Sanità della Calabria primo impegno dell’Associazione Sud Democratici

Lunedì 14 ottobre la prima uscita pubblica dell’Associazione con due relazioni che affrontano il sistema della sanità regionale e l’integrazione Ospedale-policlinico

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    di Lello Nisticò

    Si occuperà a tutto campo dei temi e dei problemi della Calabria, la nuova Associazione “Sud Democratici”, costituita nelle settimane scorse a Catanzaro da un gruppo che raccoglie esponenti della società impegnata nel lavoro, nelle professioni, nell’impresa e nella cultura. L’esordio pubblico è previsto per lunedì 14 ottobre, prendendo spunto dal fulcro rovente della vita politica e sociale della Calabria di oggi: la Sanità. Al convegno di apertura – al quale l’associazione ha invitato oltre al presidente della giunta regionale Oliverio, il rettore De Sarro il commissario al piano Cotticelli, i sindacati Cgil Cisl Uil, i deputati Viscomi e Nesci – presenterà due documenti firmati in modalità collettiva, uno sullo stato della sanità in Calabria e l’altro sul processo di integrazione delle due aziende ospedaliere di Catanzaro, passando per una modifica correlata del protocollo Università/Regione.

    Dettata anche dall’urgenza della cronaca sanitaria (precari, graduatorie, personale, strutture, decreto Calabria),  Catanzaroinforma ha chiesto un’anticipazione a due degli estensori dei documenti: Lino Puzzonia, direttore emerito di Ematologia oncologica al Pugliese Ciaccio oltre che riconosciuto esperto del settore, e Benedetto Caroleo, dirigente medico di Geriatria al policlinico Mater Domini. 

    L’idea di partenza era discutere prevalentemente dell’integrazione, questione ormai annosa ma non ancora giunta a compimento. Solo che, una volta pronto il quadro e definito il soggetto, i relatori hanno compreso che l’integrazione, pur importante e necessaria, deve inserirsi in un contesto più ampio che abbia di mira il superamento delle criticità attuali e porti il sistema sanitario calabrese alla parità effettiva con altri sistemi regionali italiani nel nome del diritto alla salute, riconosciuto costituzionalmente. 
    Oggi, come evidente, non è così. Per ragioni storicizzate – anche dal punto di vista sanitario la Calabria è stata penalizzata – ma anche per un cattivo uso delle risorse arrivate al sistema da parte della politica regionale nelle varie coloriture succedutesi nei quinquenni precedenti e in corso. La relazione riporta analisi e dati a sostegno della oggettiva sottostima pro-capite della salute di un calabrese (0,91 di risorse a questo assegnate su 100 di media nazionale) rispetto a un ligure (1,07/100), per non parlare di un friulano (112/100). Dislivelli ulteriormente aggravati dalla mobilità sanitaria verso gli ospedali del centro-nord e aggravati durante la gestione commissariale che dura ormai da più di dieci anni e che ha operato solo tagli lineari di spesa con esiti inconcludenti. Cercando di sottrarre il dibattito alle forche caudine del dissidio, giustificato o meno, tra Dipartimento regionale alla salute e Ufficio del commissario, sempre più stridente. In sintesi, niente piagnistei su quello che poteva essere e non è stato in tema di titolarità o meno del presidente di giunta rispetto alle funzioni di commissario. Si può chiedere la fine del commissariamento solo apportando idee nuove e strategie convincenti. Cosa che la relazione del 14 ottobre contiene nei dettagli, senza perdere di vista il quadro generale sociopolitico nel quale va a inserirsi. Senza entrare al momento nel merito, per non fare torto all’elemento di novità portato in quella sede – la stessa in cui si svolgono le abituali sessioni del Circolo Placanica – la scheda operativa prevede la rideterminazione e la riqualificazione delle strutture territoriali opportunamente distribuite, la creazione di una rete ospedaliera qualificata nel personale, nella tecnologia e nella dotazione e qualità dei posti letto che rinnovelli la storica ripartizione dei comprensori che aveva una sua ragion d’essere, il compimento dei nuovi ospedali della Piana di Gioia Tauro, della Sibaritide e di Vibo Valentia, la ristrutturazione del Pugliese, un intervento straordinario per un ospedale nuovo a Cosenza, la selezione di un management adeguato alle nuove competenze gestionali e scientifiche.

    Sull’altra questione, i Sud-Democratici sono ampiamente convinti della necessità dell’integrazione tra Azienda ospedaliera Pugliese Ciaccio e Azienda ospedaliero-universitaria Mater Domini. Come avvertono, collegata a questa necessità, l’urgenza della modifica del protocollo d’intesa Università-Regione Calabria. Con l’importante corollario che una nuova sanità calabrese può trovare punto di forza e leva di cambiamento a partire proprio da Catanzaro, quale sede dell’unica scuola di Medicina in regione. Città dove si incontrano due realtà tra loro funzionalmente relazionate: l’esperienza assistenziale storicamente assolta efficacemente dall’ospedale Pugliese Ciaccio per un’utenza estesa a tutte le province e l’esperienza formativa e scientifica ancor prima che assistenziale dell’azienda Mater Domini. 

    Breve riassunto storico: il protocollo risale al 25 ottobre 2004, esattamente tre lustri addietro. A firmarlo furono il presidente Giuseppe Chiaravalloti e il rettore Salvatore Venuta. Doveva essere valido in via sperimentale per quattro anni. L’esperimento dura tuttora, in regime di prorogatio accordata prima nel 2008 e poi nel 2011. Da allora è cambiato il mondo. Quello scientifico. Ma anche quello politico. Il rinnovo del 2004, tanto per dire, era propedeutico alla nascita del nuovo polo universitario a Germaneto. Cosa avvenuta anche in anticipo rispetto al previsto, l’8 marzo del 2006. Non c’è chi non veda come il protocollo ha urgente necessità di essere innovato. In una direzione che rispetti l’assoluta autonomia del personale universitario nell’ambito della ricerca e della didattica, senza cadere nell’automatismo di titolarità di cattedra e apicalità nel servizio sanitario nazionale. Non fosse altro per rispettare il dettato normativo che regola l’accesso alle funzioni di direttore di unità complessa solo dopo avere superato le giuste selezioni. Questo è uno dei punti che ha più ostacolato il processo di integrazione e che va con coraggio e responsabilità superato. Proprio in ragione del protocollo del 2004, in nome della continuità didattico-scientifico-sanitaria il professore universitario è automaticamente responsabile della gestione dei posti letto. La Mater Domini è per definizione azienda mista, ma allo stato è prettamente universitaria, con sole 3 unità operative a direzione ospedaliera. Oggi i padri fondatori della facoltà non ci sono più, la maggior parte collocata in quiescenza, i primi medici che erano giovani all’esordio ora non lo sono più avviandosi all’età pensionabile, l’esperienza e la competenza assistenziale del personale ospedaliero è al contempo cresciuta notevolmente. Anche se ormai è patrimonio comune nelle altre regioni, ma per la Calabria è cosa innovativa, che l’accesso alle direzioni delle unità operative sia regolato da pubblico concorso e valutazione delle commissioni preposte, aperto ai detentori di titoli, di entrambe le provenienze, universitaria od ospedaliera. Con la garanzia delle prerogative specifiche che nell’ambito di una Azienda mista fanno capo al professore universitario, in tema di organizzazione e assolvimento degli obblighi formativi. La prossima Azienda integrata non può sfuggire a questa necessità. Con conseguenze positive sullo svecchiamento della classe medica e della riduzione della mobilità sanitaria derivante da un circuito virtuoso ricerca, didattica e assistenza. Il passaggio non è indolore, anche perché andranno rivisitati passati accordi che riproducevano squilibri evidenti nell’assegnazione dei primariati; e vecchi pregiudizi per i quali non “sono da mischiare pere e mele”, pregiudizi derivanti da una tradizione culturale che trae origine negli ordinamenti universitari importati ab origine. Naturalmente, eguale buon predisposizione va richiesta agli ospedalieri di entrambe le provenienze. 

    C’è infine, tutta la rimanente complessità dell’integrazione. Un processo impantanato per l’ovvia impugnazione del Governo rispetto a una legge regionale scritta male, processo che deve prevedere passaggi importanti quali la definizione del complesso del Pugliese Ciaccio possibilmente quale polo oncologico e la risistemazione del policlinico di Germaneto a grande ospedale hub per acuti. 
    C’è spazio e modo per discutere, insomma, secondo i Sud-Democratici. Nella direzione di una sanità calabrese degna, autonoma, responsabile e in linea con il tempo nuovo della medicina e chirurgia.

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