Morte durante slalom auto in città, condannato uomo a 2 anni e 8 mesi

Accolte in parte le argomentazioni difensive degli avvocati Gregorio Casalenuovo e Giuseppe Risadelli del Foro di Catanzaro

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    Si è tenuta oggi l’Udienza preliminare a carico di Rosario Abbruzzo, imputato per il nuovo reato di omicidio stradale. In particolare, all’uomo, difeso dagli avvocati Gregorio Casalenuovo e Giuseppe Risadelli del Foro di Catanzaro, è stato contestato, in occasione della manifestazione sportiva automobilistica denominata “4° Slalom Città di Catanzaro Trofeo d’Inverno”, svoltasi a Catanzaro l’11 dicembre 2016, da Viale dei Bizantini a Viale dei Normanni, di aver gareggiato in velocità con altri autoveicoli, prendendo parte ad una sfilata dimostrativa pre-gara, e di aver cagionato la morte di Giuseppe Chiarella e le lesioni personali lievi di Daniela Filippis.

    All’imputato – rendono noto gli avvocati ‘è stato altresì contestato, al capo c) della rubrica, il delitto di cui all’art. 113, 40, comma 2, 589 bis c.p. in quanto, in concorso con R.E. (che ha scelto il rito ordinario), in cooperazione colposa tra loro, in qualità di conducente dell’autovettura Peugeot 106  in occasione della manifestazione sportiva automobilistica denominata “4° Slalom Città di Catanzaro Trofeo d’Inverno”, svoltasi in Catanzaro in data 11.12.2016, da Viale dei Bizantini a Viale dei Normanni, con colpa generica e specifica derivante dalla violazione delle norme poste a disciplina della circolazione stradale, cagionava la morte di Giuseppe Chiarella nonché le lesioni personali lievi di Daniela Filippis. A fronte di tali contestazioni, i difensore del sig. Abbruzzo hanno optato per il rito alternativo del Giudizio abbreviato condizionato. All’udienza di discussione il Pubblico Ministero ha chiesto la condanna ad anni 3 e mesi 8 di reclusione; la parte civile, rappresentata e difesa dall’Avv. Gregorio Viscomi, ha invece richiesto la condanna dell’imputato ed il risarcimento di tutti i danni cagionati dalla sue condotte delittuose. I difensori dell’imputato, anche appellandosi al principio di specialità previsto dall’art. 15 c.p., hanno invece chiesto l’assoluzione piena del proprio assistito ovvero l’applicazione della sola norma dotata del carattere di specialità rispetto a quella generale. Il Giudice dell’Udienza Preliminare, Paola Ciriaco, all’esito della camera di consiglio, accogliendo in parte le argomentazioni difensive, ha emesso sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste per il capo a) della rubrica, ossia l’art. 9 ter, comma 2, D.Lgs. 285/1992, e sentenza di condanna per il capo c) della rubrica, art. 589 bis c.p., applicando la pena finale di anni 2 e mesi 8 di reclusione’.

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