Il Consiglio comunale come una matriosca: per Abramo una brutta sorpresa dentro l’altra

Si rompe il megagruppo del sindaco, solo l’intervento di Tallini allunga un salvagente a una maggioranza alla deriva. Consiglio rinviato e riconvocato

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Chi salverà questa consiliatura? Nostro Signore che apre sconsolato le braccia alla destra del presidente Polimeni e del sindaco Abramo? Oppure Nostra Signora che offre il suo sguardo pietoso alla loro destra? Nessuno dei due, il miracolo a Catanzaro è rinviato. O meglio, l’angelo che si è materializzato nel mezzo della tempesta ha assunto le sembianze molto più terranee di Mimmo Tallini che normalmente presiede il Consiglio regionale, ma straordinariamente toglie le castagne dal fuoco a Sergio Abramo, in un sorta di eterogenesi della volontà che ha dell’incredibile se si pensa alla perpetua concorrenza tra Abramo e Tallini, assumendo peraltro i caratteri della ineludibile necessità quando si tratta di salvare la scialuppa che fa acqua da tutte le parti. Sembrava proprio questo, una navicella in mezzo alla tempesta, il governo cittadino del sindaco Abramo dopo le prime bordate che gli erano arrivate per fuoco amico – “Dagli amici mi guardi Iddio che dai nemici mi guardo io” –  quando uno dei componenti del gruppo Catanzaro per Sergio Abramo, Demetrio Battaglia, a nome di altri sei componenti – Rosario Mancuso, Filippo Mancuso, Francesca Celi, Luigi Levato, Francesco Gironda, Enrico Consolante – osava l’incredibile: abbandonare l’aula in segno di protesta per non avere inserito all’ordine del giorno una pratica di basso, bassissimo profilo pubblico e di interesse esclusivamente privato, una banale guerra di confini tra due residenti in via Montecorvino.

La banalità del contrasto cozza contro gli effetti politici che sottende: la spaccatura profonda nel gruppo intestatario del sindaco, cresciuto nel corso del mandato fino alla dimensione monstre di 10 componenti. Troppa grazia, troppi comprimari. A parte il sindaco, ci sono perlomeno tre pezzi da novanta in fatto di referenze: il capogruppo Pisano che la prende male, lui fedelissimo ad Abramo, che si vede e si proclama sfiduciato, e poi Luigi Levato e Filippo Mancuso, assente perché impegnato in Commissione regionale ma presente nella considerazione di tutti come l’ispiratore della manovra che mette all’angolo Abramo. Si è creato un dissidio nel corso degli ultimi mesi, coincidenti con l’ingresso di Mancuso in Consiglio regionale in quota Lega, una Lega che non è più monolitica ma nella quale serpeggiano malumori e con loro manovre a breve e medio raggio, in ragione del posizionamento alle prossime scadenze elettorali: il rinnovo del Consiglio provinciale, fissato per il 13 dicembre, e le elezioni amministrative a Catanzaro, che si dovrebbero tenere nella primavera del 2022. Il condizionale è necessario perché molti ormai danno alto l’interesse del sindaco a ricevere un incarico di spessore nella Giunta Santelli, forse la vicepresidenza al posto dell’imbarazzante Spirlì. Nei disegni precostituiti da tempo e finora coltivati con diuturna cura dal gruppo del sindaco e da Catanzaro da Vivere, in pole position nelle candidature di successione si trova proprio il presidente del Consiglio Marco Polimeni. Ma negli ultimi mesi sembrano cresciute le ambizioni per la stessa carica di Filippo Mancuso e da questo nuovo impulso nascerebbero iniziative come quella annunciata in aula dal consigliere Battaglia.

Si vocifera addirittura di un documento di sfiducia nei confronti di Abramo girato tra i corridoi di Palazzo De Nobili nei giorni scorsi. Non andato in porto e forse frutto solo di fantasie propalate ad arte per seminare zizzania. Come se ce ne fosse bisogno.
In aula è successo di tutto, in una seduta che a priori sembrava tranquilla e di ordinaria amministrazione. Finanche la lettura da parte di Nunzio Belcaro di Cambiavento di una mozione di censura nei confronti del vicepresidente della Regione Spirlì per le irripetibili espressioni pronunciate a Catania al convegno leghista e non ammessa alla discussione. Poi un atto di indirizzo per prolungare l’occupazione degli spazi esterni di bar e ritrovi, una mozione per impegnare il Consiglio e la Giunta a una più serrata opposizione al trasferimento dei beni del convento dei Cappuccini dopo la loro dipartita da Catanzaro. Tanto che il massimo dell’emozione sembrava essere riservato al “solito” Sergio Costanzo che ironicamente ha elencato i ringraziamenti dovuti al sindaco per quello che non ha fatto nel corso di questo mandato o che ha fatto male: il Psc, il depuratore, i trasporti, i parcheggi, il centro Covid, la rete idrica, il piano commerciale, gli impianti sportivi, il centro storico, eccetera eccetera. E invece, è successo tutto quel che abbiamo detto, e anche di più.

Perché hanno via via abbandonato l’aula, per protesta, singolarmente dopo averne motivato le ragioni: prima il consigliere di Catanzaro da Vivere Antonio Mirarchi per via dello stallo nella cura dei cimiteri, poi il consigliere del Misto Antonio Triffiletti perché altro non ci sarebbe da fare dopo la continua perdita di fiducia e credibilità del sindaco, e poi anche del consigliere Eugenio Riccio, e poi dei consiglieri della minoranza, alla spicciolata, in una baraonda d’aula che la capogruppo di Forza Italia Roberta Gallo ha definito “un minestrone”. Ma a pensarci bene la metafora che più gli si addice è la matriosca, la bambola russa che dentro ne contiene un’altra e un’altra ancora man mano che apri l’una e poi l’altra e l’altra ancora. Perché dopo aver capito che l’attacco sulla pratica dei due contendenti di Montecorvino era solo il pretesto in funzione del posizionamento prossimo venturo, ecco spuntare un altro intoppo laddove solitamente non c’è nulla da discutere perché non bisogna fare altro che pagare in base a sentenze passate in giudicato.

Sono i famigerati debiti fuori bilancio. Ce n’erano ben quindici da approvare, ma su tutti spiccava proprio l’ultimo, tanto che il presidente Polimeni ha ottenuto si discutesse a parte. È un debito rilevante, aggirantesi su oltre seicentomila euro, scaturito da una sentenza definitiva del 2014, relativa al contenzioso della curatela fallimentare di un esercizio commerciale che ha visto il Comune soccombente. Si è addivenuto a un accordo tra le parti che ne avrebbe dimezzato l’importo, ma la scadenza del pagamento è ormai vicina e certo non fa bene alle casse comunali. Non si è capito bene su cosa bisognasse discutere: qualcuno ha parlato di un emendamento da proporre e approvare, ma non si comprende in cosa possa consistere l’emendare un debito già transato e in pagamento per ordine del giudice. Per saperlo dovremo aspettare il fine settimana, forse giovedì o venerdì, quando il Consiglio sarà riconvocato dalla conferenza dei capigruppo che si riunisce domattina alle 9 e trenta. A questa decisione si è giunti dopo una sospensione dei lavori preventivata in 5 minuti e protratta invece per quattro ore. Il tempo necessario perché Tallini spiegasse cosa fare ai suoi nella sala Giunta, e perché Abramo tenesse a bada i suoi invitandoli a pazientare nella stanza del consigliere Pisano.

Il tempo necessario a Tallini e Abramo per incontrarsi e decidere come fare entrare la scialuppa in un porto se non sicuro perlomeno riparato dai marosi, e trovare la scappatoia regolamentare annunciata in aula da Roberta Gallo che ne ha fatto richiesta a nome dei gruppi di Forza Italia, Officine del Sud e Obiettivo Comune che “a seguito dell’abbandono dell’aula da parte di sette componenti del gruppo Abramo con grande senso di responsabilità si preoccupano della compattezza della maggioranza che sostiene il sindaco in un momento chiedendo l’aggiornamento per un’approfondita discussione delle importanti pratiche all’ordine del giorno e la riconvocazione in prima e seconda seduta”. I tredici consiglieri superstiti hanno approvato. Una toppa è stata sistemata alla meno peggio sulla falla di una barca che è sembrata sul punto di affondare. Se è stata ben sistemata e soprattutto quanto possa tenere dipenderà molto dalle prossime ore, e dalla capacità di mediazione di Mimmo Tallini che ancora una volta sembra dettare le regole di un gioco che si ripete sempre più stancamente e forse finirà così, per sfinimento.

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