Operazione Jonny, imprenditori e professionisti pronti a pagare e a servirsi della manovalanza malavitosa

 Tanti, in violazione dei codici etici delle associazioni di categoria, hanno ceduto alle richieste dell’organizzazione criminale. In pochi hanno denunciato   IL RESOCONTO DELLA CONFERENZA STAMPA OPERAZIONE JONNY I NOMI DEGLI ARRESTATI  LE MANI SUI FONDI DEI MIGRANTI

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    Di Giulia Zampina

    Toro seduto, al secolo Domenico Bevilacqua, ucciso sotto casa sua il 4 giugno del 2015, aveva fatto terreno bruciato nell’attività estortiva della città. Gli isolitani, così come vengono identificati nella lunga ordinanza da cui ha avuto origine l’operazione Jonny, non riuscivano a portare i soldi alle “famiglie”, perché, quando andavano a chiedere il pizzo scoprivano che da lì era già passato Toro Seduto. Bisognava far fuori Domenico Bevilacqua. E così fu. Il capo rom doveva essere ucciso e fu ucciso. Ma a chi chiedeva il pizzo Toro seduto, dove andava a bussare Santino Mirarchi con i suoi sodali per riscuotere i soldi,  a volte tanti soldi anche in contanti? Bussavano alla porta di chiunque avesse un’impresa e producesse reddito. In quanti hanno aperto? In tanti. Forse in troppi perché l’operazione Jonny non costringa le associazioni di categoria, industriali, commerciati, imprenditori, ad aprire una questione etica e morale. Qualcuno ha denunciato, nell’ordinanza c’è qualche omissis, qualcuno ha pagato in contanti, qualcuno ha “pagato” in natura tramite assunzioni. Ma sono davvero troppi e alcuni troppo importanti, i nomi che il procuratore della Repubblica Nicola Gratteri,  i sostituti procuratori Capomolla e Guarascio il procuratore aggiunto Luberto, hanno trascritto in un’ordinanza che alza il tappeto svelando tutta quella polvere che negli anni  è stata nascosta dietro la falsa immagine di Catanzaro Isola felice. La droga ed il business delle estorsioni hanno da tempo avvelenato il clima. Ma non è solo “questione di rom”. C’è una classe medio/borghese che si rifornisce di droga al mercato dei quartieri a sud della città, e c’è una classe imprenditoriale e produttiva, per lo più fatta imprenditori di terza generazione, che piega la testa, non denuncia, paga. E dal pagare al diventare sodali il passo è breve, come ricostruiscono i magistrati della procura catanzarese. Molto breve. Si può riscuotere un “pizzo” o un “dovuto” per un “favore criminoso”. Si può addirittura sperare di avere un buon rapporto e magari saldare attraverso la fittizia compravendita di un’auto. L’amara realtà è che a denunciare sono davvero in pochi .  Il “pizzo” viene chiesto a tutti, onoranze funebri, ristoranti, gioiellerie, imprese di costruzioni, ditte di catering, di distribuzione alimenti, rivenditori di auto, gestori di lidi. Chiedono a tutti gli isolitani, come chiedeva a tutti Toro seduto. Ed in tanti pagano cadendo in una spirale che non finisce mai, perché dopo la prima volta continuano tutti, anche se sono stati vittime, anche se hanno detto di non aver ricevuto richieste. Pagano in tanti nonostante la prima bottiglia incendiaria non denunciata, nonostante un codice etico che impone il rispetto delle regole ma soprattutto un controllo e l’ espulsione per chi non si attiene alle regole. Sono davvero troppi i nomi legati al pagamento delle estorsioni perché le associazioni non si fermino un attimo a pensare e riflettere. Ognuno di loro ora dovrà confermare o smentire ciò che viene riportato nell’ordinanza. Ma dopo i verbali e soprattutto prima del diritto viene la propria coscienza. 

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