Investire in borsa : 28 marzo 2017

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    Dopo il corposo rialzo messo a segno dal listino azionario nel mese di dicembre e l’inevitabile successiva fase di consolidamento e di riassorbimento degli eccessi avvenuta nei due mesi successivi, il nostro indice Ftsemib rompe al rialzo la barriera dei 19800 punti che in più occasioni si era dimostrata una resistenza difficile da superare. Nonostante la rottura sia avvenuta , secondo i migliori dettami dell’analisi tecnica, con un “gap rialzista” (segnale di apparente forza del mercato), le quotazioni non hanno finora mantenuto le aspettative rialziste e da qualche giorno danzano attorno ai 20000 punti. E’però anche vero che tra i 20000 ed i 21000 punti ci sono tante resistenze statiche (livelli che in passato il mercato ha già avvertito come supporti oppure come resistenze) che inevitabilmente condizionano un movimento rialzista lineare.

    Negli USA, il Dow Jones  ha fatto il primo marzo un massimo a 21169 punti trainato dalle aspettative sui proclami elettorali di Trump (sulla cui concreta realizzazione forse qualche dubbio sta venendo anche ai suoi più convinti sostenitori) e grazie anche alla politica di normalizzazione dei tassi di interesse operata dalla FED finora con estrema cautela. Riguardo al mercato azionario statunitense penso che durante le fasi di correzione bisogna porre estrema attenzione alla tenuta dei supporti chiave (il più vicino per ora mi sembra quello dei 19800 punti) perché il rischio che una semplice correzione del mercato azionario si trasformi in una discesa abbastanza corposa non lo vedo poi come una eventualità così remota e pensare che i listini europei in tal caso non vengano coinvolti negativamente mi sembra alquanto utopistico.

    Tra i fattori macroeconomici bisogna evidenziare le tensioni sul prezzo del petrolio , la materia prima più seguita dagli investitori ed in grado di condizionare col suo prezzo l’intera economia mondiale; mentre l’OPEC cerca di far risalire (o quantomeno di stabilizzare) le quotazioni, gli USA continuano a produrre il loro petrolio estratto grazie alla tecnica del  fracking (che prevede di pompare nelle rocce del sottosuolo  acqua e solventi  e che continua a destare preoccupazioni riguardo eventuali inquinamenti delle falde acquifere ). Considerato che neanche la Russia sembra voler appoggiare il taglio alla produzione auspicato dall’OPEC, una discesa del Wti sotto gli attuali  47 $ sembra ad oggi altamente probabile.

    Cambiando radicalmente discorso, rispondo ad un amico lettore che mi chiedeva un parere su un acquisto di ETF in alternativa ad un acquisto di Fondi Comuni  .  Premesso che la mia è una opinione personale e che non ci sarà mai un solo impiegato di banca che (almeno all’interno dell’istituto di credito) sarà d’accordo con me, cerco di chiarire alcuni concetti  (resi volutamente semplici a discapito di un poco di precisione) facilmente verificabili con una semplice ricerca su internet.

    –          Sia i Fondi che gli ETF sono un modo per entrare sul mercato finanziario acquistando un “paniere” di prodotti che ci consente così di diversificare il rischio evitando di acquistare un singolo prodotto.

    –          Mentre i Fondi devono essere necessariamente venduti da un intermediario (banca) che per il servizio che fornisce si farà pagare un costo, gli ETF posso essere acquistati e rivenduti direttamente dall’investitore sul mercato come se fossero delle azioni (a costi decisamente più bassi), anche più volte al giorno.

    –          Mentre i Fondi sono “gestiti” (ed il soggetto che li gestisce si fa pagare profumatamente anche in caso di cattiva gestione), gli ETF sono un semplice paniere che replica il mercato e su di essi non grava quasi alcun costo di gestione; faccio notare che seppur gestiti, i Fondi non riescono quasi mai a fare meglio del mercato di riferimento, anzi il più delle volte lo “sottoperformano”.

    –          Mentre un investitore non sa mai esattamente quello che il gestore di un Fondo compra e/o vende, l’esatta composizione di un ETF è stabilita nel momento della sua costituzione.

    –          Sia i Fondi che gli ETF sono dei patrimoni autonomi e distinti da quelli delle società che li gestiscono perciò sono parimente sicuri in caso di fallimento dell’ente gestore.

    Conclusione : trattandosi di prodotti a mio parere quasi speculari, la logica mi impone (qualora decidessi per quella tipologia di investimento sulla base della mia propensione al rischio) di optare senza alcun dubbio per gli ETF.

     

    Alessandro D’Elia  (trader professionista)

    Per info e chiarimenti : alexdelia@tiscali.it

    ALL’ATTENZIONE DEI LETTORI :

    Il sottoscritto dichiara che la presente rubrica ha uno scopo meramente informativo e non intende rappresentare in alcun modo una sollecitazione al pubblico risparmio.

     

     

     

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