Letta: Nicola Fiorita sarà sindaco, anzi un grande sindaco per Catanzaro

Pomeriggio intenso per il segretario del Pd: prima l’incontro con le parti sociali, poi la commemorazione di Capaci e infine l’incontro pubblico con il candidato del centrosinistra

Elettorale stanca. O, fa lo stesso, elettolare stanca, ci si passi il neologismo. Enrico Letta quando parla nella Casa delle Culture più colma del bastevole ha già incontrato le parti sociali nella Sala Concerti del Comune e ha già affrontato a passo marziale il tratto di strada che da Palazzo De Nobili porta alla via Falcone e Borsellino, davanti la Procura, dove una stele ricorda il sacrifico dei due magistrati. Accanto ha tutti gli uomini del Partito democratico calabrese, i consiglieri regionali, gran parte dei candidati in lista. C’è anche il componente laico del Consiglio superiore della magistratura, il catanzarese Fulvio Gigliotti che tutti danno in quota Cinquestelle, perlomeno fin a che il senatore Nicola Morra, presidente della Bicamerale antimafia, non è stato espulso dal partito non partito.

Enrico Letta,  segretario PD, a Catanzaro

La corsa trafelata del piccolo corteo dal Comune alla Procura è stata effettuata nel tempo record di 9 minuti e rotti, il tempo giusto per arrivare alla commemorazione alle 17:58, l’ora del tritolo a Capaci. Più tardi, nella Casa delle Culture, il segretario sfrutterà la performance pedatoria per affermare che Nicola Fiorita ha il passo giusto per essere un buon sindaco, anzi “un grande sindaco di Catanzaro. Farà un lavoro che sarà importante per ridare al capoluogo la sua dignità di città chiave e per tutta la regione”. Non è un discorso propriamente trascinante, quello del segretario del Partito democratico. Non è nel suo stile, e nessuno se lo aspetta. Lui stesso prima di tutti, anche se inizia a manifestare qualche segno di cedimento della corazza di responsabilità che si è cucita addosso per affrontare quotidianamente le intemperanze dei partner di coalizione, e segnatamente di Matteo Salvini, del quale dice che “si comporta da oppositore più di quanto facciano quelli che all’opposizione ci stanno veramente”.

Il segretario arriva a prefigurare il giorno in cui il PD smetterà di essere per il governo Draghi ciò che la Protezione civile è per il Paese, pronto a tappare le falle dell’emergenza. Ma intanto, con i sindacati, con gli industriali, con le associazioni datoriali, ancora una volta ha dato sfoggio della dote che più gli viene riconosciuta, la perseveranza responsabile sugli obiettivi fattibili che in questioni momento si identificano con il Pnrr, risorse delle quali il Paese ha bisogno, ma in particolar modo ne ha necessità assoluta la Calabria, per colmare il gap di infrastrutture, di sanità e di lavoro ai giovani che la divide dal resto del Paese e dell’Europa. Lo sfoggio di pazienza finora stoicamente manifestato avrà pur fine, “il PD andrà al governo solo se lo vorrà il popolo”, e il riferimento è alle politiche 2023 quando occorrerà scegliere tra “populismo dei sovranisti e il riformismo dei progressisti”. Intanto ci sono le amministrative, e fra queste c’è Catanzaro, dove il centrosinistra ha anticipato il campo largo del Pd nazionale.

Nicola Fiorita raccoglie le benevolenze del segretario e rilancia, parla ancora una volta della “Grande Catanzaro”, cita come aveva fatto nel contest di Catanzaroinforma il suo eroe di riferimento, Angelo Vassallo, assassinato per mano camorrista, sindaco di Pollica, città di mare come città di mare è e sarà sempre di più Catanzaro. Agli avversari e segnatamente a Valerio Donato dedica un breve passaggio, quando paragona lo schieramento trasversale che ha messo in piedi al laboratorio di Frankenstein, lo scienziato folle al quale sfuggì di mano il mostro sua creatura. All’ebbrezza del gotico, Fiorita, e Letta con lui, contrappongono la tranquilla normalità della chiarezza e della linearità: il campo largo del centrosinistra, senza possibilità di sbandamenti o straniamenti. Letta dice a un certo punto di andare via da Catanzaro “sereno”, certo della vittoria di Fiorita. Si accorge di essersi citato addosso, per via del famoso “stai sereno” di renziana memoria, e si corregge subito: “diciamo meglio che andrò via fiducioso e ottimista”. Un guizzo di autoironia, nel mare calmo della responsabilità.