‘Recuperiamo memoria della città dal ricordo di Palazzo Serravalle’

L'ex sindaco Marcello Furriolo dall'elogio della Funicolare analizza l'attuale situazione della città capoluogo di Regione


*di Marcello Furriolo 

Si riparte. La funicolare è stata rimessa in moto e riparte. Un’ottima notizia per i catanzaresi, che in questi lunghi mesi hanno avvertito i disagi del suo prolungato stop. Giusto che il management di AMC abbia voluto enfatizzare l’avvenimento anche con iniziative di marketing.

In effetti la città di Catanzaro ha realmente bisogno della funicolare. Ne ha bisogno il centro storico, ne ha bisogno la parte sud e i suoi rioni, da Sala a Piano Casa, per integrarsi  concretamente  con il resto del territorio. Su questi presupposti nel 1988 riuscimmo ad ottenere dalla Regione Calabria, guidata allora da Rosario Olivo, sostenuto da Franco Politano, un finanziamento di 30 miliardi di lire per la realizzazione del Politeama, del San Giovanni, dell’ Auditorium del Galluppi, per la sede del Conservatorio nell’ex Orfanotrofio Rossi e appunto per la Funicolare. Un progetto complessivo di ampio respiro per il recupero del centro storico e per il rilancio del ruolo di capoluogo di regione di Catanzaro, nell’area centrale della Calabria.

La nuova inaugurazione, che coincide con l’inversione del senso di circolazione su Corso Mazzini arriva, però, in un momento di grande disagio sociale e politico della città, in cui traspare la mancanza di una visione complessiva di città da parte dell’amministrazione comunale. Ma anche da parte dell’intera classe dirigente catanzarese, mai come in questa fase storica incapace di esprimere idee e disegnare un progetto identitario di speranza e futuro per le nuove generazioni.

Gli stessi programmi e i progetti di Sergio Abramo per la città, singolarmente validi, si dimostrano carenti del collante di una idea di città unitaria, culturalmente disegnata sulla sua storia, ma aperta alla modernità. La crisi di questi ultimi anni di Catanzaro è la fotografia della modestia della sua classe dirigente politica, istituzionale, imprenditoriale, professionale, intellettuale. La vecchia borghesia illuminata , che ha rappresentato per anni l’architrave sociale e politico, si è rifugiata nei suoi piccoli egoismi e opportunismi familistici, le categorie economiche, commercianti e artigiani, si sono affidate ad una maldestra rappresentanza dei loro legittimi interessi, perdendo ruolo e funzione e svendute con spregiudicate operazioni di piccolo cabotaggio. Le categorie professionali hanno abdicato al loro compito di avanguardia culturale e di proposta in cambio del mercatino degli incarichi pubblici. La stampa, che vive il travaglio della rivoluzione del web,  con qualche apprezzata eccezione, esprime il sempre più utilitaristico assoggettamento  e omologazione al potere di turno. Mentre sulla città è calata una coltre di indifferenza e di assuefazione al peggio, in cui hanno buon gioco i faccendieri e i mestieranti del nuovo e vecchio populismo. La qualità della vita sociale e culturale è mediamente scesa a livelli di piccolo borgo. Ne è un esempio miserevole il perpetuarsi delle sagre del morzello e del pesce azzurro per onorare al meglio il Santo Patrono e le feste dell’uva senza l’uva. Mentre lo stesso Magna Graecia Film Festival, non se ne abbia l’amico Gianvito Cassadonte, corre il rischio di smarrire la mission iniziale e trasformarsi vieppiù in un tour enogastronomico di periferia per gli ospiti e interpreti di film ormai reperibili on demand. E anche quest’estate la città è stata abbandonata a se stessa e allo scorrazzare indisturbato sul corso di topi e animali abbandonati, sotto lo sguardo esterefatto dei pochi increduli  turisti.

Ce ne è quanto basta per reclamare una reale e immediata inversione di marcia, che coinvolga per intero la società catanzarese a tutti i livelli di responsabilità. Impegnando le migliori risorse imprenditoriali, professionali e intellettuali in un patto straordinario per Catanzaro. Sospendendo l’assurda e spregevole guerriglia che attraversa maggioranza e opposizione, che ha trasformato Santa Chiara in un piccolo Vietnam di pettegolezzi, veline piratesche, tradimenti annunciati e languide promesse sotto il pergolato. Con sullo sfondo le elezioni regionali, che faranno giustizia di questo scoppiettante video game.

Nel febbraio 2020 ricorrono 45 anni dalla sciagurata demolizione della strettoia di Corso Mazzini e del prestigioso Palazzo Serravalle, con tutto il suo patrimonio storico e artistico raso al suolo e che ha rappresentato il vero inizio del decadimento e della perdita di identità della città e del suo centro storico. Ritengo, perciò, questo un appuntamento importante per recuperare un pezzo di memoria sulla necessità di tutelare la propria immagine urbana e i valori propri della storia e della cultura dei luoghi. Ma il modo migliore per rievocare quell’assurdo atto di irresponsabilità è quello di avviare subito un Piano di recupero di quell’area slabrata del cuore di Corso Mazzini e del centro storico, rimarginando quella ferita culturale e urbana, con un intervento edilizio di elevata qualità e riconoscibilità. So che il Sindaco non sarebbe contrario all’idea e comunque tra i cassetti degli Uffici di Santa Chiara, potrà trovare stimoli e idee provenienti anche da un concorso internazionale, che fu espletato  sul tema a fine anni ottanta. Ma sarà il caso di bandire un nuovo grande concorso internazionale di idee, dotato di adeguate risorse per poter attirare la partecipazione dei più grandi studi di architettura del mondo. Sarebbe questo il modo più degno per risarcire la città dell’immenso danno provocato dall’incultura e dalla miopia di una certa classe politica. E avviare realmente una nuova stagione all’insegna del profondo cambiamento, nel segno della memoria e della bellezza.  

*ex sindaco