Mgff, Marco Risi illumina il San Giovanni raccontando il cinema e la sua vita foto

Risi si era donato senza riserve ai presenti, il presentatore gli ha dato ancora più spazio con le domande del pubblico

Ancora una volta il Magna Graecia film festival e il suo patron Gianvito Casadonte hanno permesso alla città di Catanzaro di poter toccare con mano la storia del cinema italiano. Sì, perché quando l’ospite di un incontro al Complesso San Giovanni si chiama Marco Risi, è inevitabile parlare di quei personaggi che hanno reso grande, a vario titolo, il cinema italiano.

Classe 1951, è il figlio di uno dei massimi esponenti della commedia all’italiana, Dino Risi – su tutte basta citare “Il sorpasso” del 1962 – e sul suo rapporto col padre ha dedicato il suo primo libro “Forte respiro rapido. La mia vita con Dino Risi”. Ha preso spunto proprio da questo testo il giornalista Fabrizio Corallo per raccontare la carriera straordinaria di un bravo regista e sceneggiatore che però ha avuto la fortuna, non solo grazie al padre, di frequentare fin da subito personalità e personaggi che hanno lasciato il segno nel cinema italiano.
«Non tese mai a considerare noi figli più di tanto – ha ammesso -, fu con “Mery per sempre” (1989) che cambiò la sua opinione, e mi trattò alla pari», e ancora di più, con “L’ultimo capodanno” (1998), tratto da un libro di Niccolò Ammaniti, come ha raccontato in seguito. Su quest’ultima pellicola, infatti, Risi si è soffermato con un lungo racconto sulla sua genesi e distribuzione, con aneddoti vari che hanno pure divertito il pubblico presente al San Giovanni.
Tra una telefonata dell’avvocato, che gli riportava i saluti del regista e attore Giuliano Montaldo, e i tanti ricordi, non poteva non passare un suo personalissimo pensiero su Libero De Rienzo, recentemente scomparso. L’attore vestì i panni di Giancarlo Siani, il giornalista del Mattino ucciso dalla camorra, nel suo film “Fortàpasc” (2009).

IL RICORDO

«E’ difficile parlare di Libero – ha affermato -. Sul set aveva capito l’anima del personaggio, ovviamente se ne era parlato. Ma era lui». “Picchio”, lo chiamavano tutti, per via di una filastrocca che gli cantava il padre da bambino – «A me non piaceva chiamarlo così» -, ma a sua volta De Rienzo Risi lo chiamava “papino”. Quanto è importante questo film? Gli ha chiesto Corallo. «Neanche volevo farlo all’inizio. Partiva da un libro di Antonio Franchini – “L’abusivo”, ndr -, ma non c’era una vera e propria idea. Da una striscia di sceneggiatura mi resi conto che poteva avere sviluppi che funzionavano. Passarono anni, lo facemmo più tardi, nel 2008, ma uscì nel 2009, dopo “Gomorra”», e questo lo ha penalizzato, soprattutto nelle presentazioni ai vari festival.
La chiacchierata tra Risi e Corallo è continuata tra aneddoti e racconti fuori dall’ordinario, come quello con Maradona, prima della realizzazione di “Maradona – La mano de Dios”(2007), insieme a Gianni Minà, ed ancora le battute di Fiorello, e il suo personale ricordo di Vittorio Gassman, in uno dei suoi periodi bui. E poi ancora tanto spazio ai film, “Il Muro di gomma”(1991) su tutti – sulla strage di Ustica -, “Soldati. 365 giorni all’alba” (1987), “Ragazzi fuori”(1990), per citarne qualcuno.
Se già Risi si era donato senza riserve ai presenti, Corallo gli ha dato ancora più spazio con le domande del pubblico. Dalle curiosità sui film più o meno noti ai consigli per un giovane aspirante sceneggiatore, Risi si è concesso anche con riflessioni e suggerimenti azzeccati, senza risparmiarsi. A chi gli ha chiesto come è nata la passione per la regia, con un padre come Dino Risi, ha risposto semplicemente: «Forse proprio per un padre come quello. C’è sempre il conflitto con il padre, la cosa migliore sarebbe ucciderlo, ma non potendo farlo, uno cerca di superarlo in qualche modo, sullo stesso campo. Ma era molto, molto, molto difficile se non impossibile farlo. Forse quella è stata una spinta, non lo so. Mi sono sempre chiesto: se mio padre non fosse stato Dino Risi io avrei avuto lo stesso desiderio di fare cinema? E mi sono risposto, furbescamente, sempre sì».