L’arte sposta i confini, a Scolacium danzano moderni Figaro foto

L'adattamento di Monica Casadei del rossiniano Barbiere di Siviglia, modernizza il personaggio dell'opera buffa più conosciuta al mondo

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    di Giulia Zampina

    Fino a che punto si può spingere la sperimentazione nell’arte quando si hanno tra le mani i classici ? Forse con c‘è un limite o un confine. E’ più probabile che si debba essere equilibristi sospesi tra la necessità di non proporre altro da ciò che è la base di partenza e la voglia di mettere la propria firma su un qualcosa di già consegnato all’eternità. Di certo non si può negare che IL barbiere di Siviglia adattato ad avveniristico “balletto d’azione”  da Monica Casadei, sia stata un’operazione quanto meno coraggiosa. Posto che già all’origine l’opera nella rossiniana versione nasce come una sorta di riadattamento dell’opera di Pierre Beaumarchais e successivamente di quella di Giovanni Paisiello e che proprio nella prima serata, andata in scena nel 1816, fu soffocata da un mare di proteste.

     L’opera buffa di  Rossini si presta dunque più di altre ad eclettici  adattamenti. Ma nei 150 dalla morte del compositore pesarese, Monica Caadei e la Artemis danza fanno di più. In un’ora di spettacolo, andato in scena ieri al Parco Scolacium nell’ambito del cartellone di Arminie d’arte festival, diretto da Chiara Giordano, Il barbiere di Siviglia diventa  una contaminazione di linguaggi Nella lettura di Monica Casadei Figaro è il prototipo dell’uomo di successo nel mondo di oggi. Inguainato in rigorosi abiti manageriali, l’eroe rossiniano diventa l’emblema di chi riesce a soddisfare con efficacia, vivacità e savoir faire le aspettative di una società che impone ogni giorno di raggiungere i propri obiettivi ottimizzando tempi ed energie. Il  personaggio di Figaro si moltiplica nei corpi dell’intera compagnia, dove, senza distinzioni tra ballerini e ballerine, tecnicamente perfetti nell’esecuzione, gli interpreti agiscono con determinazione ed  energia. 

    I resti del Parco Scolacium sullo sfondo diventano un castello ricco di ricordi e suggestioni, tra passato e presente, eterno e scattante, magico e accattivante. Il pezzo finale, certamente l’aria più nota di tutta l’opera, è incalzante e ricco, emozionante e coinvolgente, offrendo spunti appassionanti non solo per la bravura degli interpreti, ma, soprattutto, per l’intensità che sanno trasmettere.

    Forse alla domanda iniziale non c’è una risposta, probabilmente perché l’arte davvero non ammette limiti e confini.

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