Pap:’Comune celebra Foibe e fa distinguo su 25 aprile’

La nota di Potere al Popolo Catanzaro

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    Riceviamo e pubblichiamo

    Proprio pochi giorni orsono ricorreva il settantesimo anniversario della pubblicazione di “1984”, il celebre romanzo di George Orwell che prefigurava un futuro distopico in cui a governare sui cittadini, costantemente spiati da telecamere, era posto il Grande Fratello e tra i vari enti che si suddividevano il potere spiccava il “ministero della verità” adibito a riscrivere (revisionare) la storia in modo da controllare il presente e indirizzare il futuro. Posto che il Grande Fratello odierno (con tanto di telecamere in ogni dove) si manifesta con una cultura diametralmente opposta a quello prefigurato da Orwell, quello che invece sembra tragicamente collimare è questa esigenza di riscrivere la storia dall’alto, senza il benché minimo riguardo e rispetto per le norme storiografiche, ma semplicemente per esaudire delle esigenze politiche della classe dirigente odierna. Con ogni probabilità, il caso più emblematico di questo fenomeno nel nostro paese, che assume il nome di revisionismo storico e che si è assunto il compito di sostituire una memoria di parte alla storia e riscrivere quest’ultima edulcorandola dalle sue pagine più scomode e controverse, eliminando ogni riferimento ai movimenti di massa e riabilitando le pagine più nefaste della nostra storia nazionale, è rappresentato proprio dalle foibe, di cui domenica ci sarà la celebrazione. Nel corso degli ultimi quindici anni, abbiamo assistito da un lato a una riscrittura della storia a colpi di disegni di leggi, in cui la verità (di parte) veniva messa sotto tutela da un’intera classe politica nazionale e dalle sue tristi emanazioni locali, gente che con ogni probabilità non ha mai consultato una fonte d’archivio e i manuali di storia li ha visti solo su Amazon.it. Abbiamo visto siparietti tristi come le puntate speciali di “Porta a Porta” in cui gli stessi ospiti autorevoli invitati da Bruno Vespa, smentivano le tesi preconfezionate ripetute a memoria dal conduttore che provava a fare passare le foto di partigiani jugoslavi davanti al plotone d’esecuzione per italiani infoibati; ci è toccato assistere alla presa di parola sull’argomento di cantanti, perché per qualche anno quello delle foibe era l’argomento più glamour del mainstream italiano; ministri che facevano a gara a sparare la cifra più alta di infoibati, senza minimamente preoccuparsi di avere aderenza alla verità storica riconosciuta in modo accademico (che, detto per inciso, non ha avuto nessuna particolare innovazione negli ultimi trent’anni per poter tracciare un nuovo paradigma storico). Abbiamo addirittura dovuto assistere alla creazione di albi di negazionisti, in cui venivano segnalati gli storici che non si allineavano alla vulgata ufficiale, un vero schiaffo alla ricerca storiografica e alla cultura (ma visto il rapporto che hanno i soggetti che lo hanno proposto sia con la storia che con la cultura, purtroppo questo non ci meraviglia più di tanto) oltre uno scollamento tra la verità politica e quella storica che ha fatto anche irridere la storiografia italiana da parte del mondo accademico di altri paesi. Dall’altro, e questo è ancora peggio, abbiamo assistito allo sdoganamento dei fascisti che proprio sfruttando il caso delle foibe hanno acquisito visibilità e spazi senza nemmeno dover ri-aggiornare i leit motiv che sostenevano già durante la seconda guerra mondiale anzi riproponendo tutto l’armamentario ideologico che già allora era della RSI, a dimostrazione, di come si sia decisamente spostato a destra lo spettro della discussione politica e culturale in Italia, in cui anche un partito apparentemente di centrosinistra, in nome della memoria pacificata ha svenduto tutto il patrimonio storico della Resistenza e a distanza di pochi anni i risultati (in chiave elettorali e di credibilità) sono sotto gli occhi di tutti. Pertanto non ci meravigliamo se al giorno d’oggi, anche nella nostra città, vediamo dei suoi eletti in comune sposare acriticamente, se non faziosamente, le tesi più revansciste dell’estrema destra, così come non ci meravigliamo che un’amministrazione comunale che ha sempre operato degli imbarazzanti distinguo sul 25 aprile, abbia gettato la maschera patrocinando una manifestazione sulle foibe, che non è altro che un ricettacolo delle varie sigle della fascisteria locale. Questo perché l’obiettivo è sempre più chiaro: delegittimare la componente comunista della resistenza; infatti dopo le foibe si era provato lo stesso processo col “Triangolo Rosso” e altre vicende resistenziali, ma visto che fortunatamente il mondo culturale insorse sdegnato, è stato molto più facile soffermarsi sulle foibe e sui partigiani jugoslavi (l’unico esercito in grado di liberarsi dall’oppressore nazi-fascista senza l’aiuto di una delle grandi potenze alleate), omettendo le eroiche pagine di fratellanza e resistenza comune che si svilupparono tra partigiani italiani e jugoslavi. C’è una verità storica ed è incontrovertibile: la Seconda Guerra Mondiale fu una tragedia immane e proprio il confine nord-orientale era uno degli scenari più complessi e convulsi. A prescindere che in sede storica non esistono prove o riscontri che possano attribuire all’esercito popolare di liberazione jugoslava la responsabilità degli infoibamenti, quanto più a vendette personali in un quadro in cui i rapporti etnici si mescolavano a quelli di classe, la storia non inizia l’otto settembre del 1943, ma molto prima, a partire dalla nazionalizzazione forzata da parte del regime fascista, che andava così a deturpare quel quadro di pacifica convivenza tra i vari popoli presenti in quell’area (ciò sotto il domino asburgico era un esempio di concordia), e dai campi di concentramento italiani in terra jugoslava, in cui la percentuale di morti era più alta anche di quella del campo di Buchenwald, della famigerata circolare “3C” in cui si sosteneva che gli slavi fossero una razza inferiore da sterminare e che al “dente per dente” dovesse subentrare il “testa per dente” e si incoraggiavano deportazioni, incendi di interi villaggi e omicidi di massa, dall’annessione della provincia di Lubiana in piena guerra, contravvenendo a tutte le norme giuridiche; senza dimenticare che l’Italia di Mussolini e del Re fu una delle nazioni responsabili dello scoppio di questa immane carneficina, in nome di quel sentimento di sciovinismo nazionale che pian piano sta tornando in auge in questi tempi e a cui proprio il ricordo di come andò a finire dovrebbe porre un freno prima che sia troppo tardi, proprio perché la memoria non si cancella e noi la difenderemo dai fascisti di ieri e da quelli di oggi.

    Potere al popolo Catanzaro

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