L’OPINIONE- Il web e la fine del dialogo

“Finalmente”, con gli smartphone dopo tanti tentativi falliti nella storia dell’umanità,l’ego ha trovato il proprio modo per esprimersi  eliminando del tutto il dialogo

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    di Nunzio Raimondi

    Siamo seduti a tavola in otto e,dopo poche battute,la tentazione si fa irresistibile: ognuno di noi “inforca” il cellulare e comincia a controllare messaggi,e/mail, pec…e poi,via con whatsapp,telegram, viber,facebook,Instagram,et simila.

    Se qualcuno accenna a proferir parola, interviene subito il più svelto:”scusa un attimo -dice-,hai visto?Cade il governo…”

    Se da destra risuona una tromba,da sinistra risponde uno squillo:”Mizzica:terremoto in Giappone!”E quell’altro:”E non avete visto?La Matera posa nuda per un calendario…”E già,risponde uno a capotavola,che segue il “suo web”:”…del resto,non è capitale della cultura?”.

    Che confusione…dove diavolo son finito…uno scompiglio!

    Già l’uso del telefonino anche a tavola mi pareva una grave scortesia per il nostro anfitrione,ma poi mi accorgo che nessuno ha voglia di dialogare,di confrontarsi,otto su otto,una congrega di solipsisti.

    Ognuno guarda a sè stesso,egoismo puro.

    E diffonde il proprio “verbo”,quello acquisito senza filtri,senza un ragionamento,dal web,senza educazione,senza orientamento.

    Così si finisce per parlare lingue diverse e, spesso,fra loro inconciliabili,una babele:

    non è soltanto il problema della ROTTURA DELLA CERNIERA fra élite e massa,è molto di più.

    “Finalmente”,dopo tanti tentativi falliti nella storia dell’umanità,l’EGO ha trovato il proprio modo per esprimersi nei grandi numeri, eliminando del tutto il DIALOGO.

    Certo -si dirà- ognuno può formarsi liberamente un’opinione,la quale può diventare perfino pubblica…ed invece no:

    senza filtri,senza “libera stampa”,quella di cui parlava Benedetto Croce,non potrà mai esservi OPINIONE.Ci sarà,invece,come in effetti c’è,un’EMOZIONE PUBBLICA,financo un’OSSESSIONE PUBBLICA,ma non un’OPINIONE!

    Ecco,questo solipsismo sta diventando -esso si – “truce”: perché tralascia il passato per ancorarsi soltanto al presente,all’attualità ,generando nelle masse il convincimento che la storia è soltanto qui ed ora,con le sue superfetazioni (spesso costruite ad arte per creare allarme e produrre false emergenze sociali…),una realtà manipolabile attraverso le fakenews,che rendono tutto indistinto, sicché non sai più ciò che è reale e ciò che è artefatto.

    Non ci vuole certo un costituzionalista per comprendere che sono messe in discussione le radici stesse della democrazia:se un “leader” si trasforma in “follower” per un pubblico chiamato soltanto ad applaudire,se soltanto quel pubblico egli deve tormentare con i suoi tweet baipassando le sedi istituzionali del confronto politico,appare chiaro come sia ben avviata la dissoluzione della democrazia.

    Ovviamente,gli effetti sono terrificanti anche sul piano sociale: la competenza,frutto dell’esperienza e di tanti anni di studio e sacrificio,deve cedere il passo ad una concezione egualitaria dei rapporti sociali,il linguaggio deve essere semplificato al massimo perché quello complesso è elitario e,perciò,da dismettere.

    Non è importante che tu sia riconoscibile per qualcosa,essendo invece decisivo conquistare,con ogni mezzo,il consenso da qualcuno.

    Per questo si deve operare eliminando il merito,se possibile dileggiandolo o ridicolizzandolo (si sa,la maldicenza nasconde sempre una debolezza…),per concentrarsi,invece,su quei meccanismi (perlopiù elettorali,ma non solo…) di ottimizzazione del consenso che DA SOLI – e con i propri mezzi e senza trucchi – non si riuscirebbe mai ad ottenere.

    Per esempio l’appoggiarsi l’un l’altro,per promuoversi escludendo altri competitori, non è un modo per “fare squadra”;per il semplice fatto che una squadra è fatta di tante singole potenti individualità,le quali non hanno bisogno di brillare per luce riflessa.

    Qualità salienti che sono offerte agli altri su un progetto condiviso e,sopratutto,per tempo presentato agli elettori.

    Per un “eletto” poi,essere definito “mio” dal “caposquadra”,è un’oltraggio di tale gravità da poter essere mitigato soltanto dal “regalo” dell’elezione…

    Altra cosa è lavorare “in squadra”,ossia lavorare congiuntamente per il miglior risultato:questo non è un artifizio strategico,a differenza del primo,perché consente di evidenziare le capacità dei singoli in un contesto tanto più unitario quanto esso è plurale.La moltiplicazione dei luoghi del confronto non genera per sè pluralismo,se manca la condivisione di un progetto.

    Del resto cosa ci fa vedere il mondo d’oggi,sopratutto in politica,ma non solo:

    il merito ai margini e l’approssimazione, spesso ignorante quando non delinquente,al centro.

    Puledrini scalpitanti si affidano -guarda caso – proprio al web ed ai social per dare visibilità al nulla o,peggio,alle loro prevedibilissime manovrine…

    Che’ quasi ti farebbero tenerezza a causa dell’evidente modestia dei mezzi che son capaci di mettere in campo per affrontare la “scalata”,se non s’intravvedesse in loro la disponibilità (innaturale per i giovani…) di farsi pilotare da altri,a questo punto non definibili altrimenti che molto peggiori di loro.

    Recentemente ho sentito un giovane che,in un’intervista, candidamente,ha affermato:”ma perché i vecchi devono insegnare ai giovani?Anche i giovani hanno l’esperienza sufficiente per insegnare;se sono preparati…”.

    È questo il classico prodotto del web,della solitudine,spesso supponente,che esso genera pur avendo il merito di aprire una finestra sul mondo:paradossi di una società che non dialoga più e non si arricchisce più guardando al passato.

    L’esperienza,i capelli bianchi,la saggezza, sono categorie superate: IO SONO UGUALE A TE perché ho fatto gli stessi studi ed ho conseguito lo stesso titolo…che importa se ci dividono venti o trent’anni d’età e magari ti sei pure formato alla mia scuola….SIAMO UGUALI.

    Livellamento da populismo informatico: quello dove tutti possono parlare,senza competenze e,sopratutto,senza contraddittore,sputando sentenze,l’esatto contrario della libertà di manifestazione del pensiero di cui è detto nel nostro patto sociale,la Carta.

    Povero Platone,questo dimenticato dai “barbari” della modernità,i quali,all’evidenza non hanno mai letto i suoi “dialoghi”!

    Occorre,quindi,TORNARE AL CONFRONTO, restituendo ai CORPI INTERMEDI quel ruolo-guida capace di educare i cittadini non solo all’etica pubblica ma anche di educare l’OPINIONE pubblica al DIALOGO,al confronto,sul quale costruire le scelte.

    Di qui il mio impegno per il “cambiamento” negli ordini professionali e con riguardo a tutti i “corpi chiusi” al dialogo,come una certa magistratura…

    Senza vaglio critico e senza dissenso (che non è mera opposizione o contestazione ma messa a disposizione di argomenti) non vi sarà mai vero confronto e la forza del dialogo si dissolverà.

    E con esso gradualmente si spegnerà anche il pluralismo, strumentale al raggiungimento della verità: già ricorrono molti tentativi di “bavaglio” rispetto alla libertà di manifestazione del pensiero,accuse reciproche e conflitti sempre meno sotterranei fra gli operatori dell’informazione divisi per fazioni,di messa in grave pericolo di un ordine giudiziario indipendente,di sempre meno efficaci sistemi di istruzione. Colonne portanti,queste,della democrazia, unici veri antidoti,insieme al contraddittorio,all’autoritarismo.

    E non si confonda (né si riduca a) questa per una battaglia personale:qui non si tratta di contrastare l’errante ma di correggere l’errore,che poi è sempre lo stesso:La conquista del potere con ogni mezzo senza che il modo per raggiungerlo metta in ombra le qualità.

    Perché questo accada non bisogna cadere nella peggiore politica,quella fatta di trucchi ed artifici,elettorali e non.Non bisogna giustificare i mezzi pur di raggiungere il fine, perché questo è del principe non dell’agora’.

    Ed invece:

    «Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire»(frase attribuita a Voltaire dalla scrittrice inglese Evelyn Beatrice Hall,The Friends of Voltaire,1906;v. anche,della stessa autrice,Voltaire In His Letters,1919).

    *avvocato penalista 

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