bona, Abbruzzese-Bevilacqua, Passalacqua, Berligieri) attivi nelle attività usuraie sono riusciti a rilevare attività economiche in sofferenza per poi “affidarle” ad insospettabili prestanome.
E, se l’allarme già lanciato dal Procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri aveva già riguardato i fondi Covid, ora, sempre più forte il capo della procura del capoluogo lo stesso allarme lo lancia sul pericolo concreto che i fondi del PNRR e le imprese siano nel mirino dell’‘ndrangheta. La ‘ndrangheta è sicuramente interessata ad accaparrarsi i fondi messi a disposizione dell’Europa attraverso il PNRR, mentre potrebbe approfittarsi della crisi economica legata alla pandemia per impadronirsi di piccole e medie aziende utilizzando fiumi di denaro a disposizione delle cosche.