De Magistris, un’operazione difficile e problematica nel segno del nòstos

Gente che va, gente che viene: Calabria regione aperta

“Il dado è tratto”, disse chi, avendo passato il Rubicone, compiuto il passo decisivo si rendeva conto che tornare indietro sarebbe stata una ignominia e un disonore senza rimedio. Giulio Cesare marciava alla volta di Roma, Luigi De Magistris marcia sulla Calabria di una volta, che ha lasciato più di dieci anni fa e il cui ricordo conserva nel cuore e nella mente, probabilmente rinforzato e aggiornato da rapporti amicali e da ragguagli provenienti dalla sfera famigliare.

Dalla lunga dichiarazione che il sindaco di Napoli ha accompagnato allo scioglimento in positivo della riserva sulla candidatura alle presidenziali calabresi si può intanto evincere il sentimento molto magnogreco del nòstos, quel misto di ritorno e di sottile dolore che, compendiato in nostalgia fa spesso compiere passi, appunto, decisivi e difficilmente rimediabili, pena la delusione di chi ci ha creduto e la perdita di lustro di chi ha alimentato speranze non riposte su solide basi. Allo stato non si comprende bene su quali presupposti di possibile successo poggi la volontà interventista di De Magistris, tanto è vero che lui stesso la rubrica tra le “imprese impossibili”, salvo poi recuperare slancio facendo ricorso al sempiterno ottimismo della volontà e all’entusiasmo della lotta. L’ex pm afferma di avere ricevuto numerose spinte e sollecitazioni da numerosi esponenti della società civile o, come si dice adesso, del civismo.

Da quel che si sa, però, a parte la pur significativa testimonianza di Michele Conia da Cinquefrondi e di Saverio Pazzano da Reggio, di rilevante c’è un interesse obtorto collo del Tesoro Calabria di Carlo Tansi e una timida apertura da parte del non plenipotenziario elettorale dei Cinquestelle Riccardo Tucci, quest’ultima condizionata dalla generale condivisione del centrosinistra molto lontana da risultare praticabile. Per quanto riguarda Tansi, ha già messo le mani avanti, nel senso che vale per De Magistris quanto ha dettato nello zoppicante tavolo di consultazione del centrosinistra: “ci sto solo se faccio il presidente”.

A parte questa riproposizione in chiave arancione dello stracult “Una poltrona per due”, non si vede come due asperità caratteriali impersonate dall’ex prociv e dall’ex pm possano costituirsi in piattaforma programmatica, appena si scenda dalle affermazioni di principio, e valide per tutte le evenienze, ai duri dettami dell’amministrazione di una regione che va governata più che conquistata.

Per quanto riguarda i Cinquestelle, in un momento in cui il destino del governo giallorosso a Roma e la sopravvivenza istituzionale di molti loro parlamentari dipendono dal mantenimento dei buoni rapporti di partnership al centro e in periferia, i margini autonomi di manovra per la delegazione pentastellata calabrese si sono di molto ridotti. De Magistris annuncia: “Nelle prossime settimane, nei prossimi giorni farò tanti incontri per costruire insieme alleanze, convergenze e candidature ma non saranno di apparato, di ceto politico tradizionale”. É lo stesso bacino in cui intende pescare Tansi e di cui hanno usufruito fino al 2018 i Cinquestelle: se non c’è accordo l’operazione algebrica è di reciproca elisione e non di confortevole addizione.

Allargando la visuale, quando il neo candidato afferma “non mi farò includere in uno schieramento liturgico della politica tradizionale, non sono un candidato di centrosinistra”, da va sé che per il centrosinistra il discorso è chiuso ancora prima di incominciare. E, certo, complica ancora di più le già difficili probabilità di ribaltamento dell’ultimo esito elettorale, riproponendo l’ennesima frammentazione di un fronte che invece necessiterebbe, per lo scopo che si prefigge, della più larga unità. Mentre nell’area intellettuale di riferimento tradizionale della sinistra si sono già levate forti le voci di dissenso a un’operazione che ha evocato sentori di colonialismo culturale ancor prima che politico, con il poco piacevole sospetto della ricerca di un riposizionamento personale al termine dell’esperienza di sindaco dell’ex capitale partenopea. Tanto che, nell’ambito, si è evocata la figura del “papa nero” per raffigurare e in qualche modo esorcizzare la discesa di De Magistris il quale, da parte sua, lascia adito a possibili fraintendimenti e inevitabili ambiguità, assimilabili alla risibile telenovela del commissario alla sanità, quando dichiara: “Se finisce l’esperienza di sindaco a Napoli? No assolutamente … continuerò a fare il sindaco sicuramente sino all’elezione, facendo magari una specie di tandem a sud”.

A proposito di “papa nero”, e delle interconnessioni lungo l’asse Napoli-Catanzaro, una mia amica amante delle ricongiunzioni astrali mi suggerisce un possibile scambio di reciproci auguri tra il sindaco di Napoli in procinto di mettere i piedi perlomeno temporaneamente nelle due staffe calabro-partenopee e il nuovo arcivescovo di Napoli, il catanzarese monsignor Mimmo Battaglia, che proprio domani compie gli anni. Gente che va, gente che viene: Calabria regione aperta.