L’INTERVISTA – Luca Carboni prepara il concerto al Politeama

Aprirà il programma del Festival d'Autunno. "Mi ha fatto cantare Lucio Dalla, fu lui a darmi la spinta"

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    Lo “becchiamo” che è da poco rientrato a casa, dopo una data nella provincia di Matera – «Un concerto molto bello», dice -, mentre rimette insieme le energie e dice di essere già concentrato sull’appuntamento di sabato sera al Teatro Politeama, per il Festival d’autunno. Sì, perché sarà proprio Luca Carboni ad aprire ufficialmente la diciassettesima edizione della rassegna ideata e diretta da Antonietta Santacroce con un concerto che di fatto chiude il suo ultimo tour, “Sputnik”. Cosa dobbiamo aspettarci da questo concerto? «Sarà sicuramente molto intenso – anticipa -. Con le date, man mano sono avvenute piccole modifiche, in base ai live, se esterni o nei teatri. Adesso sto riflettendo sulla scaletta definitiva di sabato, ma credo che arriveremo con un concerto molto vissuto e sentito».

    Come il tour, del resto. «Mi sono reso conto che questo tour ha attraversato tutte le stagioni – riflette –. Siamo partiti più o meno un anno fa, il 12 ottobre, il giorno del mio compleanno, e abbiamo suonato prima nei club, poi nei teatri, nei festival e nelle piazze. Adesso lo chiudiamo e siamo di nuovo in autunno». Un tour decisamente impegnativo, ma come è stato? «Molto bello e partecipato – conferma -, mi ha dato tanta energia che spero di riuscire a riversare nella scrittura, non appena mi fermerò, a ottobre. Cercherò di raccogliere le idee per eventuali nuove cose. E’ stata un’esperienza bella, un tour che mi ha permesso di fare un bellissimo racconto, portando sia la sonorità nuova degli ultimi due dischi, sia di riproporre questi 35 anni di musica, con tanti elementi del passato che si intrecciano con il presente e viceversa. E’ una sorta di viaggio nel tempo, perché tocchiamo un po’ tutto ciò che è stato dal 1984 a oggi».

    Già, gli esordi: Luca Carboni non solo è riuscito a sopravvivere agli anni ’80, ma addirittura è riuscito a emergere proprio allora, quando i tempi erano tutt’altro che benevoli. «Sì, è stata una cosa piuttosto rara – ride di gusto -, perché in quegli anni, la discografia arrivava dagli anni ’70 e si era un po’ stancata di quel cantautorato impegnato. Non c’era una grande voglia di fare contratti ai giovani cantautori, ma si cercavano interpreti, band. La discomusic imperava. Io ero sì un cantautore, ma avevo un passato come componente di una band – i Teobaldi rock, come chitarrista e compositore, ndr -, così ho messo nel cantautorato un linguaggio nuovo, che è arrivato. Forse ci sono state tante ingenuità, ma ho puntato più all’uomo, all’uomo senza divisa, che alla politica. Non a caso siamo pochissimi quelli nati artisticamente negli anni ’80, ma non perché non ci fossero autori bravi, piuttosto perché non c’era un ambiente favorevole». E oggi? «Oggi fortunatamente stiamo assistendo a una nuova ondata di cantautori, è finita l’era del solo rap. Artisti come Calcutta e Tommaso Paradiso, per citarne qualcuno, dimostrano che si stanno riaprendo le porte alla forma canzone, partendo dagli stessi elementi da cui partivo io, ma in modo nuovo».

    Luca Carboni, però, aveva un padrino non da poco, un certo Lucio Dalla che senza timore di smentita possiamo inserire tra i più grandi cantautori italiani di sempre. «Fu proprio lui a farmi cantare. L’ho conosciuto quando fui autore di brani per la sua band, gli Stadio – erano la band di accompagnamento di Dalla, che li volle come strumentisti in alcuni suoi album, ndr -. Scrissi molti pezzi per loro – racconta ancora Carboni -, e per fare sentire loro le canzoni, come sarebbero potute venire, le cantavo, ma io generalmente non cantavo, ero autore e musicista, scrivevo. Un giorno Lucio mi registrò e poi mi fece riascoltare la voce, perché secondo lui non dovevo solo scrivere. Mi diede una tale energia nel credere al fatto di poter raccontare in prima persona i miei testi che mi spinse a fare il cantautore. E’ stato determinante per la mia storia». Eppure dagli anni ’80 a oggi è cambiato quasi tutto. A partire dalle case discografiche, sempre meno inclini a rischiare. «In realtà non hanno più un ruolo predominante – spiega -, c’è tutto un mondo indipendente, che viaggia sul web e che dà spazio a chiunque». E’ una dinamica più democratica, ma tutt’altro che facile: «Facile non lo è mai. All’epoca in cui cominciai io era difficile perché bisognava superare l’impatto dell’essere in qualche modo giudicati e scelti da una casa discografica, oggi tutti possono pubblicare in rete, ma i concorrenti sono talmente tanti che è difficile farsi notare. Diciamo che in ogni epoca ci sono dei pro, ma anche dei contro». Suo figlio ventenne ha scelto una strada completamente diversa dalla musica. Alla luce anche di quanto detto, le dispiace questa cosa o le fa tirare un sospiro di sollievo? «Non mi sono mai posto il problema, ma adesso che ci penso, sì, probabilmente tiro un sospiro di sollievo».

    Carmen Loiacono

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