Piatire un posto in Giunta regionale non sana il vuoto di rappresentanza della Città

Politica è la causa del flop attuale, politica deve essere la soluzione. Affidata a una nuova generazione di protagonisti della vicenda pubblica

Dunque, ridotto all’osso il ragionamento mainstream è il seguente: poiché Catanzaro è uscita penalizzata dalle urne in fatto di consiglieri regionali, sia risarcita con uno o due posti nella giunta di Roberto Occhiuto. Due meglio che uno, naturalmente. Duplici le ragioni addotte a questa pretesa tra il risentito e il pietistico: da un lato si sottolinea come senza l’apporto considerevole dei candidati di centrodestra la coalizione non avrebbe conseguito il suo ottimo risultato; dall’altro si fa riferimento a una prescrizione morale che imporrebbe di non “umiliare” il capoluogo, caduto quasi all’improvviso nel baratro della inconsistenza all’interno di una regione (e di una Regione) già di per sé lambente l’irrilevanza politica. Il quasi è ovviamente necessario, poiché i relativi allarmi erano ben stati sollevati con ampio anticipo e da fonti autorevoli, se tale aggettivo può ancora adattarsi a personalità che, assume per buono quanto finora detto, devono necessariamente dimostrare di averne piena titolarità.

Primo fra tutti il sindaco Sergio Abramo che avendo definitivamente scostato la fragile velatura di imprenditore prestato alla politica se ne è fatto totalmente carico nello sposare la causa di Toti e Brugnaro e del loro nuovo partito e così risolvendo la precaria stabilità all’internodi Forza Italia. In verità la performance elettorale di Abramo è del tutto paradigmatica della scena politica catanzarese del momento, consona più a portare acqua alle riserve altrui che a riempire le proprie. Abramo è stato il principale motore che ha consentito a Coraggio Italia l’ottimo esordio in campo regionale e per di più molto a Sud del suo core business. Ma ha fallito nella missione locale che si era dato, puntando le sue fiches sul catanzarese avvocato Frank Mario Santacroce sconfitto nella gara interna dal vibonese Francesco De Nisi. Anche qui è come se tutte le contraddizioni più volte rilevate nel recente passato di una pericolosa involuzione del quadro generale conseguente alla tripartizione provinciale degli anni Novanta finiscano per rivoltarsi per ulteriore ingiuria contro la detentrice del precedente primato provinciale.

La geografia rappresentativa uscita dalle urne vede infatti residente a Catanzaro solo uno dei nuovi consiglieri, Filippo Mancuso (Lega). Due sono residenti nell’immediato hinterland (Ernesto Alecci PD, Soverato e Antonio Montuoro FdI, Marcellinara), uno a Lamezia Terme (Valeria Fedele, FI), uno a Gizzeria (Pietro Raso Lega), uno a Filadelfia (Francesco De Nisi Coraggio Italia), tre a Vibo Valentia (Michele Comito FI, Antonio Lo Schiavo De Magistris presidente e Raffaele Mammoliti PD). Estrapolando dal dato anagrafico il significato politico, si appura una significativa perdita in rappresentanza per Catanzaro, che nella precedente elezione regionale solo 20 mesi fa aveva espresso ben sei consiglieri (Domenico Tallini, Sinibaldo Esposito, Francesco Pitaro, Libero Notarangelo, Filippo Pietropaolo, Filippo Mancuso). Due le considerazioni immediate. Nessuna conferma, eccezion fata per Filippo Mancuso. E curiosa predominanza di Vibo Valentia nel pallottoliere numerico, a scapito di Catanzaro ma ancor di più di Crotone e della sua provincia scomparse dai radar. Con la successiva postilla del preminente ruolo che ha assunto il coordinatore regionale di Forza Italia, senatore Giuseppe Mangialavori, che, flebile nella voce ma concreto nella fattualità, ha saputo costruire intorno alla figura del cardiologo vibonese Michele Comito (ben 13.704 preferenze, unica doppia cifra in campo circoscrizionale) l’intera lista di partito, in modo tale da sbaragliare eventuali concorrenti interni. Domenico Tallini, che rimane coordinatore provinciale di Forza Italia, tra le righe del suo ultimo comunicato, nel dichiarare di avere sostenuto la prima esperienza elettorale di Silvia Parente, ne ha rivendicato il ruolo di argine che “ha impedito che nella nostra provincia pascolassero senza alcun merito ‘candidati predoni’ imposti da altri territori”. Stante la sibillina indeterminatezza dell’indicazione, il più facile degli accostamenti è da ricercare all’interno dei confini di partito e non all’esterno. A meno di specifiche più dettagliate.

Dicevamo di Sergio Abramo, delle sue fosche previsioni circa il decadente ruolo della città che ha guidato salvo una pausa quinquennale dal 1997 a oggi. Più volte il sindaco ha ammonito che a furia di parlare male di Catanzaro, di paventare intrallazzi e massomafie, di sminuirne sempre e comunque ruolo e iniziative, tenute contabili e rispondenze regolamentari, le pulsioni interne negative presto si sarebbero rivoltate contro in termini di incidenza nella comunità politica regionale. Ma lo ha fatto anche tutta l’opposizione cittadina, ancora quando frequentavano l’aula consiliare Nicola Fiorita e Gianmichele Bosco, e da ultimo i giovani segretari cittadini del PD che, non rappresentati in Consiglio, fanno quel che possono per pubbliche piazze e adunate a tema.

E lo ha fatto anche Sergio Dragone nell’intervento recante titolo “Il crepuscolo di un capoluogo” pubblicato ieri su queste pagine: “Il baricentro politico della Calabria con queste elezioni si è spostato ancora più decisamente lungo l’asse Cosenza-Vibo Valentia-Reggio Calabria che vanta il maggior numero di eletti sia al Parlamento sia nel Consiglio regionale”. La crisi di rappresentanza di Catanzaro, scrive giustamente Dragone, è lo specchio della crisi in toto della città: “Se una Città non ha luoghi-simbolo come una stazione o un porto, se la sua Cattedrale è desolatamente chiusa, se l’Assemblea cittadina non può riunirsi da anni nella sua Casa istituzionale, se il suo centro storico soffre una crisi senza fine nonostante le eroiche iniziative dei privati, se perfino la sua Chiesa è scossa da avvenimenti ancora imperscrutabili, come stupirsi se poi i suoi cittadini riversano i loro consensi su candidati delle altre province e delle altre città?”.

Vero. Ma se la radice della crisi è indubbiamente di natura politica, poiché politici sono tutti i fatti rammentati e le mancanze ricordate, nella politica va ricercata la soluzione. Potrà tentarci la sparuta rappresentanza catanzarese in Consiglio regionale o potrebbe cimentarsi, qualora le invocazioni alla altrui pietà trovino accoglienza, l’ipotetico e allo stato fantasmatico concittadino assiso nella nuova Giunta Occhiuto. Più credibile che nuova linfa nasca dove sono seccati i rami della pianta che ha dato ben altri frutti, e che la ripartenza del capoluogo si affidi a una nuova generazione politica che germogli dal basso, e da coltivare amorevolmente. Ci vorrà tempo, ma il tempo è adesso.