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Divorzio, quando spetta l’assegno all’ex

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    Quando il matrimonio finisce non sempre vengono meno i doveri nei confronti dell’ex coniuge. Dopo la separazione si passa al divorzio. E se lungo la separazione ad avere la meglio – dipende dai casi – è l’assegno di mantenimento e alimentare basato sull’esistenza e la persistenza del rapporto coniugale, non manca in sede di divorzio l’assegno che, invece, trova fondamento nello scioglimento del vincolo matrimoniale. La sua natura è composta dall’elemento assistenziale, con valutazione del pregiudizio che può causare ad uno dei coniugi il venir meno del vincolo matrimoniale; dall’elemento risarcitorio, con accertamento della causa che determina la rottura del rapporto; dall’elemento compensativo, per cui è necessario valutare gli apporti di ciascun coniuge alla conduzione familiare. Di regola, il versamento dell’assegno divorzile è riconosciuto ad uno dei coniugi in quanto questi ha diritto di mantenere lo stesso tenore di vita avuto in costanza di matrimonio. E si estinguerà quando colui che lo percepisce passerà a nuove nozze o colui che è obbligato a versarlo morirà o fallirà.

    Diverse sentenze della Corte di Cassazione sono intervenute rimodulando il funzionamento dei rapporti patrimoniali tra ex coniugi. Ad esempio, secondo la pronuncia n. 3365/2014, al coniuge malato e non idoneo al lavoro spetta l’assegno divorzile nonostante l’evidente sproporzione fra i redditi dei due ex. La Corte di appello, ribaltando la decisione del Tribunale, ha riconosciuto all’ex moglie il diritto a percepire l’assegno, poiché le sue condizioni di salute le impedivano di lavorare. Una decisione che è stata confermata dagli ermellini, tenuto conto dell’inadeguatezza dei mezzi e dell’impossibilità di procurarseli.

    Simile ragionamento è stato fatto nella recente pronuncia della Corte di Cassazione del 5 febbraio 2015, n. 2164, relativa al caso della ex moglie che ha deciso di iniziare un percorso universitario. A detta dei giudici di legittimità, proprio in quanto tale esperienza non mette in discussione la sua “impossibilità di procurarsi mezzi adeguati”, la donna avrebbe diritto all’assegno di divorzio. Su questo punto in particolare, i giudici, rispondendo alle eccezioni mosse dall’ex marito, hanno rilevato che la donna “non è rimasta inerte”: la stessa, una volta smantellatosi il rapporto coniugale, si è iscritta ad un corso universitario ed è partita in Spagna per il progetto ‘Erasmus’. A tal proposito, la Cassazione ha anche evidenziato che, proprio l’impegno negli studi universitari, seppure destinati a fornire alla donna maggiori possibilità lavorative, è “compatibile solo con occupazioni saltuarie e limitate, tali da non permetterle di mantenere il pregresso tenore di vita”. Tanto considerato, la Corte Suprema, confermando le sentenze di primo e secondo grado, ha riconosciuto alla donna il diritto all’assegno divorzile, stabilendo a carico dell’ex marito il versamento di una somma di trecento euro mensili. E’ il caso di precisare che giurisprudenza consolidata ha stabilito che l’assegno di divorzio per il coniuge, come già detto, deve tendere al mantenimento del tenore di vita da questo goduto durante la convivenza matrimoniale e che indice di tale tenore di vita può essere l’attuale disparità di posizioni economiche tra i coniugi (Cass. n. 2156/2010). E così che il “notevole divario tra i redditi dei coniugi” ha convinto, in definitiva, i giudici a riconoscere all’ex moglie studentessa universitaria il diritto all’assegno di divorzio che, nel contesto sopra enunciato, non viene scalfito dal percorso di studi intrapreso.

    L’assegno di divorzio spetta anche alla ex moglie “benestante”. A stabilirlo è stata la sentenza n. 4079/2010, secondo cui “ha diritto all’assegno di divorzio l’ex moglie anche nel caso in cui sia una professionista e guadagni bene”. In questo caso, i giudici della Cassazione hanno respinto il ricorso presentato da un senatore contro la pronuncia della Corte d’Appello che l’aveva condannato a versare all’ex moglie un assegno divorzile dell’ammontare di 1.200 euro. Secondo il pensiero dei giudici di legittimità non importa che la moglie abbia una posizione professionale di rilievo; ciò che rileva è ancora una volta la disparità economica tra le parti, di cui bisogna tener conto nella valutazione. L’inadeguatezza, secondo i giudici, deve essere quindi valutata effettuando un confronto tra quella che è l’attuale situazione patrimoniale e reddituale del richiedente e la situazione della famiglia al momento della rottura del rapporto, tenendo, altresì, in debita considerazione anche eventuali miglioramenti di colui che è tenuto al versamento dell’assegno. Gli ermellini hanno fondato la loro decisione sul fatto che la carriera politica dell’ex marito era cominciata durante il matrimonio e che la moglie aveva, pertanto, la legittima aspettativa di migliorare il proprio tenore di vita nel corso degli anni di matrimonio.

                                                                                                                    Avv. ASSUNTA PANAIA

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