Catanzaro, la sanità calabrese secondo ‘Sud Democratici’

Considerazioni e proposte per un sistema moderno e funzionale in un incontro organizzato dalla nuova associazione

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    di Lello Nisticò

    La verità sulla sanità in Calabria corre sul filo del telefono. Viaggiando sui binari del paradosso.

    È per telefono che Benedetto Caroleo, medico geriatra all’Azienda ospedaliera universitaria Mater Domini, riceve il seguente quadro incongruente da parte di un suo collega torinese: «Qui in molti posti di responsabilità nei reparti abbiamo un calabrese e molti giovani colleghi vengono dalla tua università. I nostri studenti si laureano in pochi in medicina e quei pochi se ne vanno all’estero. È d’altra parte molti dei nostri pazienti vengono dalla Calabria». Frutto dell’emigrazione sanitaria, attiva e passiva. Attiva, di chi emigra per curarsi. Passiva, di chi emigra per esercitare la professione. È un prevedibile corto circuito, se l’Umg continua a sfornare giovani medici e questi giovani medici non vengono integrati nel sistema regionale. E se questo no dà risposte adeguate ai bisogni elementari di assistenza.

    È per telefono che il deputato dem Antonio Viscomi, in sede di discussione del famigerato Decreto Calabria, nel passaggio parlamentare in cui si decide di non fare più svolgere le gare per la fornitura di farmaci alla Stazione unica appaltante regionale per il solito incombente pregiudizio, chiede stupito al dirigente della Regione copia della relazione dell’Anac in cui, viceversa, la Sua regionale in tema di sanità viene elogiata e semmai invitata a crescere di organico.

    Sono solo due dei paradossi ascoltati nella bella conferenza sul “Sistema per il Servizio sanitario calabrese” messa insieme nel Salotto culturale Antonino Greco di via Settembrini dalla giovane associazione “Sud Democratici”. Innervata sull’introduzione di Massimiliano Cassandra, sulle considerazioni e proposte di Lino Puzzonia e di Benedetto Caroleo e sulle conclusioni di Nicola Ventura. Arricchita dagli interventi di Antonio Viscomi, del segretario Area Vasta Cgil Raffaele Mammoliti, del segretario regionale UIL Santo Biondo,  del consigliere regionale Arturo Bova e  di Luca Gallelli, delegato del rettore De Sarro assente giustificato per impegni nell’Agenzia del Farmaco, e di Franco Pacenza, delegato del presidente Oliverio assente giustificato per impegni romani.

    Assenti non giustificati perché non pervenuti: Saverio Cotticelli commissario al piano di rientro, Sergio Abramo sindaco di Catanzaro e Dalila Nesci deputata Cinque Stelle.

    Il catalogo era questo e pertanto ricco di spunti, come si può arguire.

    La relazione di Lino Puzzonia, per lungo tempo primario di ematooncologia al Pugliese Ciaccio, ha disegnato una sanità calabrese possibile, autonoma e fuori dal piano di rientro, basata su una rete ospedaliera di tre ospedali hub di 800 posti letto e di una dozzina di spoke di 400-600 posti, di una rete territoriale ricavata da una sessantina di strutture già esistenti e facilmente rese moderne e funzionali, di personale congruo nel numero e nella specializzazione.

    Benedetto Caroleo ha ripercorso la vicenda ormai datata dell’integrazione delle due aziende ospedaliere cittadine, intrecciando i fili storici con le urgenze attuali, disconoscendo impedimenti normativi e perorando una necessaria chiusura del percorso unitario, sempre nella convinzione che una nuova sanità calabrese passi inevitabilmente per l’hub catanzarese, sede del più grande ospedale e dell’unica scuola di medicina della regione.

    Sud Democratici ha voluto iniziare la sua ricognizione sui problemi della Calabria proprio dalla sanità, nella consapevolezza della gravità della situazione vicina al punto di non ritorno. L’impietosa disanima sulle storture del piano di rientro, sull’incongrua intempestività del Decreto Calabria, persino della sua iniqua definizione salvifica, l’inutilità della gestione commissariale, l’emergenza della dotazione organica e le auspicate aperture del nuovo governo hanno costituito il filo conduttore degli interventi. Serve il passo successivo, di una rimodulazione degli strumenti normativi nella volontà di arrivare a una sanità regionale moderna, autonoma, efficiente. È un compito che solo la politica può assolvere. Ma che le realtà associative, come Sud Democratici, liberate dal pregiudizio forse rientrante della disintermediazione, possono stimolare e indurre alla funzione che le è propria.  

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