Borgia, violenza sulle donne: ‘Rompiamo il muro del silenzio’

Molto partecipata l'iniziativa organizzata dal Comune guidato dal sindaco Elisabeth Sacco 

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    Per non dimenticare. E non considerare normale che ogni 72 ore una donna muore per quell’amore sbagliato che ha trasformato l’uomo che le viveva accanto, o che lei non voleva più vicino, in un assassino. Anche l’Amministrazione comunale di Borgia, guidata dal sindaco Elisabeth Sacco ha voluto aderire alla ricorrenza indetta dall’Onu il 25 novembre per sensibilizzare su un fenomeno preoccupante tutt’altro che sradicato anche nelle società più moderne ed emancipate, con una manifestazione realizzata con la collaborazione di Associazione MO.I.CA.; Associazione di Volontariato – Centro di Ascolto “Stella del Mare”; Associazione culturale “I Vecchi Giovani”; Fondazione Pistoletto – Cittadellarte/Terzo Paradiso; Comitato Pari Opportunità – Consiglio ordine distrettuale Avvocati Catanzaro (l’evento infatti è in via di accreditamento dal Consiglio dell’ordine degli avvocati).

    Ad aprire i lavori, moderati dalla giornalista Stefania Abbruzzo, nel salone parrocchiale della Chiesa Santa Maria della Roccella – messa a disposizione dal parroco don Raffaele – dopo l’intermezzo teatrale a cura dell’Associazione culturale “I Vecchi Giovani” (diretta da Maurizio Gemelli) il presidente regionale Gruppo MOICA, Giusy Pino. “La nostra associazione è un grande movimento radicato su tutto il territorio nazionale. La violenza di genere tra tutte le tematiche trattate è quella che negli ultimi tempi ci sta più a cuore – spiega la presidente Pino -. Su più fronti, stiamo cercando, attraverso campagne di sensibilizzazione e una sempre più attenzione legislativa a far uscire le donne dal silenzio della violenza. Una grande fatica, perché se da una parte vi è un aumento delle denunce, dall’altra una donna su tre, tra i 16 e i 70 anni, nel corso della propria vita ha subito qualche forma di violenza fisica. E sembra che la violenza sociale non sia turbata”. E’ necessario quindi rompere il silenzio e andare oltre il muro di dolore.

    Il sindaco Elisabeth Sacco ha ripreso un recente intervento dell’ex ministro dell’Interno, Marco Minniti, che ha registrato la diminuzione di vari reati, tranne che la violenza sulle donne. “Questo ci dice che la nostra è una società civile poco evoluta. Non solo aumentano questi reati ma diminuisce invece la denuncia, quindi non solo non progrediamo ma regrediamo – afferma ancora il sindaco Sacco -. Sembra che le istituzioni ad un certo punto abbandonino chi chiede aiuto, che si ritrovano a combattere indifferenza e solitudine. La donna ha bisogno di non sentirsi sola: non mancano le leggi, il problema è l’applicazione delle leggi. Quando la violenza si ripete colpevoli siamo anche noi che non facciamo nulla per evitarlo”.

    Unanime la convinzione che in una società che si possa definire davvero civile non serve una giornata dedicata per contrastare la violenza sulle donne. La presidente del Centro Calabrese di solidarietà, Isa Mantelli, ama definirsi “una donna che sta dalla parte delle donne”. Il CCS nasce per sostenere e “recuperare” tossicodipendenti, ma “studiando i nostri pazienti, abbiamo potuto verificare che spesso le donne erano state vittima di violenza, da qui è nato il desiderio di capire cosa potevamo fare per sostenere in maniera specifica e qualificata e siamo arrivati alla Casa rifugio e ai centri antiviolenza, che restano due cose distinte – ricorda ancora Isa Mantelli – Abbiamo imparato sulla nostra pelle che tanto nel mondo delle professioni quanto nella politica, e in tutti i settori, alle donne viene chiesto sempre di essere brave, di essere le più brave”. Ma nel corso del tempo le donne hanno imparato a dire di “no” ai soprusi, alla prepotenza, all’arroganza maschile. “E questo – rimarca ancora la presidente del CCS – ci ha portato a scoprire che se c’è una cosa frustrante per il maschio è ricevere un no come risposta. Questo porta direttamente al femminicidio”. Isa Mantelli stimola il dibattito richiamando “la lentezza della magistratura” parlando degli interventi da canalizzare per affrontare il tema della questione assistita, e di come sia ormai indispensabile ‘allargare’ le case rifugio, dove le donne vittime di violenza arrivano con il loro carico di paura e preoccupazione perché hanno al seguito anni di soprusi e soprattutto figli da difendere. Si parla anche dell’intenzione del Parlamento di avviare l’iter legislativo per l’istituzione del Codice rosso, che – secondo Isa Mantelli – sarebbe utile se fosse strutturato come in Inghilterra, vale a dire diventa sinonimo di magistratura dedicata al tipo di reato che implica violenza sulle fasce deboli, prima di tutto sulle donne: “Si aiutano le donne costruendo una società che si accorge della fragilità e le fortifica”.

    Chiamata in causa nella sua veste di Pubblico ministero della Procura della Repubblica di Catanzaro, Stefania Paparazzo che al suo arrivo nel capoluogo, nel 2015, si è occupata di reati contro le fasce deboli, registrando che su 1500 fascicoli oltre 500 erano reati contro le fasce deboli, 250 fascicoli nell’ultimo anno e 500 per violenza domestica e stalking. “Le denunce sono cresciute, abbiamo gli strumenti per intervenire, il processo penale è anche preventivo e protettivo nei confronti delle donne – ha ribadito la dottoressa Paparazzo -. La tutela della donna non è competenza magistratura si devono attivare servizi sociali, le associazioni. La magistratura fa il suo dovere e in maniera celere, la procura ha emanato direttive alla polizia giudiziaria per accelerare la trattazione do notizie di reato relative alle violenze contro fasce deboli. Non lentezza ma oculatezza, nel caso di querele che devono essere approfondite. Se continuiamo a dire che nulla cambia, partiamo sconfitti: prima dobbiamo sensibilizzare a non subire e quindi eventualmente a denunciare”.

    Secondo il professor Toti Licata, criminologo e docente universitario alla “Bicocca”di Milano “non bisogna parlare solo della donna ma del sistema educativo familiare che genera la vittima e il reo”. Secondo il professor Licata c’è un sistema di corresponsabilità che genera la vittima. “Da una parte c’è il femminicidio dall’altro lo stalking, oltre all’aspetto legislativo c’è quello del riconoscimento atti persecutori”. Reo, vittima, gruppo e contesto: questa la cornice in cui inquadrare il fenomeno. “Non bisogna mai minimizzare i fattori che determinano l’escalation di violenza, è pericoloso. Così come è necessario individuare a livello umano e psicologico la predisposizione vittimogina che può favorire sistema psicofisico della vittima che l’altro riconosce”, spiega ancora Licata approfondendo poi la classificazione dello stalker e soffermandosi sulla possibilità che la fenomenologia possa essere debellata attraverso una strategia di professionisti. “Lo Stalking si può prevenire – dice ancora – questo significa riconoscere, prevenire dall’interno e dall’esterno, e per questo è fondamentale sempre e comunque ascoltare”.

    “La legislazione nel settore è migliorata. Non dimentichiamo che fino a venti anni fa lo stupro era un reato contro la morale e non contro la persona – ha aggiunto la consigliera di parità della Provincia di Catanzaro, l’avvocato Elena Morano Cinque –. Purtroppo i casi continuano, ma il fatto che le istituzioni non riescano ad essere incisive non significa che ci troviamo davanti ad una magistratura insensibile”. Ricordando il protocollo d’intesa per il Percorso Rosa nei Pronto soccorso istituito nella provincia di Catanzaro, Elena Morano Cinque ritorna sull’importanza della “capacità di fare rete”. “Tornando al profilo legislativo, segnalo l’attenzione della Procura ma quello che secondo me è un vulnus – dice ancora – è l’efficacia della misura cautelare: molto spesso i magistrati hanno le mani legate, e questo non dipende dalla insensibilità del magistrato. Lo stalking spesso precede l’omicidio serve un cambiamento radicale dell’approccio della donna alla separazione”.

    L’avvocato Michele Varcasia, componente Ami (avvocati matrimonialisti d’Italia) suggerisce la necessità di “far prendere coscienza alle donne l’esistenza di un approccio alla violenza dei due generi. Certe volte è difficile uscire dalla relazione ‘malata’. Gli uomini hanno sempre utilizzato la violenza per supremazia: la gelosia, il controllo, sono tutti elementi che possono rimanere nella normalità, ma in molti casi diventano un approccio patologico e quindi violenza che può non solo fisica. Le donne oggi sono sottoposte anche a violenza sociale – dice ancora Varcasia – significa essere abbandonate dalle istituzioni, non ci sono le politiche della famiglia, soprattutto nel momento della separazione”. A portare il proprio saluto prima delle conclusioni affidate a Sergio Tavernise che è intervenuto in rappresentanza della presidente dell’associazione “Stella del Mare”, Stefania Mandaliti, la presidente del CPO del Consiglio dell’ordine degli Avvocati, Gioconda Soluri, e Giovanna Costanzo, ambasciatrice di Terzo Paradiso “la Fondazione Pistoletto che si occupa anche di arte nel sociale, quindi vede un coinvolgimento problematiche del territorio”. L’avvocato Soluri, che ha portato anche i saluti del presidente dell’Ordine degli avvocati, Giuseppe Iannello, suggerisce che rapporto delle donne con le forze dell’ordine in caso di denuncia ci sia maggiore presenza di figure femminili, ribadendo dell’approccio all’ascolto anche attraverso uno sportello. Tavernise ha illustrato l’importante attività dell’associazione “Stella del Mare” al servizio delle fasce deboli sette giorni su sette, festività comprese dalle 8 alle 22 con esperti a disposizione, per “ascoltare disagio sociale e trasformarlo, traendo dalla sofferenza una opportunità di riscatto”.

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