Dal “Mo e Mo” di Bramieri al Mo’ e Mo’ di Fiorita: la sostanziale sovrabbondanza dell’accento

Un’analisi laterale del voto di ballottaggio a Catanzaro: la forza degli slogan, la prevalenza dell’approccio, la predominanza della semplicità

“E Mo e Mo…Moplen” diceva in favore di telecamera e Carosello Gino Bramieri nel lanciare l’indistruttibile polipropilene destinato a semplificare la vita quotidiana nelle case e a complicare la differenziata nelle discariche. “E Mo’ e Mo’”… potrebbe pensare in queste ore Nicola Fiorita accentando con fare superfluo il Monosillabo fortunato che ha disseminato ovunque come bandierina segnaletica per indicare l’urgenza da perseguire e la direzione da seguire.

Non è stata ancora fatta, mi pare, un’analisi comparativa delle campagne elettorali dei due principali aspiranti a sindaco di Catanzaro con riguardo ai mezzi di propaganda usati, alle grafiche applicate, ai motti diffusi on the road e on the air. Al di là dei contenuti, meno programmatica più movimentista ironica e spigliata quella di Fiorita – “È il nostro turno”, i volantini di Mo’ con la faccia a metà da completare con sorriso ad personam” -; meno immediata, più austera pensosa e trattenuta quella di Donato – ‘Con tutti senza compromessi’, ‘La rivoluzione del buon senso’ –. Sono cose che possono sembrare secondarie e che, viceversa, alla lunga, dopo un batti e ribatti durato quasi sei mesi, hanno la loro importanza. Tanto che alla fine mentre dei programmi non ricordiamo alcunché, di colpo associamo colori e immagini ai due competitor.

Con ciò, non si vuole qui sostenere che Fiorita abbia vinto perché ha utilizzato meglio le armi della comunicazione e della propaganda. Semplicemente che, anche in questo settore considerato ancillare rispetto alla cosiddetta “proposta”, Fiorita ha meglio incarnato il senso ultimo di quanto, in modo forse frammentario ma univoco, emergeva dallo spirito del luogo e del tempo: l’aspirazione al cambiamento, alla rottura con un passato recente e continuato che giorno dopo giorno ha accompagnato il declino della città anche se è ingiusto e fuorviante attribuirgliene le responsabilità esclusive.

Invocava cambiamento Donato applicandovi l’eponimo di “Rinascita”, sollecitava cambiamento Fiorita cucendogli addosso la maglietta di “Cambiavento”.

Rispetto a questa avvertita necessità, non spostiamo di molto l’asse della verità fattuale considerando che nella reciproca elisione dei pro e dei contro ha prevalso nel corpo elettorale ciò che ha sentito come più semplice, logico, a incastro componibile come un Lego piuttosto che complicato e cervellotico come un cubo di Rubik. Perché la proposta di Donato – non quella originale manifestata a dicembre in solitaria nel suo studio come civica, aperta e imperniata sulle cose da fare, ma quella successiva come aggregazione di forze eterogenee e contrastanti – apparisse credibile fino in fondo sarebbe stata necessaria una sorta di lavaggio pubblico dei panni – che non c’è stato – da parte di quanti hanno affollato da comprimari delle vecchie maggioranze consiliari le liste della coalizione di Donato riuscendo in molti casi nell’intento precipuo di essere eletti con ciò manifestando tutta la propria forza elettorale, rosicchiando però consenso e tenuta, non sapremmo se inconsciamente o deliberatamente, alle sorti del candidato sindaco.

Ci sarebbe infine, in questa analisi “laterale” delle amministrative catanzaresi del 2022, da indagare sulle due fattispecie di personalità, quella propria dei candidati arrivati al ballottaggio e quella astratta e collettiva dei supporter che li hanno accompagnati nell’impresa, cosa che ha il suo bel peso in epoca di personalizzazione massima della politica. Citiamo da una ammissione spontanea di uno dei rappresentati più in vista (o in lista, fa lo stesso) della coalizione perdente nei giorni precedenti il rush finale: “Noi siamo più numerosi, ramificati e organizzati, loro sono più convinti, entusiasti e mobilitati”.

La somma fa il totale, diceva il Principe, così come il resto fa la differenza.