Riforma Welfare, Esposito: ‘In Calabria resta una chimera’

La circostanza realmente allarmante è proprio l’incapacità degli uffici competenti di riuscire a fornire dati certi e completi sul fabbisogno

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    “A causa dell’immobilismo e dell’incapacità della giunta Oliverio, che continua ad operare in totale autonomia, siamo costretti, a distanza di mesi, a ritornare sempre sugli stessi importantissimi temi, che continuano a rimanere irrisolti. E’ il caso della vicenda relativa alla riforma del welfare, ripetutamente e cocciutamente disegnata dalla Giunta Regionale in un determinato modo ed altrettanto ripetutamente e sonoramente bocciata in sede giudiziaria, il che evidenzia, se ancora ce ne fosse stato bisogno, il livello di approssimazione e di superficialità con cui la maggioranza politica di centrosinistra sta continuando ad operare, ormai totalmente abdicando in favore della burocrazia e dei tecnici”. E’ quanto si legge in una nota di Sinibaldo Esposito. 

    “La riforma del welfare, che (in attuazione della normativa nazionale in materia) è ormai pienamente operativa in tutte le altre regioni d’Italia, invece in Calabria continua a rimanere una chimera, giacchè la Giunta, che ha solo formalmente consumato alcuni (neanche tutti!) dei passaggi tecnici necessari, che prima erano stati completamente omessi (come rilevato dal TAR e dal Consiglio di Stato, nel bocciare la precedente riforma), in realtà continua a non concertare, in modo serio e concreto, una riforma organica, reale e costruttiva, che vada a riprogrammare l’intero settore e garantire livelli sempre maggiori ed ancor più elevati di erogazione dei servizi socio-assistenziali, in sinergia e continuità con i servizi socio-sanitari. Del resto, nessuna responsabilità per i ritardi (in questa materia ed in tutte le altre), potrà essere attribuita al Consiglio Regionale o alla competente Commissione, che è stata (e sarà) sempre pronta a recepire tutte le istanze provenienti dagli uffici regionali e dagli operatori delle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali del “Terzo Settore”, rimanendo sempre disponibile alle audizioni ed ai confronti; tuttavia, si continua volutamente ad ignorare il contenuto della mozione approvata dall’intera commissione, con la quale, non certo per ritardare l’iter della pratica (cui prodest?!), ma proprio per evitare un’ulteriore ennesima riforma monca, si è richiesto di prorogare le ”addende” alle strutture fino alla fine dell’anno (sì da assicurare loro le risorse necessarie), per ricercare, nel frattempo, in maniera seria e coesa, un risultato utile e definitivo, che non venga nuovamente sconfessato dai giudici amministrativi. Non si comprendono, allora, gli allarmi lanciati, nei giorni scorsi, da un rappresentante della Consulta, che ha paventato che (anche per colpa della III Commissione, che non ha approvato il regolamento!), tutti i servizi rischierebbero di chiudere.

    Io- conclude Esposito –  sono il primo ad essere fermamente convinto che la riforma del welfare sia necessaria, urgente ed improcrastinabile, ma ritengo che, prescindendo dalla scansione temporale e dagli altri aspetti prettamente tecnici e burocratici sicuramente rilevanti per l’approvazione definitiva, comunque, da un punto di vista politico, l’atto prodromico e prioritario dal quale si dovrà necessariamente partire debba essere la “mappatura del fabbisogno “, che deve inevitabilmente rappresentare il fulcro su cui poggiare l’intera riforma, di cui il regolamento costituisce soltanto una componente. La circostanza realmente allarmante è proprio l’incapacità degli uffici competenti di riuscire a fornire dati certi e completi sul fabbisogno, che doveva essere l’incipit dell’intera operazione, giacchè se non si conosce con esattezza cosa sia necessario ed in quale misura (appunto, il c.d. “fabbisogno”), non si possono prevedere e programmare gli strumenti e le modalità (nonchè le risorse finanziarie) per intervenire. Tralaltro, non è pensabile che i Comuni, che dovranno recitare un ruolo essenziale nel nuovo sistema di assistenza, tenuto conto dei rilevanti compiti amministrativi che verranno attribuiti loro, possano essere gravati di ingentissimi nuovi oneri, anche finanziari, senza prima essere dotati di risorse, anzitutto umane, adeguatamente formate e preparate, al fine di consentire di pianificare e programmare adeguatamente gli interventi sociali sul territorio. Noi riteniamo che la sede idonea alla discussione rimanga sempre e solo il Consiglio regionale e siamo disponibili, sin da subito, a confrontarci ed a lavorare alacremente; se la Giunta invece continuerà a remare controvento, come ha sempre fatto finora, anche stavolta difficilmente la nave riuscirà ad entrare in porto e, probabilmente, continuerà a vagare tra i marosi di Tar e Consiglio di Stato, fino ad affondare definitivamente. Ovviamente, auspico che ciò non accada, ma se gli inquilini della Cittadella regionale non avranno la sensibilità di comprendere l’importanza e l’improrogabilità di tale problematica, ricercando e favorendo un confronto leale e sereno, l’ennesimo prevedibile fallimento non potrà certo essere imputato alle Commissioni o al Consiglio regionale”.

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