Il romanzo ‘Io sono l’a-more’: l’essere umano e la sua isola

Un racconto che ha più livelli di lettura quello della leccese Giovanna Politi, autrice del romanzo 'Io sono l’a-more' presentato nella Libreria Tavella a Lamezia Terme


Un racconto che ha più livelli di lettura quello della leccese Giovanna Politi, autrice del romanzo “Io sono l’a-more” presentato nella Libreria Tavella a Lamezia Terme. La Politi, che ha alle spalle ormai un lungo percorso autoriale (tre romanzi, diversi libri di poesia, un libro di racconti per bambini e numerose partecipazioni a progetti culturali e teatrali), racconta il percorso esistenziale di una donna sorda attraverso i labirinti dell’amore, il rapporto con il padre, le difficoltà ed il dono della propria condizione. Non a caso  la serata ha visto anche la presentza di Antonio Mirijello, presidente regionale dell’Ente Nazionale Sordi, assieme ad un nutrito gruppo di associati che hanno avuto modo di seguire il dibattito grazie alla presenza di un interprete della lingua dei segni.

L’autrice si è trovata così a rispondere agli stimoli di Antonio Chieffallo, giornalista e scrittore,  Angela Sposato e del giornalista Ugo Floro, esplorando la scelta di aver scritto il romanzo in prima persona, parlando di diversi aspetti dell’amore, ma anche degli incontri e della morte, rimarcando il rapporto musica – sordità tramite vibrazioni.

“Non basta leggere libri, ma vivere l’esperienza. Per 2 anni ho frequentato una ragazza sorda imparando tanto”, rivela la scrittrice, rimarcando l’importanza dell’ascolto empatico (“non solo l’udito, anche la vista, il guardarsi negli occhi, ci fanno capire quanto ci stanno dicendo”), ma anche la sofferenza della fase adolescenziale risolta nella maturità che la protagonista del romanzo vive ed è tratto comune di molti sordi, “perché così è giusto definire, il non udente è una categoria che priva invece di rimarcare come chi è privato dell’udito sviluppa gli altri sensi ed usa una lingua in più, la Lis”. La Politi per questo parla di “pregiudizi e limiti da superare”, stimolo raccolto da Floro secondo il quale “c’è vita oltre il solito meridionalismo, una new wave letteraria di autori calabresi, siciliani, pugliesi, lucani e campani che vanno oltre i temi triti della nostra terra”.
L’autrice ammette che “il corredo emotivo della protagonista è simile al mio, ma il lettore si innamora delle verità esperienziali e nota subito se il tutto è artefatto”, rispondendo anche su temi trattati come il rapporto con l’adulterio e la madre: “spesso per essere fedeli ad un’altra persona non lo siamo a noi stessi. Meglio troncare i rapporti, non avallare i tradimenti perché l’essere umano è un’isola, nato per stare solo con sé stesso ma anche per poter vivere con altri. Per questo anche la madre è presentata come donna, l’essenza primaria umana, solo successivamente nel racconto assume i connotati di mamma”.

In conclusione di serata è stato recitato un monologo ispirato al romanzo a cura di Salvatore Cosentino, attuale Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Lecce e autore teatrale. Cosentino rappresenta un unicum nel panorama culturale italiano: òaureato a 23 anni, giudice ad appena 25, ha un lungo vissuto al tribunale di Locri dove ha operato come Sostituto Procuratore prima di rientrare a Lecce dove, oltre ad aver proseguito la carriera nella magistratura, è impegnato nell’insegnamento universitario. Da tempo si è dedicato anche al teatro sia come autore che interprete di apprezzati monologhi.

g.g.