Pubblicata la delibera di resistenza del Comune al ricorso in appello del consigliere Amendola

L’astensione degli assessori di Forza Italia in giunta è un atto politico al di là delle motivazioni tecniche e giuridiche alla base del contenzioso in atto

È stata pubblicata sull’albo pretorio la delibera di giunta con la quale il Comune di Catanzaro dà mandato allo staff legale interno di rappresentarlo nel giudizio di appello amministrativo promosso dal consigliere Andrea Amendola avverso la nomina, avvenuta con voto di Consiglio, del presidente dell’organo di revisione dei conti dell’ente, nella persona del dottor Francesco Lacava.

Sono diversi i motivi che spingono a gettare luce su una pratica su cui l’amministrazione tenta in ogni modo di mantenere un understatement a cominciare dalla terminologia estremamente asettica adottata nell’atto, a iniziare dall’oggetto di delibera: “Ricorso in appello dinanzi il Consiglio di Stato in S.G. per la riforma, previa sospensiva, della sentenza del Tar Calabria n. 796/2021, del 19.04.2021, non notificata, nel giudizio promosso dal signor A. A. contro il Comune di Catanzaro, nonché il dott. L. F.”, nel quale il consigliere di maggioranza Andrea Amendola viene citato con le sue semplici iniziali (A.A.), come d’altra parte l’altro convenuto, dove L.F. sta, appunto per Francesco Lacava.

Nella sostanza, però, il giudizio che andrà a svolgersi al CdS ha superato da un pezzo la soglia dell’usuale, non fosse altro nel considerare la circostanza di un consigliere di maggioranza che promuove un giudizio amministrativo contro un deliberato della maggioranza consiliare di cui fa parte, provocando per rimbalzo la resistenza dell’amministrazione nei due gradi di giudizio esperiti.

Dal punto di vista amministrativo nulla da eccepire sulla dinamica di parte e controparte. D’altra parte, se il ricorrente ha deciso, insieme allo stimato legale che l’assiste nel passo, a intraprendere un costoso giudizio in appello, è perché ritiene di avere fondati motivazioni di ordine giuridico cui poggiare la sua tesi.

Ma è sull’aspetto politico che la vicenda ha le sue inevitabili ripercussioni, in un quadro, ricordiamo, attraversato da molteplici faglie che di continuo vanno in fibrillazione. A riprova di ciò l’adozione dell’atto di giunta avvenuta con l’astensione dei tre assessori riferibili a Forza Italia, essendo il quarto, Alessio Sculco, assente: Ivan Cardamone, Lea Consolino e Domenico Cavallaro.

Da notare come Forza Italia continua a mantenere una considerevole presenza in giunta, nonostante la sua rappresentanza in Consiglio sia di parecchio diminuita rispetto a quanto determinato dalle urne: attualmente il gruppo azzurro, comprendendo il satellite Obiettivo Comune (al quale appartiene lo stesso Amendola), è ridotto a sei esponenti. Certo, sempre dal punto di vista politico, sarebbe stato ugualmente contradditorio se in giunta gli assessori forzisti avessero dato voto positivo censurando l’operato di un loro consigliere.

Il voto d’astensione consente di stare in un territorio che sa più di ambiguità che di equidistanza. Anche perché sarebbe lecito, sempre dal punto di vista politico, che il consigliere ricorrente spiegasse la ragione di tanta partecipazione, emotiva e fatalmente mediatica, alla causa professionale di un soggetto privato, al di là di quanto, dal lato tecnico e giuridico, è già risaputo sulla base del ricorso bocciato in prima istanza, perché inammissibile, da parte del Tar della Calabria. Certo, l’eventuale successo del ricorso in appello aprirebbe scenari nuovi e al momento non prevedibili. Costituirebbe in effetti un precedente inedito. Di quelli destinati a fare giurisprudenza, direbbero gli esperti in materia. Giustificando i consiglieri che lamentino “la lesione della propria sfera giuridica” al di fuori del carattere eccezionale dei casi già previsti e legittimandoli a “impugnare le delibere dell’organo di cui fanno parte” qualora dissenzienti.