Catanzaro, la tradizione del Fischietto di San Vitaliano

Oggi perduta era espressione di arte popolare catanzarese.

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    Una tradizione perduta nel corso dei secoli che ha accompagnato diverse generazioni di catanzaresi e che oggi vale la pena ricordare perché strettamente legata alla festa del Santo Patrono della città, certamente da considerare una delle principali espressioni di arte popolare del capoluogo. Si tratta del “fischietto di San Vitaliano”, un tipico fischietto di terracotta che riproduceva l’effige del Santo. A parlarne, nel suo libro dal titolo “Iconografia e religiosità popolare dei catanzaresi”, è lo scrittore catanzarese Silvestro Bressi: “Il fischietto di San Vitaliano, con una cavità globulare dentro il busto, è dotato, nel retro, di un beccuccio munito di un foro che serve ad emettere il suono di un rustico fischietto, per cui il modo di dire ‘San Bitalianu cchi frisca d’ò culu’ ancora oggi è diffuso in alcuni centri del catanzarese.” Un curioso modo dire, legato proprio alla diffusione dell’oggetto (visibile nella foto scattata da Angelo Maggio) nelle famiglie catanzaresi, erano i bambini a riceverne uno in regalo in prossimità della festa del Santo, lo stesso era poi benedetto e custodito come un prezioso oggetto. “In occasione del Cinquantenario dell’Unità d’Italia, a Roma fu allestita una mostra di manufatti del tempo – racconta Bressi – tra gli oggetti, che andarono a formare, nel 1911, il primo nucleo del Museo delle Arti e delle Tradizioni Popolari di Roma, faceva bella mostra di sé anche il fischietto di San Vitaliano, in inventario con il n.8150 – prosegue – Purtroppo , detto esemplare, in occasione del riscontro inventariale, per la definitiva sistemazione del Museo dell’EUR, avvenuto nel 1956, non è stato più rinvenuto.” Pare che Raffaele Corso, folklorista calabrese, che partecipò all’organizzazione della mostra per il Cinquantenario dell’Unità d’Italia, avesse acquistato il fischietto presso il “Paradiso dei bimbi”, il negozio di giocattoli dove un uomo di nome Costanzo che li realizzava era solito portali per la vendita. Un vecchio e divertente oggetto, insomma, che per anni ha accompagnato i tradizionali festeggiamenti del Santo in città. Un oggetto semplice, in grado però di far capire, oggi come allora, che la festa del Patrono, è sì una festa religiosa ma anche un esempio di tradizione popolare sentita e vissuta con intensità e partecipazione.

    Maria Teresa Rotundo

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