L’amore per il teatro nel teatro di Catanzaro

Franco Cimino: "Non tutte le stagioni teatrali, e non sempre i singoli cartelloni, sono entusiasmanti.Io, però, me li faccio piacere tutti"

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di Franco Cimino

Io vado a teatro. Ci vado sempre. Ai due finora della Città. Sono fortunato per averli a due passi da casa( ci andavo anche quando abitavo a Marina o a Taverna). La qualcosa mi obbliga felicemente ad andarci a piedi, il mio mezzo di trasporto preferito. Ma quando c’è tempo brutto, come più volte è capitato in concomitanza di molte rappresentazioni, raggiungerli è parecchio disagevole. Tuttavia, non mi fermo. A teatro ci vado lo stesso.

Credo di essere mancato in tutti questi anni, e da uno dei primi abbonati al magnifico Politeama, solo alla fine della sua stagione del 2004. Gli amici ne conoscono il motivo. Io vado a teatro perché lo amo. Non ci vado da critico o studioso o competente. Ci vado per passione. E per rispetto. Per gratitudine. Come per i legami coniugali, specialmente quelli benedetti, il rapporto con il teatro si mantiene nel bene e nel male.

Non tutte le stagioni teatrali, e non sempre i singoli cartelloni, sono entusiasmanti. Parecchie volte capita che alcuni spettacoli, chiamiamoli genericamente così, piacciano davvero poco. Io, però, me li faccio piacere tutti. E non solo per il principio in me radicato secondo il quale, sempre, in ogni cosa come in ogni persona, c’è qualcosa di buono che basta ricercare. Ma per il fatto che il palcoscenico in sé raccoglie e rappresenta le fatiche dell’attore, le paure dell’uomo che calpesta quelle quattro tavole, la fantasia dello scrittore, la creatività del regista. Raccoglie e rappresenta il lavoro, sempre rischioso, faticoso e povero, di tanti lavoratori che stanno dietro le quinte (operai, tecnici, sarti , trucco e parrucco)e in fondo alla sala( tecnici delle luci e del suono).

E più indietro ancora o nel contesto, i direttori della struttura e il personale di sala e dell’accoglienza. Io vado a teatro perché amo la mia Città. E per questo mi piace moltissimo il teatro nella Città. Ci vado per gratitudine. Per il bene che esso procura, per la sensibilità che affina, per l’intelligenza che inquieta, per il cuore che emoziona, per la cultura che rafforza, per lo svago che offre, per la compagnia che regala, per le persone che fa incontrare, io gli sono infinitamente grato. Gli sono grato anche per le luci che tiene accese nelle sere delle rappresentazioni e in quelle precedenti. Sono luci belle. Che fanno bene a Catanzaro.

Le danno un tocco di colore e di calore. Come fosse una carezza. Fanno di più quelle luci, illuminano le strade della sicurezza dei cittadini e di eleganza si riflettono in quelle delle vetrine dei negozi, che fanno altrettanto, ricevendo purtroppo assai poco da noi. Io vado sempre a teatro e non mi importa se fa freddo o se piove, perché voglio anch’io fargli compagnia in quelle sere di stanca in cui, più che nelle normali occasioni, di gente ce ne va pochissima. Come questa sera al Comunale, che pure presentava, sotto l’egida di Ama Calabria del grandissimo Francesco Pollice, artista da, non di, Lamezia, che ama la nostra Città e generosamente la serve con programmazioni di alto valore artistico e culturale, un intenso monologo di Penelope. E lo fa da anni. Anche per ringraziare Catanzaro di avergli offerto ospitalità quando la bella città della Piana era rimasta senza teatri e cinema. Un’ospitalità, fatta di quell’apertura culturale e di quell’abbraccio fra Catanzaro e Lamezia Terme che la politica non è riuscita a realizzare ancora, nonostante l’obbligo che alle due realtà deriva dal rappresentare insieme la cerniera dell’unità territoriale della Calabria.

Questa ospitalità si è realizzata al Comunale del compianto Franco Proto, oggi, son già cinque anni, nelle mani creative e coraggiose di Francesco Passafaro e dei suoi compagni d’arte e di avventura imprenditoriale, che ne hanno fatto il vivace teatro al centro del Centro storico. Un teatro bello a vedersi anche. E ad entrarci pure con quel bel direttore, lo stesso Passafaro, l’artista, sempre in giacca e cravatta in quegli abiti semplici non firmati, che trovi all’ingresso per salutarti e all’uscita per ringraziarti di esserci stato.

E quegli altri attori della compagnia, con la regina fra tutte, la signora Condello, che, insieme alla “ laica” attivissima Carmen, si distribuiscono i compiti del ricevimento, quando a stare sul palco sono compagnie diverse da quella del Teatro Incanto. Io a teatro ci vado sempre. Anche in una serata terribile di vento fortissimo come questa, con le strade deserte e le serrande chiuse, parimenti le finestre delle case. Ci sono andato per fargli compagnia nel timore che il teatro restasse solo.

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