Catanzaro e Covid: due anni di pandemia. Tra difficoltà e voglia di rialzarsi

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    Covid Catanzaro 2020-2022: le conseguenze per scuole e socialità. I contraccolpi psicologici

    Socialità tra i giovani: le conseguenze delle chiusure e delle limitazioni 

    di Daniela Amatruda

    Charlie Barnao, professore sociologia UMG
    Generico marzo 2022

    È la perdita di empatia la principale conseguenza scaturita dal lungo lockdown secondo Charlie Barnao, professore associato di sociologia all’Università Magna Graecia di Catanzaro. Barnao insegna Sociologia della sopravvivenza e della devianza sia nell’Ateneo che nel polo universitario all’interno del carcere di Siano, a 26 detenuti iscritti al corso di laurea. Si tratta di una materia che studia le strategie di sopravvivenza in condizioni di vita estrema e quindi indaga le trasformazioni sociali che scaturiscono nei diversi contesti quali il carcere, la vita di strada, la prostituzione e la guerra. A questi si aggiunge anche una situazione pandemica o post pandemica, come quella che stiamo ancora attraversando. “In letteratura – spiega Barnao – ci sono già studi sulla psicologia dell’emergenza e sulla psicologia dei disastri, però da un punto di vista sociologico è qualcosa di abbastanza nuovo.  Su cosa sia cambiato ed in che modo è stata affrontata la tematica legata alla pandemia possiamo al momento fare riferimento ad una serie di indicatori sul fenomeno nei giovani, che hanno messo in evidenza una serie di problematiche a livello psicologico e relazionale e che sono quelle che già si erano riscontrate in passato in riferimento all’eccesso nell’utilizzo di internet: la mancanza di empatia. La pandemia ha di fatto estremizzato, soprattutto nei giovani, l’uso della tecnologia”.

    La mancanza di empatia, secondo alcune ricerche del prof. Barnao, è diventato un fenomeno mondiale: “Un dato particolarmente interessante – spiega  – è quello fornito da un movimento internazionale che, per combattere gli effetti patologici di questo fenomeno, ha avanzato la proposta di intervenire con la somministrazione, sotto guida medica, di una serie di sostanze cosiddette empatiche, perché uno degli effetti principali da un punto di vista patologico dell’uso eccessivo di internet è quello di un cambiamento della struttura della personalità, fra cui la perdita dell’empatia. Si tratta di sostanze, quali Lsd, acidi e funghi, che vengono utilizzate per la cura dei sintomi post traumatici da stress dei veterani di ritorno dalle missioni di guerra. Interessante notare, visto che si fa spesso il collegamento tra pandemia e guerra, che nella situazione odierna è un collegamento ahimè drammatico ed immediato: non solo abbiamo vissuto la pandemia come una situazione paragonabile a quella di una guerra, ma immediatamente dopo, stiamo vivendo un periodo di guerra vera e propria”.

    Connessi, ma isolati

    Lo stato di emergenza sanitaria ha avuto conseguenze su tutti gli aspetti della nostra vita quotidiana, rivoluzionando le nostre abitudini relazionali soprattutto a causa delle principali misure di contenimento del rischio di contagio del virus: il distanziamento sociale e la sospensione improvvisa della didattica in presenza hanno imposto la riorganizzazione delle forme di insegnamento sia nella scuola che nelle università. Il supporto della tecnologia si è rivelato da un lato essenziale per dare continuità all’insegnamento, ma dall’altro ha messo in evidenza alcune criticità legate al malessere emotivo dovuto alle distanze sociali. Alla dad si aggiungono anche altri supporti tecnologici, quali videogiochi e social network, che hanno scandito le giornate di tanti giovani e giovanissimi nel corso del lungo lockdown in casa.

    La testimonianza di un giovane papà: “La tecnologia ha portato mio figlio ad estraniarsi”

    “Sono il papà di un bambino di 9 anni, gli ultimi due trascorsi nell’era covid – spiega papà Massimo – in cui sono entrati prepotentemente gli strumenti digitali. Se da una parte hanno aiutato a velocizzare alcuni processi burocratici e lavorativi, dall’altra hanno accentuato le distanze tra le persone, ma soprattutto il confronto e quindi la possibilità di crescere e migliorarsi. Nel caso di mio figlio, ad esempio, in quel periodo è aumentata la noia ed è diminuito il senso di appartenenza ad un gruppo, che prima era rappresentato dai compagni di classe o dalla squadra di calcetto. Inoltre, per causa di forza maggiore, si sono aggiunti anche strumenti quali la PlayStation o piattaforme tv come Netflix, Disney e tante altre che lo hanno portato ad estraniarsi. Spesso abbiamo provato ad inventare giochi manuali che lo spingessero ad usare la sua personalità e creatività. Ad oggi mio figlio ha certamente sviluppato una maggiore conoscenza degli strumenti digitali, ma allo stesso tempo lo hanno reso meno voglioso di uscire”.

    “La scuola è diventata un pc ed i compagni delle piccole finestre di dialogo su uno schermo”, aggiunge papà Massimo e mi si è stretto il cuore quando l’ho visto piangere perché desideroso di intervenire durante la lezione in dad, ma impossibilitato a farlo per le ovvie dinamiche che una situazione del genere comporta. È stato difficile dovergli dire: stai fermo, ascolta, non distrarti. Ma come si fa? Si fa, ma con effetti devastanti che ancora oggi cerchiamo di ricostruire, perché il ritorno a singhiozzi in presenza lo ha turbato e, piano piano, oggi sta riprendendo il suo percorso e la sua “normalità”. Tocca a noi, ora, ricostruire le loro vite per farli crescere con valori all’altezza di ciò che meritano”.

    La storia del piccolo Francesco dopo il covid

    “Non vuole più saltare un giorno di scuola” afferma Giuliana, mamma del piccolo Francesco che qualche mese fa ha avuto il covid. “E’ rimasto a casa per due settimane con il covid – racconta – senza poter uscire, ma soprattutto con la paura di poter infettare la sorellina e noi tutti. Si sentiva in colpa per aver preso il virus. Abbiamo cercato di tranquillizzarlo facendogli capire che non vi era alcuna colpa. Appena si è negativizzato è tornato in classe dai suoi compagni con più voglia di prima. Non fa più capricci la mattina ed è felice di andare a scuola”. “Grazie alle maestre – spiega Francesco – sto recuperando le lezioni perse. Ho studiato a casa, ma non era la stessa cosa”.

    Lo psicoterapeuta Notarangelo sui giovani: “Pandemia catastrofica, fondamentale gestire la reazione all’evento”

    di Alessia Burdino

    Generico marzo 2022

    La pandemia ha acuito fragilità che magari in altri periodi avrebbero “retto”. Così dicono gli esperti. Sono frasi e concetti che sentiamo da mesi. Che tuonano nella mente dei genitori alimentando preoccupazioni per bambini e adolescenti finiti, negli ultimi due anni, in un vero e proprio “frullatore”. Per capire di più l’effetto Covid 19 su bambini e adolescenti abbiamo posto alcune domande al medico psichiatra psicoterapeuta Mauro Notarangelo.

    Covid 19, come stanno i bambini e i ragazzi?

    “Il Covid 19 è  una sorte di scure che si è abbattuta sull’umanità. Purtroppo, per come viaggia oggi l’informazione, credo non ci sarà dato mai di conoscere se tale flagello sia stato opera dello stesso uomo o sia stato, per come gli organi ufficiali affermano, un salto di specie occasionale come ne capitano ogni tanto in natura.  In ogni caso, ciò che è veramente cambiato rispetto al passato è la velocità di diffusione delle epidemie per i nuovi mezzi di trasporto che abbiamo a disposizione, i quali accorciano enormemente le distanze e hanno reso l’intero mondo un’unica casa. La qual cosa, purtroppo, continua a non essere presa in considerazione dall’establishment, visto che le politiche di prevenzione rimangono confinate tra le mura dei singoli Stati, miopia che non ci salvaguarderà affatto. Oltre il gran numero di morti causati, l’ondata pandemica lascerà macerie al suo ritiro e a risentirne in maggior misura saranno stati proprio i ragazzi che sono stati deprivati di due anni di socializzazione.

    Che cosa è successo per loro in questi due anni di pandemia?

    “Il numero delle richieste d’intervento per patologie psichiatriche è notevolmente aumentato soprattutto tra gli adolescenti per Stati Ansiosi, Fobici, Attacchi di Panico e per fenomeni depressivi per disadattamento. Naturalmente vi è da considerare la fragile età in cui versano gli adolescenti, con le loro identità ancora liquide e in formazione, bisognose per la loro strutturazione di contatto, condivisione e socializzazione”.

    Pensa che l’utilizzo dei computer e dei cellulari abbia contribuito a mitigare l’assenza di socializzazione in presenza, oppure abbia accentuato la dipendenza da Internet?

    “Certo le tecnologie hanno notevolmente agevolato i contatti e facilitato il prosieguo della scuola. Rispetto alla dipendenza dai cellulari vi è ormai da considerare che gli stessi cellulari non sono da considerarsi più protesi di mani, bensì son diventati essi stessi mani che modellano le identità con il click sul like”.

    Quali ripercussioni avrà secondo lei anche a lungo termine questa situazione?

    “I nati digitali hanno avuto un’accelerazione evolutiva mai vista nel tempo. Tra i nati fine novanta e i duemila non c’è solo una generazione di mezzo, bensì almeno dieci generazioni, come se si fosse assistito a un salto quantico piuttosto che ad una crescita lineare, e questo andrà naturalmente a influire sulle modalità di costruzione della propria identità, con una sempre più crescente difficoltà a distinguere il virtuale dal reale.  In ogni caso, per quanto l’evento pandemico sia stato catastrofico, sarà ancor più importante gestire la reazione all’evento, perché l’evento stesso possa essere rubricato come esperienza di vita dalla quale si è potuto comunque imparare qualcosa; e qui tocco un tasto davvero dolente: la Scuola!”.

    Diritto all’istruzione, diritto alla socializzazione e diritto alla salute: sono stati questi i tre grandi temi che hanno segnato gli ultimi due anni scolastici dei bambini e dei ragazzi. E’ possibile, davvero, stabilire una scala di priorità?

    “Premesso che vi sono dei Soli Insegnanti davvero grandiosi, luminosi, caldi, empatici, che ahimè sono lasciati completamente a loro stessi nel ruolo d’Insegnanti soli, affermo con convinzione che il Sistema Scuola, così come è concepito, è lontano anni luce dal mondo dei ragazzi di oggi.  Oggi la Scuola, nell’era di Google, Youtube, dei Poadcast, dei Tic Toc è diventata una sorta di non luogo, dove si predilige l’Informazione alla Relazione. Purtroppo la Scuola Informa ma non Forma, e continua a focalizzarsi sulla prestazione non soffermandosi e approfondendo i nuovi linguaggi attraverso i quali i nati digitali esprimono i propri disagi.  Gl’insegnanti si soffermano sul QI  (Quoziente Intellettivo) e poche volte sul QE (Quoziente Emotivo). Perché continua a non misurarsi con il Social Emotional Learning quel processo attraverso il quale s’impara a riconoscere e gestire le emozioni, prendersi cura degli altri, prendere buone decisioni, agire in modo etico e responsabile. Piuttosto che etichettarlo come vagabondo e/o fannullone, ci si deve interrogare perché un ragazzo non va volentieri a scuola. Non è per nulla sufficiente trasmettere solo contenuti, occorrerà trasmettere processi e metodi e soprattutto passione e curiosità, e come si fa a far questo se non si entra nel cuore del ragazzo. La scuola è troppo importante e svolge un ruolo principe nella formazione delle nuove generazioni. Occorre che si metta al passo con i tempi. Occorre una riforma seria della scuola perché le nuove generazioni possano avere la loro opportunità di futuro. La scuola è il cuore di un paese e questo cuore è malato da tempo, basti solo pensare al termine “scolastico”, preparazione scolastica, quasi a significare il nulla cosmico e a voler fuggire una preparazione di tal guisa per lasciare all’individuo la scelta di formarsi fuori da quel luogo ormai non luogo. Non dimentichiamo che il luogo è la casa dell’anima e questa nostra Scuola ha perso la sua. Non so dove ci porterà questa pandemia e che effetti avrà. Tutti auspicano un ritorno alla tanto agognata normalità, poi, mi soffermo un attimo a pensare alla vita prima della pandemia e mi sovviene una domanda: ma era davvero quella la normalità? Non potremmo imparare qualcosa da questo Virus così cangiante e mutevole. Se volessimo dare un significato alla fatalità, ci avrà, questo virus, voluto dire qualcosa o no, almeno per ciò che concerne il concetto di normalità.  Tutto quel rincorrere prestazioni, quella frenesia che ci faceva scambiare il mezzo con il fine, quella bramosia della meta a tutti i costi a discapito della gioia e del gusto del viaggio. Cogliamo i segnali della natura, abitiamoci di più e condividiamoci. Se l’intelligenza si misura dai mutamenti, c’è da affermare che  questo virus è molto più intelligente di noi. Sapremo mutare o ci stordiremo nuovamente con la frenesia di raggiungere a tutti i costi la presunta libertà individuale che ci renderà ancora una volta schiavi. Sapremo incarnare la vera libertà dell’accettazione dell’Interdipendenza di ogni individuo? Sapremo stare insieme e condividere? Sapremo coltivare Umanità? Giusto per ricordarci che “Si corre una vita per star fermi un’eternità”.

    Che consiglio si sente di dare per accompagnare i loro figli in questa fase di ritorno alla normalità?

    “Di non fuggire la paura ma di accoglierla, di parlare di sentimenti e di emozioni con i propri figli, di non rifuggire gli abbracci, di far capire l’importanza della parola, di credere nella scienza medica che non è matematica, di comprendere in primis che i figli non appartengono ai genitori, e di accompagnarli nella ricerca della loro autenticità. Gradirei concludere con una frase della poetessa Alda Merini: “La normalità è una invenzione di chi è privo di fantasia”.

    La scuola catanzarese e la “resistenza” al Covid

    di Maurizio Ceravolo

    In due anni di pandemia, sono mutati tanti equilibri e diverse istituzioni hanno dovuto rimodulare il proprio essere. Una di queste, è stata sicuramente la scuola, la quale ha dovuto affrontare le difficoltà che si sono, man mano, presentate nel corso degli anni. Di certo, i problemi principali hanno riguardato l’impiego della didattica a distanza, l’interpretazione della normativa anti-Covid e, non per ultimo, la mancanza di socializzazione per quanto concerne gli alunni. Per approfondire quest’ultime tematiche, abbiamo raccolto le opinioni di alcuni dirigenti scolastici degli istituti cittadini.

    Elena De Filippis – Liceo Classico “P.Galluppi”

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    In questi due anni di pandemia, la scuola, soprattutto all’inizio, è stata costretta ad adottare lo strumento della didattica a distanza. Quali sono state le maggiori difficoltà riscontrate dai docenti?

    “Non è stato solo all’inizio, perché dal 6 Marzo 2020 c’è stato un perpetuarsi di questa pratica a causa delle ordinanze della Regione Calabria, la quale ha dato la possibilità ai genitori di scegliere se volessero far frequentare o meno la scuola in presenza ai propri figli e la maggior parte di loro ha scelto di permanere in didattica a distanza. I danni di questa pratica sono stati enormi e le difficoltà iniziali dei docenti, specie di quelli legati ad una storia diversa della relazione didattica, ci sono state ma sono state brillantemente superate. In pieno lockdown, i docenti si collegavano direttamente dalla scuola con l’aiuto di tecnici ed esperti e, quindi, si può dire che da questo punto di vista problemi non ce ne sono stati.”

    Per quanto concerne la normativa anti-Covid, in che misura ha aiutato la scuola ad affrontare ed evitare il contagio? Secondo lei, la scuola, dal punto di vista della sicurezza, si è dimostrata all’altezza di quanto richiesto dal ministero?

    “Il Liceo classico è stato sicuramente all’altezza. Di questa sezione mi sono occupata io in prima persona, con l’ausilio di un docente referente, dapprima la professoressa Masi e poi il professore Raione. Abbiamo applicato alla lettera la normativa, alle volte interpretandola in favore delle esigenze che la popolazione studentesca ed i docenti palesavano. Non è stato certamente semplice, per via del fatto che la normativa non è stata univoca ma, man mano che la pandemia procedeva, anche le norme mutavano. La responsabilità da parte nostra è molto grande. In questa scuola c’è un’aula Covid, in cui, ogni volta che c’è un ragazzo che non sta bene, mi reco per valutare le sue condizioni. Per tale motivo, ci sottoponiamo periodicamente a tamponi, i quali dapprima sono stati gestiti dall’Asp, poi da noi stessi, amministrati e pagati per accertare la nostra negatività. La macchina, quindi, ha funzionato e sta funzionando. Per di più perché, nonostante i numeri della pandemia siano in netto calo e la maggior parte degli alunni sia vaccinata con almeno due dosi, la scuola, in questo momento, ha un buon numero di positivi tra gli alunni ma anche tra i docenti.”

    Quanto ha influito sulla crescita formativa e psicologica degli alunni la mancanza di socializzazione?

    “Sicuramente la didattica a distanza ha inibito ogni forma di socializzazione con il gruppo classe. Sono convinta che l’educazione, per dirla con Don Milani, non sia solo realizzata dal confronto con il docente ma sia il prodotto di una sinergia reale con un gruppo. I ragazzi, a distanza di due anni, non sanno più stare insieme, se non in modo anomico, ovvero in luoghi dove non vi sono regole né scritte né etiche dello stare insieme. Si sono verificati casi di ragazzi che hanno mostrato estrema asocialità, alcuni chiusi in sé stessi, altri aggressivi tra loro ma anche verso chiunque tentasse di riportarli alla norma. Se da un lato si è verificato il problema della socializzazione, dall’altro c’è, sicuramente, quello cognitivo. Abbiamo notato diverse difficoltà da parte dei ragazzi, soprattutto per quanto concerne le materie ad indirizzo, il latino ed il greco. L’atto di tradurre richiede una metodica della quale non si sono potuti appropriare. Stesso discorso vale per le discipline laboratoriali, come la matematica, la fisica e le scienze che non hanno fruito di nessuna delle strutture su cui la scuola ha investito. Il bilancio, quindi, non può che essere negativo ma, attraverso le iniziative che abbiamo proposto da settembre, stiamo provando a colmare queste lacune.”

    Raul Elia – I.C. “Pascoli-Aldisio”

    Generico marzo 2022

    In questi due anni di pandemia, la scuola, soprattutto all’inizio, è stata costretta ad adottare lo strumento della didattica a distanza. Quali sono state le maggiori difficoltà riscontrate dai docenti?

    “Il passaggio è stato repentino, da un giorno all’altro ci siano trovati costretti a passare dalla didattica in presenza alla didattica a distanza. Nella scuola secondaria di primo grado, all’inizio, c’è stato un problema di adattamento generale, soprattutto perché questa nuova tecnologia non era molto diffusa. Nella primaria, invece, è stato più semplice perché i docenti erano già soliti utilizzarla. Sicuramente, per via della scelta variegata delle piattaforme (questa scuola utilizza G-Suite) le maggiori difficoltà sono state a livello metodologico.”

    Per quanto concerne la normativa anti-Covid, in che misura ha aiutato la scuola ad affrontare ed evitare il contagio? Secondo lei, la scuola, dal punto di vista della sicurezza, si è dimostrata all’altezza di quanto richiesto dal ministero?

    “Credo che abbia assolutamente funzionato perché, a parte i due mesi di lockdown completo, la scuola è sempre stata aperta. Questa istituzione è stata chiusa per altre motivazioni, per esempio gli atti di vandalismo che si sono verificati da inizio anno, ma mai per Covid. Abbiamo avuto qualche classe in quarantena, così come qualche ragazzo positivo ma non è mai stata una situazione grandemente drammatica. La normativa è stata certamente rispettata ma su alcuni aspetti abbiamo dovuto lavorare noi in prima persona, rimodulando la didattica. Ad esempio, il semplice controllo dei quaderni, tipico delle scuole elementari, non è stato più possibile farlo e le maestre hanno dovuto pensare a delle strategie alternative. Bisogna, certamente, fare un plauso a tutto il personale, perché ci ha messo tanto impegno e sacrificio.”

    Quanto ha influito sulla crescita formativa e psicologica degli alunni la mancanza di socializzazione?

    “Questo è un problema più grande, del quale potremo avere contezza soltanto tra qualche anno, cioè quando questa generazione avrà raggiunto un’età tale da poter bilanciare pro e contro. Sicuramente il disagio c’è stato ed ha causato parecchie problematiche, sia d’isolamento, sia di perdita di capacità di relazione con i pari. Con il ritorno a scuola a settembre, abbiamo dovuto affrontare anche qualche caso particolare, cercando di mettere in campo, in una situazione di emergenza, delle nuove strategie.”

    Angelo Gagliardi – IIS “De Nobili”

    Generico marzo 2022

    In questi due anni di pandemia, la scuola, soprattutto all’inizio, è stata costretta ad adottare lo strumento della didattica a distanza. Quali sono state le maggiori difficoltà riscontrate dai docenti?

    “Gran parte dei docenti, pur essendosi formati negli anni passati, avevano di rado sperimentato l’uso delle tecnologie per svolgere attività senza la presenza fisica degli alunni nelle aule. Questa novità, diventata in breve tempo necessità durante i mesi della pandemia, ha fatto in modo che l’azione degli insegnanti si sia dovuta svolgere in una situazione completamente nuova, complessa, di grande incertezza e densa di criticità. Credo che le maggiori difficoltà siano state legate, soprattutto nei primi mesi della pandemia, da un lato alle carenze infrastrutturali degli edifici scolastici e alla ridotta disponibilità di strumenti tecnologici da parte di alcune famiglie e dall’altro alla mancanza di una rigorosa organizzazione della didattica e della valutazione e, in alcuni casi, a una nuova condivisione della definizione degli obiettivi delle singole classi.
    In generale credo che lo sviluppo delle nuove competenze digitali dei docenti, nonostante tutto, abbiano consentito di garantire, con tutti i limiti e le problematicità connesse, il diritto all’istruzione, fondamentale per il presente e il futuro del nostro paese.”

    Per quanto concerne la normativa anti-Covid, in che misura ha aiutato la scuola ad affrontare ed evitare il contagio? Secondo lei, la scuola, dal punto di vista della sicurezza, si è dimostrata all’altezza di quanto richiesto dal ministero?

    “In questi due ultimi anni si sono susseguiti diversi protocolli ministeriali che hanno inciso profondamente sui comportamenti di tutti gli attori della comunità scolastica. Le scuole hanno lavorato incessantemente sulla riorganizzazione e ottimizzazione dei locali scolastici, hanno introdotto delle figure di riferimento, i cosiddetti “referenti Covid”, che si sono adoperati nella gestione dell’emergenza, sono stati adottati e condivisi con gli alunni e le famiglie dei regolamenti con lo scopo principale di ridurre il rischio biologico all’interno dei locali scolastici. I finanziamenti ad hoc destinati dal governo hanno inoltre consentito l’ampia disponibilità di disinfettanti e gel igienizzanti, di mascherine chirurgiche e di FFP2 da utilizzare per gli alunni e docenti in autosorveglianza. La scuola ha superato le tante difficoltà, grazie al comportamento responsabile e scrupoloso degli alunni e delle loro famiglie, dei docenti e di tutto il personale ATA.”

    Quanto ha influito sulla crescita formativa e psicologica degli alunni la mancanza di socializzazione?

    “Da quando la pandemia è scoppiata, in tutta Italia e in tutto il mondo sono cambiate moltissime cose. I ragazzi, essendo stati in quarantena per diverso tempo, adesso hanno difficoltà a socializzare con altri loro coetanei. Studi scientifici hanno mostrato come la pandemia da Covid-19 possa danneggiare l’intelligenza emotiva e sociale dei bambini, evidenziando alcune caratteristiche che prima del lockdown non erano presenti, come maggiore ansia e stress dovuti a una ridotta capacità di interazione sociale.

    Finalmente nell’ultimo anno stiamo riuscendo a svolgere le lezioni in presenza e la didattica digitale integrata è limitata ai casi di positività o di quarantena.

    Nonostante si stia cercando di tornare alla normalità, è evidente che la mancanza di socializzazione abbia inciso sulla crescita formativa e psicologica di tanti alunni che si sono trovati di fronte a delle situazioni inimmaginabili e difficoltà di ogni genere, aggravate da contesti familiari, sociali ed economici in alcuni casi precari. Gli istituti scolastici hanno attivato, grazie anche ad una convenzione tra il MIUR e l’Ordine degli Psicologi, gli sportelli di ascolto psicologico, che hanno rappresentato un valido sostegno per gli alunni e le loro famiglie. In quest’ultimo anno la scuola sta cercando di riprendersi gli spazi che la pandemia le aveva tolto, promuovendo attività che favoriscano la socializzazione, anche all’aperto, come i giochi sportivi studenteschi, laboratori teatrali, rassegne culturali e laboratori didattici anche finanziati dai fondi strutturali europei. La speranza è quella di recuperare o ridurre la fragilità emotiva anche se la consapevolezza diffusa è che gli effetti della pandemia tra gli adolescenti si protrarranno ancora per lungo tempo.”

    Covid Catanzaro 2020-2022: economia e pandemia

    Covid, imprese, commercio: la “resistenza” al virus e la mazzata del caro bollette

    di Antonia Opipari

    Il 4 marzo di due anni fa a Catanzaro si registrava il primo caso di Covid-19. Da lì a pochi giorni dopo l’Italia e il mondo si sono trovati ad affrontare qualcosa di assolutamente impensato: una pandemia che ha mietuto milioni di vittime ovunque e ha seminato ansia e paura. Ancora oggi, pensare a un “ritorno alla normalità” sembra un sogno. Eppure. Forse non tutto è andato proprio bene ma, a distanza di circa settecentotrenta giorni vissuto in un limbo, tra vaccini e cure, comincia a intravedersi la luce fuori dal tunnel. 

    Resta il fatto che sono stati 24 mesi difficilissimi, che hanno avuto ripercussioni economiche serie. Ecco perché abbiamo chiesto ai presidenti di Confcommercio (Pietro Falbo), Confindustria (Daniele Rossi) e Confesercenti (Vitaliano Mongiardo) Catanzaro, di riassumerci come sono stati questi due anni di pandemia dal punto di vista finanziario.

    Pietro Falbo

    Pietro Falbo, Confcommercio: «A distanza di poco tempo da quella triste data abbiamo assistito al tramutarsi della pandemia in una vera e propria emergenza economica, con attività che sono state costrette a subire lunghi periodi di chiusure forzate e restrizioni, lasciando nell’incertezza, oltre alle imprese, anche i lavoratori e le loro famiglie.

    L’emergenza Covid si è, infatti, abbattuta in maniera drammatica sul nostro sistema di imprese colpendo, in particolare, le filiere del turismo, della ristorazione, ma anche il commercio al dettaglio, soprattutto abbigliamento, con crolli verticali di fatturato e la chiusura definitiva di tantissime imprese.

    Secondo l’Ufficio Studi di Confcommercio nel 2020 sono andati persi 160 miliardi di euro di Pil e quasi 130 miliardi di consumi. Molteplici i fattori che hanno concorso a determinare questa situazione: riduzione del reddito disponibile, aumento del risparmio precauzionale per la crescente incertezza economica e forte riduzione delle possibilità di acquisto dovuta ai lockdown e alle restrizioni alle attività economiche.

    Le misure di sussidio alle aziende messe in campo dal Governo, per quanto apprezzabili, si sono rivelate insufficienti a contrastare efficacemente l’emergenza economica, con la conseguenza che centinaia di esercizi commerciali del settore terziario siano a rischio chiusura o, addirittura, abbiano già spento le loro insegne.

    Nello sgomento generale, causato dalla pandemia, Confcommercio Calabria Centrale si è, inoltre, fatta promotrice e coordinatrice delle dinamiche di aiuti alle famiglie meno abbienti dei nostri territori in collaborazione con Caritas, Croce Rossa e molti esercenti della grande e piccola distribuzione. Questo si è rivelato un passaggio fondamentale per sostenere coloro che hanno visto inasprirsi improvvisamente situazioni di disagio già conclamate o che si sono ritrovati ad affrontare difficoltà economiche e sociali imprevedibili fino a quel momento».

    Daniele Rossi

    Daniele Rossi, Camera di Commercio: «Sono stati due anni lunghi, complessi e per nulla facili da affrontare. Sia a livello personale, dico, sia se guardiamo al contesto delle imprese e quindi al mio ruolo istituzionale. La pandemia è stata e continua ad essere un freno alla crescita contingente ma anche alla fiducia nel futuro che invece gli imprenditori devono necessariamente avere per essere così indotti a investire e quindi a rischiare.

    La propensione al rischio d’impresa, di capitali, di risorse umane dipende sempre dalle condizioni del contesto sociale, economico e culturale in cui si opera: se queste condizioni sono incerte tanto nel presente, quanto nel futuro, non biasimo gli imprenditori che sono diffidenti. 

    In più, la contrazione dei consumi determinata dalle necessarie decisioni sul lockdown ha generato calo netto delle vendite e quindi enorme mancanza di liquidità nelle imprese, molte delle quali, in Calabria, non erano e non sono strutturate per affrontare lunghi periodi di difficoltà di cassa. Ecco perché sin dall’inizio della pandemia ho chiesto che il Governo fosse attento a questo tipo di esigenza. D’altronde, per quel poco che potevamo fare con le nostre risorse, la Camera di Commercio di Catanzaro si è mossa proprio in questa direzione, cercando per quanto possibile di sostenere le imprese con iniezioni mirate di liquidità e non solo con le garanzie su linee di credito che rappresentavano ulteriore indebitamento per le imprese». 

    vitaliano mongiardo

    Vitaliano Mongiardo, Confesercenti: «Rivivo avvolgendo il nastro, a due anni dall’inizio della crisi sanitaria poi trasformata anche in crisi economia noi abbiamo vissuto momenti particolari, siamo stati parte in causa con le nostre aziende dirette e dei nostri associati, un continuo ascolto delle istanze delle imprese e il tentativo di confronto con le istituzioni per trovare soluzioni veloci e indolore.

    Tante imprese messe in ginocchio ma tante scoperte, il cuore oltre l’ostacolo per non perdere la speranza di una ripresa e nuovo futuro migliore. Siamo dovuti scendere a compromessi per riaprire le serrande delle attività ma il nostro unico scopo era poter creare fatturati utili a mantenere il flusso economico che serviva per tappare i buchi».

    Cosa è cambiato nel sentire comune dei commercianti, degli imprenditori, degli esercenti?

    Pietro Falbo: «Le ondate pandemiche si sono allentate solo per brevi periodi, soprattutto quelli estivi, nei quali si è assistito a momenti di apparente ripresa, smorzati di volta in volta, nel periodo autunnale, dal ritorno allo stato di emergenza e da conseguenti restrizioni che hanno messo progressivamente in ginocchio le nostre attività. A ciò vanno aggiunti il continuo alternarsi e la scarsa chiarezza delle disposizioni messe in atto a contrastare l’epidemia (dalle limitazioni del GreenPass alle disposizioni in materia di distanziamento sociale) che hanno contribuito a generare ulteriore incertezza.

    Tutto questo ha generato inevitabilmente un sentimento di frustrazione e depressione delle attività commerciali che ora hanno la necessità di un ritorno, si spera imminente, ad un clima di normalità e di fiducia».

    Daniele Rossi: «Come dicevo, la difficoltà nell’intravedere un miglioramento nel medio e nel lungo periodo ha certamente influito sulla propensione delle imprese a investire e sulla disponibilità delle banche a prestare denaro. Una circostanza naturale se si pensa che tutti i processi economici sono comunque frutto dell’uomo e quindi di ciò che lo influenza. Ricostruire il clima di fiducia dei consumatori e delle imprese è allora il passo necessario perché si possa parlare di ripartenza. Non a caso parlo sia di imprese che di consumatori: il sistema economico è circolare e ogni attore è interdipendente dall’altro. Dai consumi dipendono le vendite, dalle vendite dipendono gli stipendi, dagli stipendi dipende la capacità di un individuo di consumare. Se non teniamo a mente questo ciclo, non potremo mai costruire delle politiche economiche che abbiano un impatto sulla vita reale».

    Vitaliano Mongiardo: «In poco tempo tutto quello che si stava costruendo di buono negl’ultimi 8 mesi anche in pandemia sono stati cancellati con l’arrivo del caro energia, infatti nello scorso mese come Confesercenti Catanzaro siamo scesi in trincea per allertare quello che stavo succedendo anticipando l’argomento che oggi la fa da padrone dell’economia nazionale, noi abbiamo anticipato il tutto, era evidente cosa poteva succedere, la politica arriva in ritardo e gli accorgimenti legislativi stentano ancora ad arrivare, il caro energia ci sta mettendo più paura della pandemia che stiamo portando alla porta. Tutte le imprese ormai si erano tarate con le restrizioni e si stava creando il presupposto per la scalata e ritornare in pista più forti di prima. Ora l’incertezza finanziari e guerra scoppiata ci mette a dura prova per l’ennesima volta».

    Quali le prospettive?

    Pietro Falbo: «Dopo più di due anni in cui le nostre vite, le nostre attività, le nostre abitudini sono state profondamente mutate dalla pandemia da Covid19, finalmente torna a serpeggiare la speranza, sostanziata nella data del 31 marzo 2022, data fissata ufficialmente dal Governo della fine dello stato di emergenza.

    Si apre adesso una nuova e fondamentale fase, che ci accompagnerà ancora per tanto tempo, nella quale sarà necessario individuare e intraprendere il giusto percorso di ripresa economica, approfittando di quelle

    misure, prima fra tutte il PNRR, che possono rappresentare uno spiraglio verso la tanto agognata ripartenza.

    In questo solco si inserisce la neo costituita Fondazione Ventiventuno di Confcommercio, che nasce proprio con l’obiettivo di supportare le amministrazioni locali in tutte le fasi progettuali per la definizione e

    l’impiego dei fondi del PNRR. Uno strumento che si spera possa costituire un ponte tra istituzioni e imprese e che possa catalizzare e semplificare l’impiego dei fondi messi a disposizione dalle varie misure di finanziamento.

    Rimane, ovviamente, la grande preoccupazione legata agli ultimi risvolti del conflitto tra Russia e Ucraina, che ha reso ancora più drammatica la questione del caro-energia, problematica che ha travolto l’intero tessuto economico ed imprenditoriale e per la quale abbiamo richiesto, attraverso i nostri sistemi nazionali, interventi governativi importanti, al fine di arginare gli effetti negativi che questi aggravi di spesa hanno su cittadini e imprese».

    Daniele Rossi: «Gli aumenti dei costi per energia, gas e materie prime e l’attuale gravissima situazione internazionale non lasciano ben sperare per l’immediato futuro. Ma la storia c’insegna che dopo un periodo di crisi lungo com’è questo che stiamo vivendo, si aprono nuove opportunità di progresso, ci sono nuove idee che nascono e che trovano terreno fertile per crescere e svilupparsi. Ecco, direi quindi che dobbiamo essere capaci di amministrare nel migliore dei modi l’emergenza di questa fase così complessa, cercando di non perdere di vista l’esigenza di mettere in piedi le basi perché il progresso innovativo e sostenibile a cui dobbiamo guardare possa trovare occasione di realizzarsi».

    Vitaliano Mongiardo: «Le prospettive future non sono delle migliori, se da una crisi pandemia/sanitaria abbiamo visto ci sia via d’uscita da una crisi finanziari a 360 gradi come quella che sta iniziando la vediamo dura in quanto lo tsunami che sta arrivando investirà tutti nessuno risparmiato, dal pensionato alla grande industria. Il potere d’acquista sarà ridotto notevolmente e l’economia si ferma, i soldi non gireranno senza perdere di vista che anche il pubblico/statale sarà coinvolto, tanti comuni andranno in dissesto finanziario, aumento prezzi, aumenti materia prima, aumento tasse e incertezza nel futuro, ecco tutto questo fa molta paura. Speriamo che le nostre richieste come riduzione IVA al 4% anche per i consumatori e credito d’imposta sulle aziende entreranno subito nel circuito altrimenti si andrà in difficoltà nel brevissimo tempo».

    La resilienza delle associazioni sportive: si sopravvive nella speranza della ripresa

    di Maria Teresa Rotundo

    Generico marzo 2022

    Se c’è una parola che si addice a chi nella città di Catanzaro, in questi due anni di pandemia, si è trovato a dover gestire un’associazione sportiva, è sicuramente la parola “resilienza”. “Piegarsi senza rompersi”, non è certo semplice, ma in città alcune realtà sportive sono riuscite a stringere i denti, per non abbassare la saracinesca, nonostante le gravi conseguenze che le ripetute chiusure di questo biennio hanno causato. Il virus oggi è meno aggressivo e i casi sembrano diminuire, ma Marcello Sabatino dell’ASD “Vitruvia” non può certo tirare un sospiro di sollievo, nel caso della sua associazione sportiva si parla di sopravvivenza, forza e determinazione, di voglia di andare avanti nonostante tutto, il come e il perché trapelano proprio in quest’intervista in cui il Presidente ripercorre le tappe più difficili della pandemia, le riaperture e la speranza di una definitiva rinascita.

    Generico marzo 2022

    Sabatino, come ricorda i giorni a ridosso del primo lockdown?

    La prima chiusura è stata traumatica per tutto il settore sportivo, ci siamo trovati a dover rinunciare a tutto, annullare gli impegni, fermare tutte le nostre attività. Era giusto che in quella prima fase, in cui non si sapeva bene come agire, tutti dovessimo rinunciare a qualcosa, le chiusure erano giustificate ma non ci aspettavamo tutto il seguito.

    Chiusi da marzo a maggio, gli aiuti ricevuti dallo Stato, sono stati in grado di rimpiazzare le perdite?

    Abbiamo ricevuto il rimborso del canone di due mesi di locazione con circa sei mesi di ritardo, ai nostri collaboratori sono arrivati dei rimborsi di quattro/cinquecento euro, certamente le perdite sono state maggiori. Il gestore dell’impianto è stato molto penalizzato perché la perdita dei clienti è stata notevole e gli aiuti ricevuti non hanno coperto tutte le spese. Abbiamo avuto seri problemi soprattutto perché in una città come la nostra riaprire a maggio vuol dire lavorare a basso ritmo, perché nei mesi estivi sono poche le persone che frequentano le palestre.

    La prima riapertura è stata dura ma dopo l’estate 2020 con quale spirito la sua associazione ha riaccolto i clienti?

    Dopo le vacanze estive siamo ripartiti con tanti buoni propositi e la voglia di poter ritrovare la nostra normalità. Abbiamo investito in dispositivi di sicurezza e sono state tante le limitazioni che hanno riguardato gli accessi ai locali, poi la chiusura di ottobre 2020 ci ha dato il colpo di grazia, abbiamo capito che la situazione sarebbe diventata ancora più complicata e così è stato.

    Tante palestre a causa della seconda ondata sono state costrette a chiudere definitivamente, come è riuscita a sopravvivere la sua?

    Abbiamo inaugurato la nostra attività con tante aspettative proprio nel mese di novembre 2019, l’investimento è stato importante e non potevamo abbandonare un sogno, così ho fatto dei prestiti personali pur di non chiudere. Molti non ce l’hanno fatta, noi con non pochi sacrifici stiamo tenendo duro ma non è semplice perché i clienti sono diminuiti e abbiamo comunque delle spese fisse da affrontare, siamo riusciti a rateizzare la bolletta della luce, abbiamo rinunciato alla ditta delle pulizie e siamo noi associati ad occuparci della pulizia dei locali, gestiamo l’apertura giornaliera 9.00-23.00 cercando di tagliare spese dove è possibile.

    Cosa è cambiato nelle abitudini dei clienti in questi due anni?

    Da marzo 2020 ci siamo attivati per mantenere i contatti con tutti i nostri associati, per dargli la possibilità di fare attività anche a distanza, attraverso facebook, youtube, whatsapp, insomma, abbiamo cercato di mantenere il nostro ritmo allenante. Ora abbiamo notato che si è creata un’apatia globale. Non tutti i clienti sono rientrati in palestra, li abbiamo contatti tutti per cercare di capire il perché: alcuni hanno imparato ad allenarsi soli, altri hanno scoperto nuove passioni. Poche settimane fa abbiamo provato a proporre anche un abbonamento senza limitazioni di ingresso e orario a venti euro al mese, meno di un euro al giorno, divulgando la promozione capillarmente, ma la risposta è stata minima.

    La situazione non è rosea, cosa spinge allora la sua associazione a non mollare, qual è la speranza?

    Siamo proiettati all’arrivo della primavera, speriamo che da questo mese di marzo si possa ripartire definitivamente, questi due/tre mesi prima dell’estate saranno fondamentali per noi. Se non ci saranno riscontri positivi in questi mesi allora saremo davvero in serie difficoltà. La speranza è quella comune a tutti coloro che amano lo sport e ne hanno fatto il proprio mestiere, nelle palestre a prescindere dagli iscritti si continua ad investire in sicurezza e corsi di aggiornamento. E’ vero chi sopravviverà ora raccoglierà i frutti ma bisogna sopravvivere e senza un’imminente inversione di marcia sarà difficile colmare ulteriori perdite.

    Resistere al Covid ripartendo a “passo di danza”

    di Elisa Giovene

    Un periodo storico che difficilmente potrà essere dimenticato. L’emergenza Coronavirus ha, infatti, profondamente segnato ogni tipo di vita sociale e attività, in questa sconcertante realtà anche l’arte ha pagato un duro prezzo. Due anni che hanno rappresentato una crisi determinante per tutte le forme artistiche, fra queste, anche la danza ha vissuto la drammaticità dell’emergenza. Le scuole di danza sono una realtà che si fonda sull’esperienza di professionisti, sulla coesione dei partecipanti e sull’iter di quelle discipline che non dovrebbe essere interrotto. Anche nel nostro capoluogo le diverse scuole di danza hanno sofferto le restrizioni dovute alla pandemia, quanto sia costato dover “resistere” in questo frangente è immaginabile, tuttavia per avere un quadro più chiaro di quanto possa aver rappresentato un periodo così sconvolgente si è voluto idealmente andare in una scuola di danza della città. Ed è Francesco Piro, direttore e maestro del “Centro Danza Maison D’art” di Catanzaro, che ci ha reso partecipi di una situazione vissuta con apprensione, ma con la determinazione e la volontà di portare avanti un importante progetto. Si ricorderà brevemente che la scuola nasce nel 2001, incentrando le proprie discipline sulla danza classica e contemporanea a livello professionale, svolgendo le proprie attività su territorio nazionale ed internazionale. Un’attività artistica oramai ventennale. Con alcune brevi domande, rivolte al maestro, si è voluto evidenziare i passi salienti di una sfida cruciale.

    Generico marzo 2022

    Non sarà facile riassumere due anni di “resistenza”, perché, purtroppo, è proprio di questo che si parlerà, vogliamo provare a farlo?

    Si, purtroppo “resistere” non è stato sicuramente facile. Da marzo del 2020 siamo stati in totale lockdwon, riaprendo poi nel settembre del 2021, successivamente con altre chiusure e aperture. La chiusura ha comportato il non poter usufruire di alcun contributo mensile, se si può dire di avercela fatta è anche grazie ai genitori dei miei allievi che hanno continuato a contribuire “economicamente” con le lezioni che venivano realizzate online. Tuttavia la forza non poteva venire meno poiché le spese si accumulavano, ma dovevano essere ugualmente assolte.

    Che cosa le è pesato di più durante questa emergenza sanitaria?

    Beh, certamente non poter svolgere ciò che ho svolto dall’età di nove anni. Mi è molto mancato non poter essere in una sala di danza con i miei allievi, per costruire un futuro alternativo a quello attuale.

    Dunque, per ovvi motivi, sono state annullate tutte le lezioni, cosa ha comportato questo per la scuola e per gli insegnanti che operavano al suo interno?

    C’è stato uno sconvolgimento totale, perché la chiusura ha purtroppo generato questo. Anche per gli insegnanti, che erano due, è stata dura poiché hanno dismesso la propria attività. Attualmente, uno è stato reinserito, diversamente per l’altra insegnante, per vari problemi che comprendevano anche suoi spostamenti giornalieri, pertanto ho ricercato un’altra figura. Ma lo sconvolgimento ha riguardato soprattutto gli alunni che hanno perso due anni di scuola non potendo materialmente recarsi in sede, cosa che a loro è molto mancata. Inoltre, nella riapertura ho dovuto cambiare l’azienda da cui mi rifornivo per il materiale occorrente, nel frattempo era purtroppo fallita. Anche questo fa parte di quel capovolgimento che si è costretti ad accettare.

    Generico marzo 2022

    Durante la chiusura della scuola, come si è detto, gli oneri dovevano essere ugualmente assolti, come ha potuto mantenere “in vita” la sede? Ha usufruito di alcuni ristori?

    Come ho prima accennato, si è potuto andare avanti grazie alle quote versate dai genitori, poi qualcosa si è ricevuto con i sostegni del governo Conte, successivamente con Draghi e con la Regione Calabria. Tuttavia è stato ugualmente faticoso, i fondi per il nostro settore non sono stati mai bastevoli, intanto, avevo le spese ed un mutuo da pagare poiché la struttura è di mia proprietà.

    Questa lunga chiusura ha causato la perdita di allievi?

    Abbiamo riaperto a settembre del 2021 e per fortuna devo dire che gli allievi, che vanno dai 5 anni sino ai 21, sono rimasti fedeli, quindi non c’è stata alcuna “perdita”, anzi devo dire che ho visto dei nuovi iscritti. Se c’è stata una mancanza è stata riferita esclusivamente all’andamento del Covid e, come per tutte le altre scuole, le assenze sono state riferite alla malattia o per le regole dei “Green pass” che sono variate.

    Avete dovuto rinunciare a spettacoli che erano stati programmati?

    Devo dire che, probabilmente, sono stato l’unico a realizzare uno spettacolo in quel periodo. Era una mia idea e ciò è accaduto il 2 luglio del 2021 al Comunale, uno spettacolo con brani calabresi dove hanno partecipato venticinque allievi adulti del mio corpo di ballo. Ho voluto realizzare un omaggio alla nostra Calabria.

    Diceva prima delle lezioni sui canali virtuali, come si è regolato in tal verso.

    L’unica chance da poter offrire con la scuola chiusa, erano per l’appunto le lezioni online. Mi sono avvalso di un permesso che mi permetteva di operare da solo nella mia struttura, cosa che ho svolto per quasi due anni. Ho aperto un mio “canale” dove potevo impartire le lezioni, ovviamente solo ai miei alunni e quindi non “pubbliche”. Era una cosa che andava fatta sia per i miei allievi che per la scuola stessa e, nonostante il periodo particolare, le quote che mi venivano retribuite sono state regolarmente fatturate, come è di regola per una ditta individuale quale è la mia.

    Con la riapertura, come vi siete organizzati con le norme Covid da seguire?

    Con la riapertura si è dovuto seguire tutte le regole inerenti. Nelle parti comuni è d’obbligo la mascherina. Dai cinque anni sino agli undici, il green pass non è obbligatorio, come accade per tutte le attività. I genitori non vaccinati possono solo accompagnare i loro figli, ma non restare all’interno della struttura. Tuttavia devo dire che non ho avuto di questi problemi perché in realtà sono tutti vaccinati. Nelle sale prova ci deve essere 1 metro di distanza da un allievo all’altro, disinfezione delle mani e naturalmente giornalmente si segue tutto il palinsesto delle norme Covid.

    Generico marzo 2022

    Durante la pandemia lei ha realizzato un progetto, “Noi artisti interrotti”, di cosa si trattava?

    Si, è stato nel 2021. Nel periodo pandemico il numero degli artisti bloccati è stato considerevole. Non abbiamo avuto molta considerazione e proprio per tale motivo decisi di realizzare questo piccolo blog: “Artisti interrotti”. Mediante foto e anche un video, girato proprio nel centro storico di Catanzaro, ho cercato di porre l’attenzione su quanto invece l’arte sia fondamentale e possa sempre generare bellezza. Un inno alla libertà. Questa cosa è andata avanti per diverso tempo, è stato anche un modo per liberarsi da tanta restrizione sottolineando quanto l’arte possa essere vita!

    Che cosa ha rappresentato per lei dover “resistere” difronte ad una emergenza sanitaria così importante?

    Il mio lavoro è tutto. Io ho due figlie e quindi dovevo “resistere” soprattutto per loro, ma anche per i miei allievi, perché lo meritano. Ho dei ragazzi che lavorano anche all’estero, al Royal Ballet e al Royal Opera House, per tutti io rappresento un esempio, come dire: “Se ce la fa il nostro maestro, possiamo farcela anche noi”. Di questo mi hanno sempre ringraziato e ne sono fiero.

    In conclusione, come pensa si prospetti il futuro per le scuole di danza?

    Sicuramente per le scuole di danza ora ci sarà una rivalsa. La gente ha attualmente bisogno di tornare a vivere e come nel lavoro, nello sport o in ambito sociale si ha voglia di reciprocità e di socialità, così nella danza i ragazzi stessi hanno veramente bisogno di vivere appieno, anche mediante la danza. Per loro è importante e lo sarà per un prossimo futuro.

    Le speranze di chi ha deciso di investire in piena pandemia: la storia di Silvio

    Com’era il mondo prima della pandemia?

    Scommetto che state cominciando a chiedervelo…

    E sì, perché da quando la paura per il Covid sta fortunatamente diminuendo, da quando comincia a ventilare quest’’idea di ritrovata “libertà”, da quando la possibilità di andare in giro senza mascherina non ci sembra più così remota, dentro ognuno di noi pare perduri uno strano timore. Quasi ci ritrovassimo spaesati di fronte a qualcosa di nuovo, che poi nuovo non è: la vita. Quella normale. Quella che avevamo prima. 

    Eppure, in questi due anni in cui ne abbiamo vissute di ogni, mentre molti imprenditori chiudevano le proprie attività, altri le aprivano. E non, come si potrebbe pensare, in settori prevalentemente legati alla salute (come è successo a tanti che si sono reinventati fabbricanti di mascherine e altri dispositivi sanitari, ad esempio), ma nel pets; animali per dirla nella nostra lingua. 

    Generico marzo 2022

    È quello che ha fatto Silvio Madia, imprenditore 46enne di Sellia Marina il quale un anno fa, in piena pandemia, ha deciso di diversificare i propri affari nel settore alimentare e lanciarsi in quella che «a molti, lì per lì, era sembrata una follia» racconta. Ha aperto ZooMadia, una sorta di “supermercato” per animali in cui si può trovare nutrizione, accessoristica, acquariologia, ornitologia, erpetologia, toelettatura e quant’altro. Ma la vera particolarità di ZooMadia è l’essere, per l’appunto, uno zoo: serpenti, gechi, pogone, draghi barbuti, iguane, tartarughe, cavie, topolini, furetti, ricci, scoiattoli, cagnolini, pesci coloratissimi, insetti stecco, rane, uccellini, piccoli e grandi pappagalli come l’Ara gialloblu, popolano le teche e gli acquari dell’ampia zona che li ospita e che è diventata meta preferita dei più piccini. 

    Un bell’investimento, soprattutto dato il periodo…

    «Effettivamente lo è stato. Ma l’investimento è prima che economico, morale verso me stesso e gli altri: non mi sono voluto arrendere a quello che stava accadendo e non l’ho permesso nemmeno ai miei collaboratori i quali, hanno creduto in questo progetto fin da subito. Abbiamo lavorato tutti tantissimo per mettere insieme idee e realizzare quello che c’è adesso, il che è stato anche terapeutico contro ansia e depressione» risponde Silvio.   

    Perché proprio il pets?

    «Perché quando si tratta di bambini e animali la gente spende, più che per fare la spesa. Crisi o non crisi! Scherzi a parte, il mondo degli animali mi ha sempre interessato. Io stesso in passato ho avuto come bestiole da “compagnia” dei rettili e diversi acquari. Piano piano ho anche cominciato a capirci qualcosina… e oggi li accudisco per passione e per lavoro». 

    Per quella che è la tua esperienza, cosa rende un’attività commerciale un buon business?

    «Quello che fa la differenza è proprio la differenza: offrire prodotti e soprattutto servizi che nessun altro ha sul mercato, in una determinata zona. È ciò che m’impegno a fare. Certo all’inizio può essere dispendioso e faticoso ma ripaga. E oggi vedere lo stupore negli occhi dei bambini che entrano allo Zoo è per me una tra le soddisfazioni più grandi. Volevo fare qualcosa di inconsueto. Ed in parte ci sono riuscito. Tuttavia siamo ancora ongoing…». 

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