Lo stato delle piccole e grandi dighe della Calabria

La Calabria, si sa, è tra le Regioni italiane quella che accusa una elevatissima esposizione alla pericolosità dei terremoti

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    È passato più di un anno dal crollo del ponte “Morandi “ a Genova. Secondo quanto è dato dedurre dalle indagini conseguenti al disastro assume particolare rilevanza la mancata e insufficiente manutenzione di alcune parti della struttura collassata. La tragedia richiama il problema del controllo della sicurezza di tante opere gestite in Italia e che necessitano di interventi manutentivi straordinari che spesso si accompagnano alla necessità di interventi strutturali tenuto anche conto della elevata esposizione sismica del Paese. La Calabria, si sa, è tra le Regioni italiane quella che accusa una elevatissima esposizione alla pericolosità dei terremoti. Nel territorio regionale le opere considerate “strategiche” per la loro importanza andrebbero sottoposte a una seria verifica delle loro condizioni strutturali e funzionali. In questo contesto rientrano in Calabria le dighe sparse in tutto il territorio. Ventiquattro di queste vengono classificate grandi dighe, secondo la vigente legislazione, essendo alte più di 15 metri o costituenti un invaso superiore ad 1 milione di mc di acqua; le altre, il cui numero è sconosciuto ma sicuramente consistente, vengono considerate “piccole dighe”. Mentre per le grandi dighe viene esercitata dalla “Direzione Generale per le dighe e gli impianti idroelettrici” del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti una sistematica sorveglianza delle condizioni strutturali e funzionali, per le piccole dighe, viceversa, non esiste in Calabria alcun organismo che ne controlli l’efficienza e la sicurezza.

    Non esiste nella regione neanche un censimento di tali strutture, alcune delle quali superano un volume di diverse centinaia di migliaia di mc di acqua. La maggior parte degli invasi, sia piccoli sia grandi, sono a prevalente utilizzo irriguo e gestite dai Consorzi di Bonifica mentre Ente proprietario delle opere è la Regione Calabria in quanto comprese nel Demanio Regionale Acque. Tali circostanze implicano che anche in forza della vigente legislazione in materia di bonifica la stessa Regione deve contribuire alla loro manutenzione. Sette delle grandi dighe, invece, sono di proprietà e gestite dalle società a2a ed Enel. Nel complesso piccoli e grandi serbatoi presentano problemi di manutenzione e di funzionalità idraulica. Da diversi anni, al contrario del passato, la Regione non eroga alcun finanziamento per la manutenzione e gestione degli invasi e, stanti le difficoltà economiche che caratterizzano la gestione attuale dei Consorzi di Bonifica, ciò comporta un continuo e progressivo deterioramento delle strutture e degli impianti di manovra connessi. Il quadro si aggrava se si pensa che per i piccoli invasi e serbatoi artificiali della capacità inferiore al milione di mc e altezza inferiore ai 15 metri non esiste alcuna forma di controllo e di protocollo di sicurezza. Sono funzioni che per le grandi dighe vengono assicurate dalla Direzione generale per le grandi dighe e gli impianti idroelettrici del Ministero delle Infrastrutture.

    È necessario e urgente procedere al censimento di queste opere disseminate in tutta la regione e, in analogia a quanto avviene per le grandi dighe, la stessa Regione deve istituire una struttura tecnica speciale che monitori sistematicamente gli invasi minori, contestualmente alla predisposizione di una apposita normativa che ne regoli la progettazione, la costruzione, la gestione e la manutenzione. Adesso che, in vista della prossima scadenza elettorale per il rinnovo del Consiglio Regionale, diventa attuale parlare di programmi e investimenti, è sicuramente importante che il confronto si apra anche su queste questioni spesso dimenticate o sistematicamente rinviate nel confronto politico.

    Ing. Francesco Nisticò già direttore tecnico dei Consorzio di Bonifica di Catanzaro

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