Comune, sì della Cassazione ad incarichi gratuiti

La Cassazione, infatti, ha ribadito la libertà, nei rapporti tra privati o con il pubblico, degli Ingegneri e Architetti, ma si può ritenere in generale di tutti i liberi professionisti, di concordare liberamente compensi professionali senza vincolo di conformità ai   cosiddetti minimi tariffari

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    di Giuseppe Lonetti

    “La recentissima sentenza della Cassazione Civile n. 14293/2018 ha di fatto confermato la  propria consolidata e ultraventennale giurisprudenza fornendo al tempo stesso validi argomenti a sostegno della sentenza n. 4614/2017 del Consiglio di Stato sulla questione dell’incarico gratuito per la redazione del PSC affidato dal Comune di Catanzaro, efficacemente difeso dall’avv. Valerio Zimatore. La Cassazione, infatti, ha ribadito la libertà, nei rapporti tra privati o con il pubblico, degli Ingegneri e Architetti, ma si può ritenere in generale di tutti i liberi professionisti, di concordare liberamente compensi professionali senza vincolo di conformità ai   cosiddetti minimi tariffari. Precipitato della ri-riconosciuta libera determinazione è che il professionista può liberamente scegliere, in perfetta armonia con i principi di libertà e concorrenza, di azzerare il proprio compenso, di lavorare gratuitamente,  anche al termine di una valutazione di convenienza del ritorno a proprio vantaggio di profili “economici” diversi dal corrispettivo in denaro e collegati al miglioramento della propria immagine professionale.

    La predetta sentenza costituisce, a mio parere, un ulteriore argomento a sostegno della tesi per cui le modifiche normative introdotte dal decreto correttivo al d.lgs. 50/2016, che vieterebbero alla pubblica amministrazione di conferire incarichi professionali per un costo ridotto rispetto al decreto parametri (DM 17 giugno 2017), non possono incidere sulla portata generale della sentenza del Consiglio di Stato, anche in considerazione del grande beneficio che ne deriva per l’Amministrazione pubblica. Inoltre, è evidente che tali norme siano state adottate per motivi politici e pre-elettorali senza tenere in alcun conto, con grande carenza di legittimità, il palese contrasto con l’obbligo di verifica dell’invarianza finanziaria. E’ auspicabile che tali previsioni siano oggetto di immediate verifiche da parte del nuovo Governo, soprattutto non appena verrà accertato che hanno già determinato un aumento della spesa pubblica, in violazione della Spending review, e che, tra l’altro, hanno inciso, incidono e incideranno economicamente sul bilancio dello Stato in misura notevole, forse ancora di più dei vitalizi.

    Sono norme che saranno, o magari lo sono già, oggetto di attenzione della Commissione Europea come del resto  può facilmente intuirsi dal parere reso dall’AGCM (Antitrust)( http://www.agcm.it/component/joomdoc/allegati-news/AS1452.pdf/download.html )  che ha chiarito la totale incoerenza delle predette norme coi principi dell’Unione Europea in termini di libertà di mercato e concorrenzialità, cui peraltro devono attenersi i procedimenti di affidamento pubblico di incarichi professionali per la realizzazione di opere pubbliche.

    A mio parere l’equo compenso è quello determinato correttamente in un mercato libero e concorrenziale e non certamente dai minimi tariffari che, come è scritto nella sentenza della Cassazione Civile, sono “precetti non riferibili ad un interesse generale, cioè dell’intera collettività, ma solo ad un interesse della categoria professionale”.

    La certezza che il riuso dei minimi tariffari, per come chiarito dall’Antitrust, camuffati dal termine di equo compenso provochi uno stratosferico danno alla spesa pubblica è già documentabile dagli effetti causati dalla vigente applicazione del Decreto Parametri ( vedi numerosi articoli usciti su Lavori Pubblici .it e Edilportale.it in cui si evideniza di fatto l’aumento dei corrispettivi professionali e di conseguenza la grave incidenza sulla spesa pubblica).

    Trovo non adeguato al proprio ruolo istituzionale che gli Ordini Professionali si preoccupino esclusivamente dei compensi invece di cercare di incidere sulla corretta gestione urbanistica, per esempio  facendo riferimento al corretto utilizzo degli standard urbanistici (essenziali per la qualità urbana) e quindi sul profilo giuridico-urbanistico del permesso di costruire e della lottizzazione.​ 
    Così come non trovo adeguato che l’ANAC non abbia ritenuto di intervenire, in seguito alla sentenza del Consiglio di Stato sugli incarichi gratuiti, e attivarsi per chiarire le regole e modalità per le procedure di affidamento degli incarichi gratuiti dando trasparenza ad una procedura finalizzata a contenere l’uso smodato della spesa pubblica.

    Nonostante il tristemente noto sistema di condizionamento che, purtroppo, inficia la pubblica amministrazione e malgrado le offese e intimidazioni che personalmente ho ricevuto dagli Ordini professionali, ho ritenuto giusto, legittimo, responsabile e coerente con il mio ruolo di professionista e dipendente della pubblica amministrazione agire per perseguire, prima di tutto, l’interesse pubblico alla corretta gestione del territorio e, insieme, un beneficio economico per l’amministrazione comunale e la collettività territoriale.

    Come già detto in un precedente intervento rivolto al mio Presidente Nazionale degli Architetti, l’Italia è parte dell’Unione Europea con tutto ciò che ne deriva in termini di controllo finanziario e di bilancio e di mercato libero e concorrenziale. E’ necessario abbandonare definitivamente l’idea di una Pubblica Amministrazione quale incontrollato bancomat e cogliere nel ricorso al mercato libero e concorrenziale un’opportunità di risparmio per le casse dello stato che però non significa atteggiamento contrario alle esigenze dei liberi professionisti. Il compenso professionale equo non può che essere uguale sia quando riguarda gli incarichi professionali tra privati che quando riguarda gli incarichi verso la pubblica amministrazione. Non ha alcun senso sostenere che la stessa prestazione professionale se prestata a un privato abbia un prezzo e se prestata all’Amministrazione Pubblica ne abbia un altro (improvvisamente raddoppiato o triplicato), perciò se, come ribadito dalla Cassazione, i cd. minimi tariffari sono liberamente derogabili dalle parti, devono esserlo tanto nella contrattazione tra privati che con la parte pubblica.

    È bene che tutte le autorità istituzionali competenti (Governo, Corte dei Conti, Consiglio di Stato, ACGM, ANAC e gli stessi Ordini Professionali) concertino una definitiva direttiva e che, soprattutto, si chiarisca il ruolo giuridico-istituzionale degli Ordini Professionali al momento oscillante tra il ruolo di ente pubblico non economico e il ruolo di sindacato di categoria, funzioni, palesemente, incompatibili tra loro”.

     

     

       Architetto dirigente del comune di Catanzaro

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