Il Catanzaro è un’emozione, catanzaresi svegliatevi

La squadra merita uno stadio pieno e una crescita culturale sulla sconfitta. Per fede, passione, tifo e amore Catanzaro non ha rivali

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    di Gianluigi Mardente

    “Quando la sera torno a casa, Catanzaro mi sembra Parigi, Roma, New York”. Lo diceva O’ Rey, all’anagrafe Massimo Palanca ma nel cuore semplicemente Massimè, nella storia per sempre l’ Imperatore della ovest. Seduti nella tribuna stampa del Granillo, in un pomeriggio di febbraio di questi tempi moderni, voltarsi verso il settore ospiti era un’emozione troppo forte. Fortissima. Roboante. Guardavi quella curva e Catanzaro sembrava Roma, Parigi, New York. Pazzamente innamorati, i mille cantavano col cuore in gola e sopperivano ad una grande tifoseria reggina che portava dietro 11mila supporter scatenati. “Noi siamo il Catanzaro” ti entra dentro, ti sfonda le coronarie e sposta le nuvole: è talmente forte che porta il vento nella calda città dello stretto. Lo scopriranno tutti e anche subito: siamo catanzaresi, pazzamente innamorati di una fede. L’orgoglio di essere rappresentati da quella gente che canta col cuore è stato infinito perché è testimonianza di un senso di appartenenza che si tramanda da padre in figlio. Il giallorosso ha dipinto ancora il cielo di una città distante. In campo? E’ una lezione di calcio impartita da una squadra che gioca a memoria grazie al profeta don Tano che ha fatto la sua scelta di vita: insegna calcio. I ragazzi combattono, giocano, segnano e onorano la maglia. Catanzaro sembra Roma, Parigi, New York. La manifesta superiorità è commovente e i colleghi giornalisti di Reggio Calabria (sincero ringraziamento per la vostra infinita professionalità ed educazione, ndr) sono allibiti “davanti al miglior gioco della categoria. Mamma mia, come gioca il Catanzaro, siete uno spettacolo”. Un abbraccio, due, poi tre e anche 4. Sembra una partita alla play station, ma invece è tutto vero e i brividi dietro la schiena ne sono la prova. Quei mille matti cantano fino a farti piangere e i giocatori non mollano mai, corrono dietro ad ogni palla fino a rompersi. Catanzaro, dentro e fuori, sembra Parigi, Roma, New York. In fondo alla tribuna c’è il nuovo presidente della Reggina accompagnato dalle guardie del corpo e dai politici della città metropolitana; al nostro fianco c’è Floriano Noto seduto insieme a suo figlio Piero con la sciarpa giallorossa al collo che li stringe in amore (in foto). Un esponente della società reggina gli starà sempre vicino con rispetto, ospitalità, grandissima accoglienza. Forse qui lo stile si mischia tra il presidente del Catanzaro e la brava gente di Reggio che sale a stringergli la mano perché tanto lui bodyguard al fianco non ne ha. Catanzaro sembra Roma, Parigi, New York. Ma attenzione, non siamo sempre perfetti e c’è sempre da imparare con oneste ed oggettive valutazioni.

    LA CULTURA DEL TIFO: Ok, ci siamo detti tutto quelli che di bello abbiamo. Ma cari catanzaresi vogliamo crescere si o no? E allora, guardiamo anche ai nostri limiti. La partita? E’ finita dopo 30 minuti sul campo, forse anche meno. Diranno e vorrebbero far credere che il ritorno amaranto è stato per questioni tattiche o mentali. Può essere. Ma credeteci, è stato sicuramente per questioni ambientali. Ieri i reggini ci hanno insegnato qualcosa. Stavano sotto 4 a 0 in un derby, letteralmente umiliati. Nessuno ha fischiato , fatto polemica, insultato i giocatori. Nossignore. Hanno continuato a cantare, incitare, crederci e onorare la loro maglia. Diciamocelo francamente: a parti invertite non sarebbe accaduto. A parti invertite avrebbero cantato solo gli ultras mentre la gran parte dello stadio si sarebbe divertito a dire “eu non vegnu cchiu, si vindiru a partita”. Saremo sicuramente attaccati e sbeffeggiati per queste parole, ma intendiamo scriverle. Per fede, stile, passione e amore Catanzaro non ha rivali. Ma la cultura sportiva manca ancora ad una buona parte della tifoseria. E’ facile cantare e gioire quando le cose vanno bene, ma è nel momento di difficoltà che si ama la propria squadra e non si fa sentire il distacco. E allora svegliatevi, catanzaresi tutti. Svegliatevi. Ieri la Reggina ha preso 4 pappine ma i tifosi hanno preteso che la squadra andasse sotto la curva per far festa, perché se vuoi essere un vincente devi imparare ad accettare le sconfitte. Noi, in questo, non siamo ancora i migliori. Forti si, ma non i migliori. Molti catanzaresi battono le mani e incitano la squadra sempre, sempre, sempre. Molti, ma non tutti. Basti pensare che ieri qualcuno, dopo un derby entusiasmante e una vittoria che vale 4, criticava per i 3 gol presi nel secondo tempo…frutto proprio dei tifosi amaranto. E allora svegliatevi. Non è possibile affidarsi sempre agli stessi 4-5mila per riempire gli stadi in trasferta e rimpinguare le gradinate del Ceravolo. No, non è possibile. Catanzaro ha la squadra che offre lo spettacolo più bello della Serie C e non solo. E allora alzate il sederino dal divano e pagate il biglietto, venite allo stadio. Ieri erano in 11mila per vedere la loro squadra stare in mezzo al nostro torello: 11mila, sempre a cantare. Questa società, questo stregone di allenatore e questi ragazzi terribili meritano di vedere i catanzaresi che hanno fatto di Palanca il loro figlio e ora il nostro nonno. Loro, come lui, dovranno dire: “Catanzaro sembra Roma, Parigi, New York”. Ora basta, svegliatevi e prendete d’assalto quei benedetti botteghini. Credeteci, il Catanzaro è un’emozione. Ma forte, fantasticamente forte. E lo senti dentro, fino a tremare.

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