Catanzaro e Covid: due anni di pandemia. Tra difficoltà e voglia di rialzarsi
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Covid Catanzaro 2020-2022: cultura, teatro, musei, spettacoli tra sofferenze e ripartenze
Covid e grandi eventi: le sofferenze del mondo dello spettacolo e la voglia di ripartire in grande
Di Carmen Loiacono e Domenico Iozzo
Il lockdown ha scompaginato i piani anche a coloro che organizzano Festival e rassegne di spettacolo dal vivo che si sono ritrovati a rimodulare le programmazioni, adeguandosi alle restrizioni e misure di sicurezza, che pure hanno comportato un importante aumento dei costi vivi nell’organizzazione degli eventi.
“Lo spettacolo dal vivo ha particolarmente sofferto durante il lungo periodo della pandemia prima con la chiusura totale dei suoi spazi, poi con l’accesso contingentato” afferma Francescantonio Pollice, direttore artistico di Ama Calabria, che presenta una sua stagione anche a Catanzaro, al Teatro Comunale. Con la riapertura e la capienza piena delle sale, però, secondo Pollice non è cambiato molto. O almeno non tanto come ci si sarebbe aspettati: “Registriamo da parte del pubblico prudenza nel frequentare gli spettacoli – ammette -. Dobbiamo lavorare con tenacia e fiducia per riportare il pubblico in sala. I segnali sono positivi, ma non ancora sufficienti. Ama Calabria sta impegnandosi perché, nei prossimi mesi, si possa tornare alla normalità con i teatri e tutti i luoghi di spettacolo colmi di pubblico. E’ questo il nostro impegno e sono certo che raggiungeremo l’obiettivo”.
Gianvito Casadonte promuove a cavallo tra luglio e agosto, da circa un ventennio, il Magna Graecia Film Festival, vetrina dedicata ai cineasti emergenti che ha nell’area Porto la sua principale location, a cui la scorsa estate si è aggiunto anche il centro storico. “Non ci siamo mai fermati dall’inizio della pandemia – commenta -, ma è stata molto dura. Ho vissuto le ultime due edizioni con grande apprensione e dedizione per garantire l’accessibilità del pubblico, solitamente presente in migliaia, in piena sicurezza. Nonostante le proiezioni all’aperto, dal punto di vista gestionale si è dovuto far fronte ad un aumento degli oneri e dei costi. Ora mi auguro che, anche nel mio settore, si possa ripartire, meglio di prima, grazie alla possibilità di sperimentare nuove forme di comunicazione e di ottimizzare la gestione dei grandi eventi anche attraverso l’uso di nuove tecnologie. L’auspicio è che il pubblico torni ad uscire di casa per andare non solo a vedere un film, ma soprattutto per confrontarsi con l’altro e vivere un grande momento di coesione sociale”.
Che i mesi scorsi con le chiusure forzate e quant’altro siano stati un momento con degli aspetti positivi, è ciò che pensa il direttore artistico nonché ideatore del Festival d’autunno Antonietta Santacroce. “E’ stato tutto sommato un periodo di crescita – ci dice -. Stare con se stessi aiuta a ritrovarsi e a riflettere su molte cose. Personalmente mi ha aiutato a fare il punto della situazione, a focalizzare meglio i prossimi obiettivi”. Il che si traduce in energia per quello che sarà: “C’è del positivo che questa situazione ci ha lasciato. E’ la voglia di riprendere, di ricominciare, ma anche di ampliare gli orizzonti. Sto già programmando la prossima edizione del Festival – anticipa -, che sarà più articolata rispetto alle precedenti. Speriamo che per allora la pandemia sia alle spalle, e anche se non lo sarà, ormai abbiamo imparato a conviverci e a fare lo stesso le cose in sicurezza, quindi possiamo guardare ad ogni modo con speranza al futuro”.
“Il periodo del lockdown ha rappresentato almeno per me, un grande vuoto culturale – afferma Daniela Faccio, presidente degli Amici della musica che ogni anno presentano una ricca stagione concertistica a Palazzo De Nobili -. Non poter assistere a concerti e spettacoli è stato veramente avvilente. Non appena ci sono stati degli spiragli, gli Amici della musica hanno ripreso l’attività, pur se con tante restrizioni e sospensioni causate dal virus. Posso asserire con orgoglio – aggiunge – che siamo stati la prima associazione che ha operato, fornendo ai soci, e non solo, l’opportunità di ascoltare musica dal vivo. In tal modo abbiamo dato l’avvio ad una sorta di rinascita e, nel contempo, dando una mano agli artisti che per lungo tempo sono stati costretti alla inoperosità. Superate, almeno in parte, le incertezze dovute alle contingenze, con tenacia e caparbietà, a dicembre 2021 siamo usciti con la programmazione per tutta la stagione 2022 da gennaio a dicembre, che prevede esibizioni di alto livello da parte di musicisti di fama internazionale. Noi continuiamo con entusiasmo e non demordiamo, sperando sempre nel miglioramento delle condizioni generali e nel sostegno di chi ama la cultura e la musica”.
“Siamo stati il primo Festival a ripartire, grazie all’Amministrazione comunale, in piazza Prefettura nel luglio del 2020 – racconta Francesco Panaro della Cooperativa Atlantide in merito al Catanzaro Jazz Fest -, è stata una parentesi molto positiva. Nel 2021 non è stato possibile fare iniziative, però: i costi dovuti alle questioni di sicurezza sono raddoppiati, se non triplicati. C’è stata una maggiore rigidità anche ragionevolmente fondata, ma poi, devi sempre commisurarti all’evento stesso”. Eppure nella parte finale dello scorso anno, le iniziative promosse da Atlantide sono state molte: “A settembre abbiamo organizzato questi itinerari de Le vie della seta, insieme a Cultura Attiva, che sono andati molto bene. A fine novembre c’è stata una grande produzione con OrcheStrana, un’operazione passata forse un po’ sottotono visto il clima, ma che è stato un grande successo che stiamo provando a portare anche fuori, e che ci ha premiati con il contributo del Ministero. Poi c’è stata l’edizione “natalizia” del Catanzaro Jazz Fest, ma per quanto ci abbia portato soddisfazioni, oggi siamo qui a leccarci le ferite – ammette -. Siamo andati in perdita, l’aver scelto la Galleria Mancuso come location non ci ha aiutati, perché l’organizzazione è stata piuttosto complicata”.
“E’ stato ed è ancora in parte un periodo doloroso per le manifestazioni live – continua -, ma è stata anche un’opportunità per riflettere, progettare cose più sostenibili, andare oltre i confini regionali. O meglio, sarebbe stata questa un’occasione per un dialogo comune, per fermarsi a riflettere, ma non è stata probabilmente sfruttata come avrebbe potuto. A Catanzaro, per farla breve, serve una nuova prospettiva politica, speriamo si possa aprire un ragionamento serio in tal senso”. A prescindere dal Covid, e anche a livello regionale: “Bisognerebbe guardare con più equilibrio alle manifestazioni storiche, a quelle anche di livello internazionale che andrebbero supportate con finanziamenti che ci sono, ma che troppo spesso si perdono”.
I musei: qualche segnale incoraggiante c’è ma alcune realtà pagano dazio
di Domenico Iozzo
Al Marca presenze in crescita per le mostre della Fondazione Guglielmo
Il nostro reportage prosegue tra i musei principali della città. Si parte dal Marca che, grazie alle mostre promosse dalla Fondazione Guglielmo, ha continuato ad offrire una programmazione artistica e culturale nel corso dell’ultimo biennio. “Abbiamo vissuto il periodo della chiusura totale – racconta Rocco Guglielmo – una misura drastica, che si può condividere o meno, anche se ritengo che il museo sia il luogo dove sarebbe stato possibile, fin dall’inizio, garantire al meglio tutti i controlli. Nonostante ciò, abbiamo continuato a lavorare potenziando anche l’offerta sul web con le visite virtuali e adeguandoci, di volta in volta, alla normativa disposta per gli ingressi. Siamo tornati negli ultimi mesi a pieno regime, è stato un periodo di sospensione sabbatica che ci ha fatto riflettere su come riorganizzare al meglio la fruizione del museo”. La risposta del pubblico? “Le presenze, alla ripresa, hanno registrato un incremento addirittura superiore al periodo precovid”, sottolinea Guglielmo riferendosi alle ultime mostre di Omar Galliani e Aron Demetz, mentre da maggio partiranno due nuove esposizioni. “La Fondazione ha dato la sua disponibilità a prorogare la convenzione, che scadrà a fine 2022, rivedendo i termini per alleggerire la Provincia di ulteriori spese. Speriamo, a tal riguardo, che non ci siano pericoli per il Marca, l’ipotesi di vendere immobili destinati a museo mi sembra follia. Cerchiamo, tutta la città unita e gli operatori, di scongiurare il rischio di vedere chiudere i luoghi della cultura”.
Complesso San Giovanni e March: il grido d’allarme di 4Culture
La pandemia ha lasciato, purtroppo, il segno su una realtà giovane, come la società 4Culture, che negli ultimi anni ha gestito i servizi museali al Complesso San Giovanni. “E’ stata una fase decisamente critica – racconta Simona Cristofaro – tante certezze sono crollate improvvisamente, abbiamo dovuto annullare la visita di centinaia di studenti per la mostra che, allo scoppio dell’emergenza, era ancora in corso. Siamo stati tra i primi, dunque, a percepire il problema. Chiusure forzate, magri aiuti del Governo, inesistenti aiuti locali, e durante le riaperture un calo significativo delle affluenze tra il 40 e il 60 percento”. Tra eventi a singhiozzo – il più importante la mostra “Chagall. La Bibbia” promossa dal Comune – si è cercato di sopperire con la creatività, ma non è bastato: “Solitamente utilizziamo le nuove tecnologie in tutte le nostre iniziative – continua Cristofaro – e abbiamo messo a disposizione il virtual tour della mostra di Bernini, oltre che realizzato dirette streaming per incontri e conferenze. Purtroppo, quello che è venuto a mancare è stato soprattutto un supporto in termini di solidarietà. Gli imprenditori della cultura sono rimasti soli, con le loro armi e le loro idee, e di questo periodo non portiamo segni positivi”.
La situazione è ancora peggiore al March, il museo archeologico in Villa Margherita, rilanciato anche con l’apporto di 4Culture: “Qui le presenze si sono dimezzate – afferma Cristofaro – non abbiamo mai avuto un finanziamento annuale, a differenza degli altri musei provinciali. E’ un luogo che si è sostenuto con le nostre uniche forze, abbiamo anche proposto per ultimo un evento espositivo come quello di Fabio Bix, ma gli investimenti di un’impresa giovane non possono salvarti dal baratro. Penso che manchino una prospettiva ed una visione precise: la nostra convenzione con la Provincia è scaduta a dicembre 2021, ma nonostante la nostra disponibilità a prorogarla gratuitamente, si è preferito procedere con l’affidamento della gestione ad un’associazione. Il nostro è stato un esempio positivo di resistenza, ma la reputazione a volte non basta”.
Il Musmi si prepara ad accogliere le scolaresche
Un’altra testimonianza delle difficoltà del mondo della cultura in epoca covid arriva da Rossella Talotta che, con la cooperativa Di.Co, ha assicurato l’apertura del Musmi, il museo storico militare nel contesto del Parco della Biodiversità, oltre che del Marca: “In totale per circa un anno e mezzo non abbiamo lavorato, riaprendo solo a maggio 2021 e durante l’estate, quando qualche ingresso in più si è visto. Il nostro target è soprattutto quello delle scuole, ma le uscite didattiche si sono fermate per i divieti e il clima di paura, così come le conferenze e le presentazioni tutte svoltesi con capienza ridotta. Adesso la situazione sta migliorando, le attività culturali hanno ripreso il loro corso sempre nel rispetto delle distanze, l’uso di mascherine e controllo green pass”. Durante la chiusura, nei mesi più difficili, cosa si è fatto? “Ogni giorno postavamo un’opera del museo sui social per illustrare pezzi e cimeli del nostro patrimonio, per diverso tempo abbiamo dovuto rinunciare ai rimborsi da parte della Provincia perché la nostra attività si svolge prevalentemente in presenza, grazie al contributo di sei ragazze e volontari alla biglietteria”. La Di.Co ha, poi, lavorato su “un progetto mirato all’inclusione per ipovedenti e diversamente abili, al fine di rendere il museo più accessibile. Al Marca, in particolare, sono in corso le attività per il nuovo allestimento della collezione permanente che sarà risistemata seguendo un ordine cronologico, dal ‘400 per arrivare al 900, con l’aggiunta di nuovi dipinti, mai esposti prima e conservati nel caveau della Provincia. La situazione attuale ci scoraggia – conclude Talotta – siamo sempre in bilico, ma abbiamo voluto portare avanti il nostro lavoro”.
Il Museo del Rock “al risparmio” in attesa di riaccendere la musica
Nel viaggio tra i musei cittadini non può mancare quello più peculiare e borderline, il museo del rock. Piergiorgio Caruso racconta così le sue sensazioni dopo questo lungo periodo difficile: “Abbiamo dovuto bloccare i concerti, che avevamo organizzato in gran numero in passato. Stiamo cercando timidamente di ricominciare, ma sempre con l’obbligo di rispettare posti contingentati. Per noi è sempre stato un vanto quello di garantire l’ingresso gratuito a tutti i nostri eventi, senza perseguire fini di lucro, ricalcando la mentalità degli anni ’60. Da Catanzaro sono passati tutti i grandi nomi del prog nazionale ed internazionale. Ricordo, ad esempio, Eric Andersen del Greenwich Village, accompagnato da Scarlet Rivera, la violinista di Bob Dylan, che hanno accettato di suonare due volte gratuitamente. E ancora gli straordinari David Cross e David Jackson, Steve Vene dei Dreams Syndicate, Bocefus King e tanti altri. Durante la riapertura, dopo la prima ondata, abbiamo realizzato una rassegna in ricordo di Ennio Morricone scomparso da poco. Lo scorso Natale abbiamo ospitato un musicista fiorentino, Massimiliano La Rocca, che voleva assolutamente suonare da noi perché il suo produttore, Hugo Race, gliene aveva parlato benissimo”. Guardando al futuro, il prossimo 18 marzo tornerà al museo Lino Vairetti, voce della storica band degli Osanna, che presenterà un nuovo progetto. “Abbiamo tante richieste da chi vuole suonare o presentare libri – conclude Caruso -. I costi del museo non sono elevati per la Provincia, non abbiamo riscaldamenti e accendiamo la luce solo quando serve, non graviamo sicuramente sui bilanci pubblici. Vogliamo solo che il museo, unico nel suo genere in Italia, resti aperto il più a lungo possibile, per il bene della città, che per essere considerato davvero Capoluogo di Regione deve riappropriarsi anche del suo ruolo culturale”.
Cinema e teatri, dopo mesi difficili qualche spiraglio di ottimismo
di Domenico Iozzo
Cultura e spettacolo sono stati i settori maggiormente colpiti dall’emergenza covid. Teatri, cinema, musei, operatori culturali e compagnie hanno sofferto il peso di lunghi mesi di chiusure, nell’arco degli ultimi due anni, e di ulteriori restrizioni che hanno penalizzato il lavoro di tutto il comparto. L’amarezza per il recente passato è tanta, le idee per il futuro ancora poco chiare, sebbene si stiano già intravedendo spiragli di ottimismo.
Il Teatro Politeama e il lavoro dietro le quinte per la ripartenza
Il nostro viaggio tra le realtà culturali della città parte dai teatri. Il Politeama ha riaperto i battenti lo scorso autunno con una nuova stagione, ma guardando indietro a quello che è successo dopo l’ultimo spettacolo di febbraio 2020 – “Le signorine” con Giuliana De Sio, poi interrotto per quelli che si sarebbero rivelati casi covid nel cast – oggi la sensazione è quella di un nuovo capitolo che si è aperto: “Abbiamo potuto apprezzare davvero cosa significa il teatro, poter riprendere ci ha dato grande energia e la gente ha dimostrato che non vedeva l’ora di tornare a frequentarlo”, commenta il sovrintendente Gianvito Casadonte. “Una stagione, quella in corso, pensata per raggiungere tutte le nicchie di spettatori. L’ultima emozione, quella più grande, sabato scorso in occasione del messaggio letto sul palco a sostegno del popolo ucraino e contro la guerra. Un entusiasmo che mi auguro possa riprendere anche per le sale cinematografiche”. La Fondazione, nel periodo più buio, ha continuato sempre a lavorare anche dietro le quinte. “Dal 2020 ad oggi, di fatto, sono stati tre i mesi di chiusura totale, il Politeama è l’unico teatro calabrese che lavora tutto l’anno”, continua il direttore generale Aldo Costa. “Abbiamo proseguito, dopo il primo lockdown, con la stagione sinfonica a maggio e altri fuori programma, il concerto di Capodanno in streaming, i corsi preaccademici del Conservatorio. Purtroppo abbiamo dovuto interrompere il corso per la formazione del coro di voci bianche ed i laboratori teatrali diretti dal maestro Mauro Avogadro, che avevano creato tanto entusiasmo nei partecipanti. Speriamo di riprenderli nel prossimo autunno”. Anche i dipendenti hanno lavorato in smart working e cassa integrazione per garantire la continuità dell’attività amministrativa. “Tenendo conto dei legittimi timori del pubblico – conclude Costa – siamo riusciti a fidelizzare i nostri affezionati abbonati, che garantiscono in maniera determinante il successo della nostra programmazione, ma fino a quando non si uscirà completamente dalla pandemia le entrate sono inevitabilmente destinate a subire una contrazione”.
Per la prossima stagione attese già importanti novità: d’intesa con l’Istituto Tchaikovsky, è stata presentata di recente, al competente ministero, la proposta per la creazione, finalmente, di un’orchestra stabile regionale; a settembre ci sarà, inoltre, il primo Festival del teatro, un meeting che chiamerà a raccolta a Catanzaro tanti operatori del settore e addetti ai lavori. Mentre sembra manchi davvero poco per l’agognato start del Politecnico delle Arti che vede insieme Politeama, Accademia di Belle Arti, Conservatorio musicale, Università e amministrazioni locali.
Il cine-teatro Comunale e il Supercinema resistono tra piattaforme e nuove abitudini
“Dopo un mese di gennaio con un calo spaventoso per la paura legata alla quarta ondata, in quest’ultimo periodo il teatro ha registrato una leggera ripresa. Abbiamo imparato anche noi ad usare le tecnologie e i controlli all’ingresso hanno funzionato, se è vero che non si è registrato nemmeno un contagio”. Francesco Passafaro racconta così il momento del Comunale nell’era covid. Il ricordo più felice e immediato va alle nove repliche, fatto più unico che raro, dello spettacolo tutto made in Catanzaro di Enzo e Ivan Colacino, che hanno registrato il tutto esaurito nel periodo di Natale. D’altra parte, invece, la preoccupazione è tutta rivolta verso l’attività del cinema: “Negli ultimi due anni con la crescita delle piattaforme – evidenzia Passafaro – il pubblico si è disabituato alla sala, è più facile vedere un film venti giorni dopo a casa, specialmente in termini di costi. Sono quattro mesi che siamo impossibilitati anche a distribuire cibo e bevande. Noi abbiamo continuato a proporre piccole produzioni in esclusiva legate al territorio, come “L’afide e la formica” e “Gli anni belli”, e in questi giorni un capolavoro come “Il Padrino”, nel suo 50esimo anniversario, e l’omaggio a Gigi Proietti di Edoardo Leo. Ci sono ancora gli appassionati che vogliono il grande schermo e la sala come una volta. Ma siamo davanti ad un trasformazione epocale, bisogna creare dibattito e coinvolgere il pubblico”. I ristori per gli esercenti, di cui si è tanto discusso, “ci hanno consentito di sopravvivere, andando a coprire circa il 40 per cento di quanto incassato nel 2019. Ma la campagna di disinformazione non ci ha aiutato, teatri e cinema non sono luoghi meno sicuri di supermercati o chiese, dove però i controlli sono stati più contenuti”.
La pandemia ha lasciato qualcosa di buono? “Abbiamo imparato a fare incontri online – continua Passafaro – prima non eravamo così smart come oggi, ma questo ha fatto sì che si creasse anche una sorta di isolamento sociale dietro lo schermo. Per questo ci dedichiamo molto ai ragazzi, che oggi si dimostrano più chiusi e pigri, e abbiamo messo a disposizione una sala per il co-working dando la possibilità di incontrarsi a realtà che non avevano più una sede”.
Anche per un’altra storica sala come il Supercinema, le aperture a singhiozzo non hanno contribuito ad una ripresa ordinaria delle attività: “A Natale abbiamo registrato un calo degli incassi di circa il 70 per cento rispetto al periodo pre-pandemico, ed è la finestra dell’anno in cui si lavora di più”, racconta il gestore Alessandro Lanzo. “La situazione non è delle più rosee, la gente ha ancora paura di tornare in sala tra controlli, green pass, mascherine, igienizzazione. Il pubblico che viene qui è fatto di fedelissimi, ma molti di loro non li ho ancora rivisti e, nel frattempo, hanno inciso anche le nuove abitudini legate alle piattaforme streaming. Il Ministero si è mosso per i ristori, qualcosa dovrebbe ancora arrivare e ci ha dato un po’ di ossigeno. Stiamo proseguendo con la programmazione – questa settimana in proiezione il documentario “Ennio” di Giuseppe Tornatore (ndr) – ma si avvicina la primavera in cui di solito c’è un calo delle presenze. Prima della prossima stagione non si possono fare previsioni, ma non sono troppo ottimista”.
I sacrifici di chi lavora sul palco, tra rischi di chiusura e nessuna entrata
di Carmen Loiacono
Anche gli artisti hanno risentito enormemente delle chiusure. Sale prove in affitto impossibili da mantenere, a fronte di nessuna entrata: come è andata per chi vive con gli spettacoli?
“Il nostro settore è stato colpito sotto diversi aspetti – afferma Salvatore Emilio Corea, della Compagnia del Teatro di MU e della Scuola di Teatro Enzo Corea -, sia quello didattico, con gli allievi nelle diverse sedi di Catanzaro, Fossato Serralta, Pentone, Amaroni e Tiriolo, sia quello professionale e artistico riferito alla nostra Compagnia”.
“Dal punto di vista didattico – spiega – ciò che abbiamo immediatamente avvertito è stata la perdita del contatto fisico con gli allievi e tra gli allievi, quel contatto che sta alla base della recitazione e che insieme al respiro porta alle diverse fasi della creazione”. Attivata la DAD e intravisto un po’ di respiro con la mini rassegna ‘Edizione straordinaria al Comunale’ e partecipando alle attività di ‘Buon compleanno Catanzaro’, nella seconda metà dello scorso anno, oggi “ci ritroviamo ad affrontare una doppia sfida, quella stremante contro la pandemia e quella contro la paura delle persone. E’ vero non ci sono state chiusure ufficiali da parte del Governo, le sale dei cinema e dei teatri possono riempirsi fino al massimo della loro capienza – aggiunge – ma abbiamo avvertito in modo forte la paura del pubblico, la diffidenza e l’insicurezza di chi non ha forse dato fiducia alle tanto famose FFP2. A questo sommiamo secondo noi una forte crisi dal punto di vista economico, una crisi che si avverte nelle decisioni di ogni giorno che orienta le scelte di una famiglia tra l’andare ad assistere ai tanti spettacoli proposti e il poter pagare una bolletta. Una crisi che da qui a qualche mese potrebbe avere effetti devastanti. Il nostro settore vive della voglia delle persone di incontrarsi in un cinema o in teatro e forse è questo quello che manca”.
Amara è la considerazione di questo periodo e dell’attuale situazione culturale catanzarese, che ci dà Emanuela Bianchi, di Confine Incerto: “Nei due anni di Covid Confine Incerto è rimasto chiuso – afferma -, ha dovuto abbandonare lo spazio che utilizzava. Ha potuto fare pochissime cose come una piccola programmazione interna, all’aperto, ma sostanzialmente Confine Incerto è rimasto bloccato per tutte le procedure di sicurezza che sono state adottate con l’epidemia. Non appena ha potuto riprendere le sue attività, lo ha fatto. Attualmente stiamo producendo uno spettacolo che debutterà a marzo”.
“Fuori dalle polemiche – ammette però -, il Covid ha solo dato una mazzata finale a un sistema culturale che già prima non reggeva. E credo che vadano rintracciate le cause a monte, non nel Covid, ma nella politica culturale della nostra città. Il Covid è una causa estrema che ci ha sicuramente distrutto, ma noi resistiamo e stiamo resistendo, è la politica culturale cittadina che non funziona”.
C’è anche chi vuole però guardare agli aspetti positivi, che il riposo forzato ha potuto portare: “Gli ultimi due anni hanno rappresentato uno stop per molti, non per il Teatro di Calabria – è quanto ci dicono dalla compagnia -. Anzi, per noi è stata l’occasione per ripensare interamente il nostro modo di pensare l’approccio alla scena, rivoluzionandolo e rafforzando il legame con il pubblico”. Partendo dal rapporto con i suoi spettatori, per il Teatro di Calabria uno solo è “il mantra del nostro 2022: evoluzione, sperimentazione, gioia”.
“Come direttore di teatro devo salvaguardare l’aspetto puramente economico del teatro senza compromettere il lato artistico – ci risponde Francesco Passafaro, ‘mente’ del Teatro Incanto che gestisce il CineTeatro Comunale -, ma come attore non vedo altro che lo spettacolo e come ogni attore sono disposto a sacrificare tutto per quello. Dopo 2 anni di ingerenze ed estreme difficoltà con ‘Ditegli sempre di sì’ sia il direttore del teatro che l’attore possono essere finalmente felici. Abbiamo resistito, anche grazie alla vicinanza del pubblico che non ha mai smesso di supportarci, pure a distanza, e oggi finalmente possiamo presentare uno degli spettacoli ai quali siamo più affezionati”. Già, perché in fondo i veri pazzi non stanno al manicomio, come dirà spesso Michele Murri, il protagonista della pièce, ma li troviamo tra la gente normale, ben nascosta o mimetizzata. Dovremmo solo sforzarci a capirli un po’ di più e non a dire sempre di sì. Una commedia da pazzi, come siamo noi del Teatro Incanto e del Comunale”.
“Con la pandemia, una parte della nostra vita è stata privata della propria libertà – è quanto afferma Salvatore Conforto di Acli Nuova Scena – . Non è stata una guerra o un dittatore a farlo, ma un virus che ha impedito all’intera umanità di vivere in modo normale . Aprire il sipario, il dopo pandemia sarà una grande scommessa per tutti . Rigenerarsi e rigenerare stimoli sopiti ed in gran parte perduti . Riempiere di nuovo teatri e le sale cinematografiche, con convinzione e senza paure. Ripensare ad un nuovo mondo, che se pur dimostrandosi altamente vulnerabile e quasi impotente, deve avere la forza di rialzarsi e ritornare a creare con passione, incitamento e coraggio nuove esperienze di vita e comunità. L’auspicio è di poter stare di nuovo insieme sperando che al più presto ‘l’abbraccio’ in senso lato circondi tutto il pianeta”.
“Siamo riusciti a rimanere in piedi con le unghie e con i denti – ammette Piero Procopio -. Il Teatro Hercules era a rischio chiusura. Per fortuna è arrivata un po’ di linfa con l’estate 2021, quando con prove a distanza siamo riusciti a fare 13 recite – racconta -. Adesso stiamo proseguendo ma i risultati rispetto agli altri anni sono più bassi: dobbiamo confrontarci con insicurezze, paure, paturnie, abbiamo bloccato due commedie già programmate, ma non ci fermiamo e non l’abbiamo mai fatto, nei mesi di chiusura ho scritto cinque nuove commedie. Il 20 marzo ospiteremo nella nostra rassegna al Teatro Comunale la compagnia Codex 8&9 in ‘Difetti perfetti’, e per il 3 aprile andremo in scena con ‘Titina alla quarantina’, una rivisitazione di ‘Quaranta ma non li dimostra’ di Peppino De Filippo”. E poi? “Prevedo un’estate travolgente – continua Procopio -, la gente ne sente proprio il bisogno. Stiamo già pensando alla prossima stagione, quando ci sarà il debutto di una nuova opera sulla Brigata Catanzaro, ‘Decimo’, sulla crudezza e le brutture della guerra”.
Covid Catanzaro 2020-2022. La pandemia vista dalla chiesa. I mesi difficili nelle carceri
Nei due anni di Covid, le comunità parrocchiali catanzaresi hanno portato avanti la loro opera d’amore e carità
di Maria Teresa Rotundo
Hanno preso per mano i fedeli e hanno fatto dell’amore incondizionato e della fede profonda la loro forza. Le comunità parrocchiali catanzaresi, in questi due lunghi anni di pandemia, sono state presenti e sempre accanto a chi ne aveva bisogno, nonostante le distanze obbligate che le ripetute chiusure hanno imposto. La chiesa catanzarese ha supportato la propria comunità, superando l’isolamento obbligato, entrando nelle case per continuare a tessere fili d’amore e di speranza in uno dei periodi più bui della storia dell’umanità.
E con un salto indietro, insieme ai parroci di alcune parrocchie cittadine abbiamo ripercorso il grande lavoro che la chiesa ha fatto per la sua comunità, fin dai primi giorni di lockdown, in un momento in cui si è trovata costretta a chiudere le sue porte fisicamente, senza però mai smettere di portare a termine la sua grande opera d’amore.
Subito online per accorciare le distanze
Tutti le comunità grazie ai social e alla tecnologia sono riuscite a raggiungere i fedeli nelle case, dove all’inizio di marzo 2020 si viveva sì in una dimensione più familiare ed intima ma con un senso di smarrimento dovuto alle circostanze inedite: “Grazie alla rete internet siamo riusciti ad entrare nelle case dei fedeli per proseguire il nostro cammino di Quaresima – ha raccontato Don Ivan Rauti della parrocchia Santa Teresa del Bambin Gesù – abbiamo potuto trasmettere le messe e vivere il periodo pasquale anche attraverso dei tutorial per organizzare degli altarini in casa con i segni della nostra fede.” Un modo per stare insieme, per ritrovarsi, per portare avanti il cammino quaresimale iniziato nelle parrocchie e interrottosi improvvisamente: “La messa online è partita subito, la mia prima celebrazione da solo è stata toccante – ha ricordato Don Francesco Brancaccio della parrocchia San Giovanni – abbiamo poi organizzato la Via Crucis on line durante la Settimana Santa e la recita del Santo Rosario con la collaborazione delle famiglie.” Certamente i media a disposizione hanno facilitato le comunicazioni: “Tante sono state le Messe, le Catechesi in diretta streaming, e questo è servito a non far sentire sole le persone più attrezzate ad usufruire di queste nuove tecnologie – ha spiegato Don Gaetano Rocca della parrocchia Madonna di Pompei – Per le persone più anziane e meno attrezzate abbiamo pensato di attivare il diffusore sonoro delle campane come cassa di risonanza per le Messe celebrate in chiesa. Aiutati dal silenzio, per assenza del traffico e della mobilità di quei giorni, siamo riusciti a raggiungere quasi tutto il territorio parrocchiale.”
La laboriosa macchina della Caritas parrocchiale
E il supporto della chiesa è arrivato anche grazie ai gruppi Caritas che hanno continuato ad operare implementando i loro servizio per le famiglie che già si rivolgevano a loro per aiuti e per quelle che da un giorno all’altro si sono trovate costrette a farlo: “La parrocchia ha saputo fare da tramite tra le famiglie che avevano problemi e quelle che erano disposte ad aiutare – ha proseguito Don Francesco – e tutto è avvenuto e continua ad avvenire con discrezione.” Le reti solidali in quei giorni si sono triplicate e tutti hanno saputo adoperarsi per non mandare nessuno indietro: “Di fatto non abbiamo mai chiuso – ha aggiunto Don Ivan – abbiamo dovuto sospendere la raccolta degli indumenti per la questione del contagio ma come Caritas abbiamo fatto servizio quotidianamente, anche per supportare i tanti nuovi poveri che hanno bussato alla nostra porta, famiglie che prima della pandemia vivevano dignitosamente e che si sono trovate improvvisamente senza lavoro. Abbiamo cercato di aiutare tutti, mai nessuno è tornato a casa a mani vuote.” E un punto nevralgico per la distribuzione degli alimenti ai bisognosi nella zona Sud della città è stata la parrocchia Sacro cuore dei Frati Minori Conventuali di Calabria: “Da subito abbiamo collaborato con la Protezione Civile Comunale per la distribuzione dei generi alimentari e dei buoni spesa – ha detto Padre Paolo Sergi – in un momento in cui eravamo privi di dispositivi di protezione abbiamo cercato di essere un punto di riferimento per le famiglie bisognose non solo quelle del nostro quartiere, tutto questo è stato possibile grazie ai volontari che hanno prestato il loro prezioso aiuto.”
Chiudono le mense per i poveri ma l’aiuto non viene meno
“La nostra preoccupazione è stata quella delle persone che si rivolgevano al nostro servizio mensa – ha detto Don Gaetano – subito abbiamo avuto l’intuito di trasformare la Mensa in una organizzazione di distribuzione viveri di prima necessità. Abbiamo pensato che sarebbe stato più opportuno servire famiglie intere piuttosto che singoli e dobbiamo dire che la risposta è stata oltre le nostre aspettative. Da 35 famiglie abbiamo raggiunto le 167 famiglie che continuiamo ad assistere almeno due volte al mese.” Così la storica mensa di Madonna di Pompei ha trovato il modo per non venir meno al suo impegno verso i bisognosi in modo nuovo ma sempre con costanza e abnegazione.
La pagina più triste: niente funerali, solo la benedizione delle salme
“La cosa più triste è stata senz’altro quella di non poter celebrare i funerali e di stare vicino ai nostri fedeli quando venivano a mancare i loro cari – ha ricordato Don Ivan – per un mesetto abbiamo solo potuto benedire le salme al cimitero e fare delle messe on line per il defunto insieme ai familiari, poi piano piano abbiamo potuto celebrare i funerali con pochissime persone.” “Abbiamo cercato di sostenere i nostri parrocchiani nei delicati momenti di lutto familiare – ha aggiunto Padre Paolo – non potevamo sostenerli con la vicinanza fisica ma abbiamo cercato di far sentire la nostra vicinanza anche con una semplice telefonata, sono stati momenti molto dolorosi per la comunità intera costretta all’isolamento, ma abbiamo cercato di fare il possibile per confortarli.” Rivivere questa parentesi è forse la parte più dolorosa che ancora oggi si fatica a ricordare: “La comunità ha pagato un prezzo altissimo a causa del Covid, perché siamo stati privati del rapporto umano nei momenti più toccanti della nostra vita – ha aggiunto Don Rino Grillo della parrocchia Santa Maria di Porto Salvo – anche l’impossibilità di andare a trovare gli ammalati ci ha fatto riflettere, non potevamo portare loro l’Eucarestia, pregare con loro, sono stati momenti devastanti che ci hanno segnato nel profondo. Certo è che questa pandemia ci ha permesso di togliere il superfluo lasciando al centro delle nostre esistenze Gesù.”
La benedizione della città a Pasqua, poi quest’estate l’effige di San Vitaliano in tutti i quartieri
E toccanti per la comunità dei fedeli sono stati anche due momenti di intensa fede, una delle prime proprio a ridosso del lockdown di marzo 2020: “Le celebrazioni della Settimana Santa sono state fatte tutte via web – ha sottolineato Don Sergio Iacopetta del Duomo – il Vescovo ha presieduto la messa di Pasqua nella basilica dell’Immacolata con pochissimi presenti, ha poi benedetto la città sul sacrato della Basilica, è stato un momento emozionante che la settimana prima era stato preceduto dalla benedizione delle Palme che il Vescovo stesso si era procurato perché noi non potevamo uscire per andare alla ricerca dei ramoscelli.” E la città in quel momento si è sentita veramente abbracciata e benedetta grazie alle immagini trasmesse da Catanzaroinforma e alla toccante celebrazione, supportata da quella fede che ogni cittadino ha sempre profondamente custodito nel cuore: “Con l’allentamento delle restrizioni quest’estate è stato poi possibile condurre l’Effige di San Vitaliano in quasi tutte le vie della città per portare la sua benedizione. Da Nord a Sud, dal centro alle periferie il Santo patrono è stato salutato dai cittadini – ha proseguito Don Sergio – concludendo il suo viaggio benedicente nel quartiere Pistoia.”
Le prime riaperture, le chiusure a singhiozzo, una quasi normalità ritrovata, i cambiamenti profondi
Con l’abbassamento dei contagi la primavera 2020 è stata all’insegna delle riaperture. E della riorganizzazione degli spazi a disposizione: igienizzanti, percorsi in entrata ed in uscita, contingentamento, volontari, così i fedeli sono stati accolti nuovamente in chiesa. Nonostante le restrizioni c’è chi ha voluto benedire appena è stato possibile il suo sogno d’amore: “Ho celebrato quasi subito il matrimonio di due sposi che hanno voluto benedire la loro unione – ha ricordato Don Francesco – è stato bello ed emozionante, poi piano piano anche altri hanno deciso di unirsi in matrimonio.” E tra aperture graduali e qualche chiusura obbligata a causa dei contagi, la richiesta dei fedeli è quella di ritornare alla normalità a partire dal desiderio di celebrare i sacramenti e vivere le ricorrenze religiose con entusiasmo e condivisione: “Durante l’estate 2020 in occasione della festa di Santa Maria di Porto Salvo non abbiamo potuto fare la tradizionale parata in mare – ha ricordato Don Rino – già quest’anno con la clausola del distanziamento è stato possibile fare la processione in mare e poter tornare a pregare in insieme.
” Senz’altro, in questi due anni, ci sono stati dei cambiamenti profondi nel modo di vivere la fede e qualcuno si è perso per strada un po’ per paura del contagio, un po’ per le nuove abitudini venutesi a consolidare: “La partecipazione alle messe è crollata drasticamente soprattutto da parte delle giovani coppie e dei bambini – ha spiegato Padre Paolo – Se fosse stato necessario avremmo predisposto più messe oltre quelle già previste in più rispetto al periodo pre-covid, ma abbiamo constatato che durante le celebrazioni i banchi rimangono spesso vuoti.” Analoga riflessione quella di Don Gaetano: “Questo fenomeno emergenziale ha segnato irreversibilmente la metodologia dell’esercizio della fede dei nostri fedeli.
Tanti hanno quasi perso l’abitudine di partecipare personalmente alla liturgia e ai momenti di catechesi programmati in parrocchia. Vuoi per la paura ancora latente, del contagio, vuoi per una abitudine consolidata in soli due anni, molti preferisco seguire la liturgia da casa – ha concluso – Speriamo che con la stagione primaverile in arrivo, il desiderio di incontrarsi per condividere comunitariamente la nostra fede, aiutati da un clima più favorevole si possa vedere rifiorire nel cuore dei cristiani un rinnovato impegno di testimonianza.” E germogliare dopo l’inverno non sarà difficile, soprattutto quando sul territorio ci sono comunità parrocchiali che sono riuscite ad andare oltre i confini fisici, incoraggiando con la parola e con i fatti, con quei gesti e atti sinceri che sanno letteralmente prendere in braccio i propri fedeli e condurli alla vera vita, all’essenziale, all’amore che tutto può.
Covid e carceri: come sono cambiate le relazioni con l’esterno
di Daniela Amatruda
Il distanziamento fisico, volto al contenimento dei contagi, è diventato un imperativo assoluto durante i mesi più drammatici dell’emergenza sanitaria. Un fattore di stress psicofisico per tutti, reso ancora più esasperato all’interno delle carceri, in un contesto in cui il distanziamento è strutturalmente impossibile a causa delle condizioni di sovraffollamento di cui soffrono la maggior parte degli istituti penitenziari italiani.
A ciò si aggiunge che i detenuti si sono visti privare del diritto di ricevere le visite da parte dei propri cari in carcere. Ma non solo, inizialmente sono venute meno anche tutte le attività e le iniziative del mondo del volontariato.
Charlie Barnao, professore associato di sociologia all’Università Magna Graecia di Catanzaro, da circa un anno e mezzo insegna in presenza all’interno della Casa circondariale Ugo Caridi, nel quartiere Siano, a 26 detenuti, iscritti al corso di laurea. Di questi, due si sono già laureati con il massimo dei voti e molti stanno preparando la tesi. I corsi tenuti dal prof. Barnao riguardano sociologia della sopravvivenza e sociologia della devianza, materie che insegna sia all’interno dell’Ateneo che nel polo universitario all’interno del carcere. Grazie alla tecnologia è possibile anche una didattica mista, con gli studenti dell’Ateneo collegati in remoto con l’aula del carcere che ospita la lezione in presenza.
La tecnologia per i detenuti è stata un’ancora di salvezza per non perdere i contatti con il mondo esterno ed i propri familiari che, a causa del Covid, non potevano più recarsi in carcere. Come racconta il Prof. Barnao, il carcere di Siano, da sempre all’avanguardia, si è trovato già pronto all’utilizzo dei supporti digitali, dando sin da subito la possibilità ai propri ospiti di poter vedere, anche se attraverso lo schermo di un pc, le persone a loro care. Anzi, come spiega Barnao, i contatti sono aumentati attraverso questa metodologia: “Per chi già vive isolato – afferma – la mancanza di contatti con l’esterno è stato un dramma maggiore, ma nel tempo, grazie alla tecnologia, c’è stata una trasformazione molto interessante che sta dando benefici anche adesso, dopo la fine dell’emergenza”.
“Il carcere è talvolta il luogo più estremo dove studiare i cambiamenti – dice Charlie Barnao – ed in quest’ultimo anno e mezzo, anche se con uno sguardo parziale, ho avuto la possibilità di frequentarlo molto e di comprendere una serie di dinamiche proprio nel periodo della pandemia.
Diverse le fasi che hanno caratterizzato quel periodo: dalle proteste da parte dei detenuti ai violenti focolai che hanno causato anche dei morti, tra cui anche un nostro studente”.
“All’inizio, grazie alla dad, – conclude Barnao – siamo riusciti il più possibile a seguire i detenuti a distanza, poi ci siamo resi conto che per coloro che stavano preparando la tesi di laurea, in cui dovevano raccontare le proprie vicende personali, relative sia ai motivi che li hanno portati in carcere che alle loro sofferenze, era impossibile e quindi abbiamo ripreso le lezioni in presenza. Tornare in aula ha ridato loro la forza e la determinazione per continuare a studiare. Per loro lo studio rappresenta proprio una strategia di sopravvivenza, una soddisfazione personale, ma anche per i propri cari. In alcuni casi, proprio lo studio ed i temi trattati sono diventati argomento di confronto con i propri figli, attraverso cui è stato possibile riprendere un dialogo”.
Covid 2020-2022, il ricordo e il bilancio del sindaco Sergio Abramo
Sindaco Abramo, qual è stato l’impatto dell’emergenza covid sulla città di Catanzaro?
L’emergenza ha stravolto profondamente le famiglie catanzaresi da tanti punti vista, ci si è trovati ad affrontare una situazione che non aveva avuto precedenti nella storia delle ultime generazioni. Abbiamo dovuto organizzarci perché non eravamo preparati a questa pandemia dal punto di vista sanitario, psicologico, del sistema scolastico, del sostegno alle famiglie, ma anche sotto l’aspetto lavorativo perché il covid ha messo in ginocchio quel po’ di economia che c’era. Oltre agli aiuti nazionali, anche noi abbiamo cercato di sostenere le attività, ma non sono bastati a coprire le perdite subite. Le aziende stanno soffrendo anche perché è diminuito il potere di acquisto da parte delle famiglie. La pandemia ha lasciato il segno e continua lasciarlo. L’ondata sarà lunga ed avremo diverse vittime perché non ci sono stati solo i morti di coronavirus, ma anche di crisi economica.
Nel febbraio 2020, quando in Calabria non c’erano casi covid accertati, ma c’era massima allerta sulla diffusione del contagio, in una conferenza stampa lei paventò una crisi economica oltre a quella sanitaria.
Sì, perché so che le nostre aziende sono poco patrimonializzate e rischiano la loro stessa tenuta appena c’è un calo di fatturato perché siamo fuori dai circuiti e dai mercati internazionali rispetto alle aziende del nord, quindi subiamo di più questo effetto oscillante, in un contesto in cui il sistema bancario, che aggredisce le aziende, non aiuta.
Sono emerse subito le criticità del nostro sistema sanitario.
È venuto allo scoperto che il sistema sanitario non poteva sostenere una situazione del genere, perché non avevamo un’organizzazione tale da poter prevedere i posti letto che necessitavano in quel momento. Siamo riusciti però a tenere bassi i contagi. Ha avuto un ruolo importante anche l’informazione che davamo tutti i giorni, per tranquillizzare i cittadini e dare loro indicazioni sui comportamenti da tenere. Siamo stati ascoltati.
Si è discusso fin dai primi mesi della possibilità di utilizzare Villa Bianca come struttura sanitaria dedicata al covid.
Io sostenevo che sarebbe finito il covid prima di finire i lavori. Avevo proposto di realizzare una casa della salute, perché serviva ad alleggerire il pronto soccorso ed essere utilizzata con diverse funzioni in caso di necessità. Avevo visto lungo, anche se Spirlì disse sulla stampa che avrei dovuto fare il sindaco e non occuparmi di questioni sanitarie, come l’utilizzo di Villa Bianca.
Una delle principali difficoltà è stata quella relativa alla scuola.
C’è stato un periodo in cui quasi ogni giorno eravamo costretti ad emettere un’ordinanza di chiusura di una scuola o di alcune classi. Abbiamo lavorato notte e giorno monitorando i numeri dell’Asp. Per un anno ci siamo dedicati al covid e non nascondo che abbiamo ritardato la programmazione per un anno. Riusciremo però a recuperare il tempo perso senza perdere alcun finanziamento. Molto probabilmente alcune cose si concretizzeranno alla scadenza del mio mandato o poco dopo.
Un ruolo importantissimo per il successo della campagna vaccinale ha avuto la decisione di realizzare un hub nell’Ente fiera.
Quando partecipai alla riunione con la giunta regionale c’era l’idea di costruire una tensostruttura all’interno del campus universitario, perché dicevano che il centro covid doveva essere vicino all’ospedale per ogni necessità. Misi subito a disposizione l’ente fiera, struttura appena ultimata che non ho avuto la possibilità di inaugurare con un grande evento, come avrei voluto. Volle vederla il generale Figliuolo, incuriosito dal fatto che mi vide visibilmente alterato nei confronti di chi non prese in considerazione questa possibilità. Mi diede ragione e si convinse subito dell’idea. Io credo che che mi sia stato riconosciuto dai cittadini il grande impegno profuso durante questi due anni per aiutare la comunità ad uscire dalla pandemia cercando di non fare errori. Credo in parte di esserci riuscito, fermo restando che difficoltà ce ne sono state, e non tutto è andato per il meglio.
È partita la campagna elettorale, i cittadini dovranno scegliere il futuro sindaco.
Ho partecipato nelle scorse settimane, per conto di Coraggio Italia, alle riunioni per la presentazione delle liste e mi sono permesso di dire di fare un passo indietro sia ai politici che ai partiti, perché dopo questi due anni di pandemia e la crisi delle nostre aziende, dobbiamo avere la responsabilità di sfruttare al meglio le risorse del Pnrr. Dobbiamo stare attenti non solo a spendere le risorse, ma in che modo spenderle, con quale ritorno. Se non verranno usati bene questi fondi, la Calabria affonderà per sempre. I nostri laureati continuano a rimanere senza lavoro e con questa pandemia non possono neanche andare fuori regione per trovare occupazione. Sono convinto che la gente non andrà a votare se non vedrà coalizioni compatte che propongono un futuro migliore per la nostra terra.
L’augurio che faccio alla città è che ci sia una classe dirigente che proponga cose serie e non spot elettorali. Non serve a niente dire ‘io sono più bravo a fare il sindaco di quello che c’era prima’. Io lascerò in eredità oltre 400 milioni di euro di finanziamenti, ma a niente serviranno se non saremo capaci di dare risposte per il mondo del lavoro, che è quello che si aspetta la gente: avere opportunità lavorative per i propri figli, consentirgli di crearsi una famiglia senza dover andare fuori regione.
Per fare questo devi essere convincente, con un programma che preveda l’utilizzo dei fondi nazionali, ma che guardino a progetti di fattibilità. In questo momento non c’è una regia che sta programmando questi fondi. Abbiamo tecnici che ci potranno aiutare a partecipare a tutti i bandi, ma a noi serve una strategia, un nucleo forte di esperti al lavoro per programmare bene l’utilizzo di questi fondi. Ci vuole un lavoro di regia, non beghe tra destra e sinistra. Non dobbiamo perdere l’occasione di poter concentrare le risorse per capire come creare occupazione. Bisogna incentivare l’apertura di nuove imprese per ridurre l’acquisto fuori regione. Serve costruire un modello virtuoso. Abbiamo un presidente giovane che ha deciso di battersi per cambiare la Calabria e noi dobbiamo stare al suo fianco, al di là se abbiamo o meno ottenuto qualcosa a livello personale. Faccio un appello forte a tutta la classe dirigente, a tutti i partiti e a tutti i politici. Bisogna unirsi, basta con le polemiche, basta con le contrapposizioni. Se faremo questo, potremo dire di aver lavorato per il futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti.