Striscia la protesta nell’aula consiliare: molte assenze e presenze a singhiozzo

Amarezza e perplessità tra i consiglieri comunali che erano interessati all’archiviazione proposta dal pm e respinta dal gip

Come già riferito in altra parte del giornale, il Consiglio comunale odierno, sbrigato nel tempo quasi record di mezz’ora, si è aperto con oltre novanta minuti di ritardo per il protrarsi di una riunione di maggioranza durata due ore.

Bastano solo questi raffronti di tempistica relativa per intuire che qualcosa nello svolgimento dei lavori d’Aula ha risentito della nervosa mattinata vissuta da molti dei consiglieri, informati dai loro legali delle decisioni assunte dal gip del Tribunale di Catanzaro che ha respinto per gli indagati nel procedimento Gettonopoli la richiesta di archiviazione per tenuità del fatto avanzata dal pm conduttore delle indagini, facendo così rimanere valida l’ipotesi dei reati di truffa aggravata e falsità ideologica perlomeno fino a quando lo stesso pm, su invito del gip, non formulerà per essi l’imputazione relativa.

È molto probabile che la notizia non sia giunta inattesa ai legali ma ha sicuramente increspato gli animi dei consiglieri interessati al provvedimento, tra i quali, sia detto per chiarezza, non tutti avevano accolto bene la possibile uscita dal procedimento per semplice tenuità, invocando per loro la piena archiviazione.

I malumori si sono riversati, anche, nella riunione che ha preceduto la seduta di Consiglio che, in parte, ha assunto la funzione di sfogatoio delle aspettative andate deluse e delle incognite sul futuro prossimo cui sono molto sensibili soprattutto i più giovani tra i consiglieri, fresche promesse della politica cittadina che, in caso di rinvio a giudizio vedrebbero notevolmente compromesse le loro future ambizioni di carriera, a iniziare dalle elezioni amministrative di primavera che riguarderanno proprio il rinnovo del Consiglio comunale di Catanzaro.

I tempi sono quelli che sono, con un’attenzione spasmodica dell’opinione pubblica per gli affari di palazzo quando si intravedono possibili scenari loschi e configurazioni di ipotesi truffaldine da parte degli eletti, mentre per il resto dell’attività amministrativa dei rappresentanti del popolo sia diretta che indiretta vige una generica e generalizzata indifferenza.

Da qui il risentimento di fondo che si è manifestato coralmente davanti al sindaco Abramo e al presidente Polimeni e che ha avuto una simbolica e strisciante manifestazione in aula con una presenza discontinua e a singhiozzo da parte dei consiglieri, bastevole a garantire il raggiungimento del numero legale ma di fatto inducente una sostanziale asfissia del dibattito e la conseguente brevità dei tempi di seduta.

Da quel che è trapelato pur nel comprensibile riserbo, la proposta di protesta simbolica è stata in effetti avanzata nella riunione, ma non ha ricevuto consenso unanime, sia per non sovrapporre più di quanto non sia strettamente necessario i corsi autonomi di politica e giustizia che è bene scorrano paralleli, sia per non caricare di troppi significati negativi la decisione del giudice preliminare, come d’altra parte sottolineato alcune ore più tardi da una nota dei difensori.
Piuttosto, da più parti si ritiene urgente addivenire a una sostanziale riforma del regolamento del Consiglio comunale che adegui ai tempi articoli e commi ormai datati, cosa alla quale pare siano impegnati da tempo gli uffici di segreteria e di presidenza.

E che comporti anche l’assegnazione d’ufficio di addetti alla compilazione dei verbali di Commissione le cui assenza, incompletezza e incongruità sembrano essere il fulcro su cui ha agito la leva amplificatrice dell’accusa.

Insieme, ma questo travalica le competenze comunali, a una riforma più generale del Testo unico degli enti locali anche nelle parti che riguardano esplicitamente i compensi dovuti ai consiglieri e al loro legame con il gettone di presenza: “I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di percepire, nei limiti fissati dal presente capo, un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni.

In nessun caso l’ammontare percepito nell’ambito di un mese da un consigliere può superare l’importo pari ad un quarto dell’indennità massima prevista per il rispettivo sindaco o presidente” (art. 82 comma 2 Tuel).