Consiglio comunale,Abramo:La città? Va bene.Se non fosse per l’invidia

Il sindaco ha ascoltato quasi tutti gli interventi che si sono succeduti nelle 4 ore in cui si è dipanato il Consiglio

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    di Lello Nisticò

    Prima notizia. Era presente in aula il sindaco Sergio Abramo. Non solo nei dieci minuti in cui ha letto la delibera di variazione di bilancio, in qualità di assessore al ramo, chiedendone l’approvazione Ma, udite, ha finanche ascoltato quasi tutti gli interventi che si sono succeduti nelle 4 ore in cui si è dipanato il Consiglio comunale odierno, ospitato ancora nel palazzo della Provincia. Seconda notizia. Non erano viceversa presenti i due consiglieri ex Forza Italia, e ora nel gruppo misto, indiziati di avere aderito alla Lega. Giovanni Merante e Antonio Triffiletti hanno preferito soprassedere. Forse troppe spiegazioni da fornire, anche soltanto per rifugiarsi nel no comment, oppure un modo per evitare di favorire l’identificazione di qualche altro collega di cui si vocifera il classico salto sul carro del vincente. Fatto sta che di tutto si è parlato meno che della variazione di bilancio. Come il supermercato, anche il Consiglio non è un’isola. Per cui, se tieni chiusa la porta per evitare che la politica entri in Aula, la dispettosa entra dalla finestra. Perché tutto, gira e rigira, torna sul punto cruciale dell’attualità, della candidatura più sofferta che mai abbia solcato la pluridecennale storia del regionalismo calabrese. Come sempre, il fuoco alle polveri è venuto dall’opposizione. Assente Sergio Costanzo, a dare fuoco alle polveri è stato Nicola Fiorita che ha usato la metafora del presepe di sabbia in via di allestimento per tutta piazza Prefettura per descrivere il Consiglio comunale dell’ultimo mandato di Abramo. Immobile. Non toccato di grandi temi sul tappeto, ma convocato solo per approvare pratiche obbligatorie. Niente Psc, niente porto, niente viale Isonzo. Su quest’ultimo si è fatto sentire solo il grande silenzio del sindaco. Le metafore sono roba dura da digerire, soprattutto nell’immediato dopo pranzo. Per cui quella usata dal leader di Cambiavento è rimasta sullo stomaco a Fabio Talarico. Che non l’ha tanto digerita. Si può dire di tutto ai consiglieri di maggioranza, anche le cose più nefaste come già nelle precedenti assemblee, meno che siano immobili. Per cui su richiesta dell’interessato, Fiorita ha dovuto esibirsi nell’esegesi del termine. La cosa ha risvegliato comunque l’interesse dell’aula, che spesso è apparsa soffrire del male del momento. Che non è l’influenza o l’escherichia, bensì il deficit di attenzione. C’è stato un moneto in cui tutto il duplice filare della presidenza, comprendente sindaco, presidente, segretaria, addetti agli uffici e assessori, era intento a computare la tastiera dello smartphone.

    Per cui, chiamato direttamente in causa da una richiesta regolamentare di Eugenio Riccio, il presidente Polimeni ha avuto un sobbalzo da cui si è comunque subito ripreso. Altro sobbalzo avvertito dalla scala Mercalli interna è stato quando il consigliere di Fare per Catanzaro Fabio Celia, nel ragionare intorno alla questione della piscina di Pontepiccolo – mai sottovalutare quando accade in questi impianti sportivi, Crotone docet – avrebbe preteso una risposta dal sindaco Abramo, considerato che questa era l’ultima volta che l’avrebbe visto seduto al suo posto. Il sindaco, interpretando in abbondanza la frase di Celia, ha abbandonato subitamente il braccio sotto il pianale, seguito per dire il vero da molti da quasi tutti gli assessori. Tutti meno il vice sindaco Cardamone, c’è chi è disposto a giurarlo. Ma noi non ci giureremmo. Comunque, chiarito l’equivoco, la parola è passata prima a Roberto Guerriero (Socialisti e Democratici), che a un certo punto nel bel mezzo del suo discorso – dedicato al recupero della centralità perduta del Consiglio – ha dato l’impressione di volere abbandonare l’aula, e invece era soltanto per chiudere la porta. Ma intanto la politica era già entrata. Poi (la parola) a Eugenio Riccio, misto. Un altro consigliere in odore di Lega. Il quale ha fatto un lungo elenco di cose che non vanno: le gare assegnate sotto soglia, gli impianti sportivi, le fogne, gli allacci abusivi, gli sgombri. Attimo di sconcerto nell’uditorio, ma dal contesto si è capito che si riferiva agli sgomberi. Necessari, su viale Isonzo, come da bici servizio ienesco di Brumotti.

    Di seguito, gli interventi, ciascuno per la propria parte, di Filippo Mancuso (Catanzaro per Sergio Abramo) che ha perorato la causa dei chioschi in crisi economica anche per via della doppia tassazione comunale cui sono sottoposti; di Roberta Gallo (Forza Italia) che ha provato dispiacere per Fiorita in quanto impossibilitato a proporsi a presidente della Regione perché non stampa libri né taglia cravatte, di GianMichele Bosco (Cambiavento) a cui non pareva vero che in aula fosse presente Abramo, il quale per non accontentarlo del tutto se n’è uscito fuori quando ha il consigliere ha replicato; di Giuseppe Pisano (Officine del Sud) che è ritorno su viale Isonzo per fare esercizio di memoria attribuendone la responsabilità alla DC, Psi e Pci della prima Repubblica, di Ezio Praticò (CZ per Vivere) che ha riferito della buona classifica della Città per qualità di vita secondo Italia Oggi; di Luigi Levato (Forza Italia) che ha dato luogo a un dubbio atroce: se Sergio Abramo è sindaco da venti anni non sarà perché ha fatto bene; di Manuela Costanzo che sarebbe di Obiettivo Comune ma ha avuto un solo bersaglio, Roberto Guerriero, accusandolo di non partecipare alla Commissione di cui peraltro non è componente; di Rosario Mancuso (CZ per Abramo) che ha fatto gli auguri al prossimo sindaco di Catanzaro che ne ha tanto bisogno, a prescindere di chi sarà. È stata infine la volta di Abramo. Un intervento lungo tre quarti d’ora. Ben portati. Ha sempre detto che di non volere partecipare ai Consigli quando questi prendono la strada scoscesa della politica, invece di occuparsi dei problemi della città. E, nel farlo, ha naturalmente sconfinato nei problemi della Regione Calabria (che sono tanti, soprattutto finanziari), e della regione Calabria (che sono più di tanti). Tali da non potere essere risolti stando alla Cittadella solo mezza giornata alla settimana. Non l’ha citato, ma parlava di Oliverio. La città? Va bene, nonostante tutto. Solo che è rosa dall’invidia. Sulla candidatura, nulla di nulla. Attende anche lui, con serenità. Aveva una bella cravatta. Rossa, di seta, con motivi a contrasto. No, non era Talarico, mitico re dell’accessorio. Ma sempre made in Calabria: Arcieri, da San Marco Argentano.

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