Nuovo direttivo e vecchi problemi per la Lega a Catanzaro

Sorpresa per l’esclusione di Antonio Chiefalo, già coordinatore d’area, dall’organismo guidato da Giuseppe Macrì

Dopo che si è appreso della nomina del nuovo direttivo provinciale di Catanzaro della Lega Calabria della Lega Salvini – questa dovrebbe essere la dicitura corretta, se non capiamo male – nessuno può dire in onestà di essere cascato dal pero per la sorpresa. È perlomeno dall’inizio dell’estate che si conosceva l’identità del coordinatore provinciale, e l’ufficialità non ha smentito le previsioni: Giuseppe Macrì, presidente provinciale dell’ordine degli architetti pianificatori paesaggisti e conservatori (da un po’ di tempo gli eredi di Vitruvio hanno ampliato le specialità). Per merito, sicuramente. Ma anche perché da queste parti essere presidenti di un ordine provinciale porta bene alle carriere politiche: succede tra i medici, succede tra gli avvocati. E poi dicono che il pezzo di carta, la laurea, non serve a niente.
Semmai, bisognerebbe chiedersi come mai si è atteso tanto, e soprattutto perché la segreteria regionale, che poi essenzialmente è il binomio Gabriele Invernizzi titolare e Walter Rauti vice responsabile nazionale degli Enti locali per il Sud (perché la Lega contempli queste cariche così altisonanti non è dato sapere), perché la segretaria regionale ci ha messo tanto a partorire l’elenco in evidente tempistica post elettorale. Probabilmente si voleva capire come sarebbe andata a finire. È finita male, nonostante Salvini esulti per Taurianova.

Però, a ben guardare, a scorrere l’elenco dei componenti del direttivo, qualche sorpresa non manca. Oltre a Macrì, ne fanno parte Antonio D’Alessi, Massimo Tigani Sava, Vincenzo Olivadese, Lucio Romeo, Tommaso Mazza, Carmelo Chillà, Giuseppe Rotundo, Giuseppe Folino, Agostino Grande, Marisa Viglianisi.
C’è una sorpresa più piccola, diciamo così: la presenza di Pino Rotundo che, per quanto si ricordasse, era fino a luglio in rotta di collisione con il nuovo corso leghista catanzarese, proprio lui che è da annoverare tra i leghisti della primissima ora, tesserato Lega Nord nel 2009, fondatore di Calabria Lega Federalista nel 2010. Non gli andava giù, a lui come a molti altri, che dopo avere faticato da matti e bagnato di sudore sette camicie e anche più per vincere l’innata e giustificata diffidenza dei calabresi per il Carroccio, fossero i nuovi arrivati, i leghisti delle vacche grasse a dettare legge in seno al partito. Chissà, ci sarà stata una ricomposizione, oppure comincia a trapelare qualche incertezza di fondo nel gruppo dirigente, che non si sia tirata troppo la corda.
E poi c’è una sorpresa più grossa. Manca nell’elenco l’uomo che più di ogni altro ha impersonato la Lega a Catanzaro negli ultimi anni, ovvero quell’Antonio Chiefalo che fino all’avvento di Invernizzi, e poi di Rauti, è stato il coordinatore d’area per Catanzaro e hinterland. Quando a giugno del 2019 Invernizzi, plenipotenziario di Salvini, convocò Gli Stati Generali della Lega in Calabria (l’altisonanza …) a Catanzaro, di colpo azzerò tutti i coordinamenti. Per dire il vero, Chiefalo lo aveva anticipato, essendosi candidato alle regionali e ritenendo doveroso lasciare le cariche organizzative. Chiefalo per pochi voti non riuscì a varcare la soglia di Palazzo Campanella. Anche perché a rosicchiare la sua base elettorale intervenne la discesa in campo di Filippo Mancuso, uomo di “Catanzaro con Sergio Abramo”, con Sergio Abramo per Filippo Mancuso, chiediamo scusa per il bisticcio. Nel direttivo da ieri in sella, ci sono diversi componenti che fino alle regionali si potevano considerare vicini a Chiefalo, che da qualche tempo non appare più sull’orizzonte ottico leghista. Forse emarginato, forse sdegnosamente vigile ai bordi del fiume a scorrere l’onda che passa in attesa di qualche segno di rivincita. Un fiume, quello leghista in Calabria, i cui sommovimenti in profondità iniziano ad apparire in superficie. Che ci sia un dualismo di fondo a livello regionale è risaputo. Al duo calabro-lombardo Invernizzi-Rauti si contrappone da tempo l’asse lametino-europeo Furgiuele-Sofo. Come questo macro dissidio si traduca nel territorio è certamente difficile da definire. Di sicuro per la Lega in Calabria, come d’altra parte in Italia, sembra finita l’epoca della crescita esponenziale, affidata alla carica dirompente della novità salviniana. Iniziano a esplicitarsi i dissidi interni anche a livello nazionale. Vedi alla voce Giancarlo Giorgetti. In Calabria, dove qualche voce interna non esita a parlare di implosione, la ferita della sconfitta del candidato sindaco leghista Minicuci a Reggio sarà a lunga rimarginazione. Le uscite estemporanee del vicepresidente della Regione Spirlì non aiutano. Ma soprattutto non aiuta la fine del disincanto legato a una certa idea, quasi romantica, di imporre una nuova forza politica in ragione di una mentalità che si riteneva nuova essa stessa. Quando probabilmente era solo adeguata ai tempi. E questi sono tempi difficili. Per tutti.