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Quando le nostre profezie si avverano

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    “Tratta le persone come se fossero ciò che vorrebbero essere e le aiuterai a diventare ciò che possono essere” J.W. Goethe

    Nessuno di noi è un oracolo, ma quante volte gli eventi che temiamo si verificano? Il più delle volte la spiegazione che ci diamo è “che sfortuna”, “ecco, lo sapevo che sarebbe accaduto, mi va sempre tutto male”. Proprio qualche giorno fa un’amica a cui avevo spiegato questo fenomeno viene da me e mi racconta:”sai, è successo proprio come dici tu. Avevo paura che nel sottopormi alle analisi del sangue non avrebbero trovato la vena adatta al prelievo, e mi hanno martoriato il braccio per i ripetuti tentativi”.

    Ecco, rendersi conto che è stato attivato questo meccanismo è già un ottimo passo avanti nell’evitare che ricapiti, ma ancor più importante è aver capito quanto siano potenti i nostri pensieri. I pensieri creano la realtà. Infatti quello che è successo nel caso del prelievo di sangue è che la paura ha innescato meccanismi fisiologici (ad esempio la tensione muscolare) che hanno portato alle conseguenze che si sono effettivamente verificate.

    Questo tipo di fenomeno è conosciuto col nome di “profezia che si autoavvera”, concetto che è stato introdotto nelle scienze sociali nel 1948 dal sociologo statunitense Robert K. Merton, che ne diede la seguente definizione: una supposizione o profezia che per il solo fatto di essere stata pronunciata, fa realizzare l’avvenimento presunto, aspettato o predetto, confermando in tal modo la propria veridicità. Merton trasse ispirazione dalla formulazione che un altro celebre sociologo americano, William Thomas, aveva dato di quello che è passato alla storia come Teorema di Thomas che recita: «Se gli uomini definiscono certe situazioni come reali, esse sono reali nelle loro conseguenze».

    Questo fenomeno è noto anche con il termine di Effetto Pigmalione o Rosenthal, dallo psicologo tedesco che condusse esperimenti sul tema. Si tratta di una forma di suggestione psicologica per cui le persone tendono a conformarsi all’immagine che altri individui hanno di loro, sia essa un’immagine positiva che negativa.

    Per fare un esempio pratico, basta citare l’esperimento condotto dallo stesso Robert Rosenthal e dalla sua equipe che sottoposero alcuni bambini di una scuola elementare a un test d’intelligenza. Dopo il test, in modo casuale, vennero selezionati alcuni bambini ai cui insegnanti fu fatto credere che avessero un’intelligenza sopra la media.  La suggestione fu tale che, quando l’anno successivo Rosenthal si recò presso la scuola elementare, dovette costatare che, in effetti, il rendimento dei bambini selezionati era molto migliorato e questo solo perché gli insegnanti li avevano influenzati positivamente con il loro atteggiamento, inconsapevoli del fatto che fosse tutto legato alla suggestione.

    Il lato oscuro dell’effetto Pigmalione è che funziona anche in senso negativo: se ci persuadiamo che un ragazzo sia stupido, svogliato o che non possa raggiungere risultati elevati finiremo per investire meno energie su di lui, accontentandoci di traguardi mediocri e senza motivarlo adeguatamente.

    E’ quello che, purtroppo, succede a volte nelle nostre scuole.

    L’effetto Pigmalione può attivarsi anche nei rapporti tra dipendenti e datori di lavoro o in tutti quei casi in cui si sviluppino rapporti sociali. Ogni individuo riesce a essere trattato e considerato così come si aspetta che gli altri lo facciano.

     

    Tale meccanismo ci insegna una lezione molto importante: non siamo quello che siamo, ma quello che crediamo di essere. E quello che il mondo crede di noi.

    D’altra parte, tutti noi, viviamo l’effetto Pigmalione giorno dopo giorno: giudizi, credenze e aspettative condizionano ogni momento della nostra vita, dal risveglio fino a quando andiamo a dormire. Conoscere il meccanismo della “profezia che si autoavvera” (ed intervenire) può aiutarci a dare il meglio di noi e a tirar fuori il meglio da chi ci circonda.

     

    Quindi facciamo attenzione a ciò che pensiamo o che temiamo quando ci approcciamo a vivere una data esperienza. Alzi la mano chi, a questo punto, non vorrebbe far realizzare “profezie positive”, che si traducano, cioè, nella realizzazione dei nostri desideri. Perché, purtroppo, questo tipo di meccanismo si attiva (automaticamente) molto più spesso di quanto immaginiamo. Facciamo alcuni esempi. Una persona a cui è stato ripetutamente detto di non essere capace svilupperà una bassa autostima, e finirà col convincersi di avere ben poche capacità. E come pensiamo potrà comportarsi? Continuerà molto probabilmente a condurre una vita e ad agire ben al di sotto delle proprie potenzialità, finendo per confermare a se stessa le sue scarse capacità.

    Avrà paura di non riuscire e per questo difficilmente deciderà di mettersi in gioco, piuttosto tenderà ad evitare. Aspetto che contribuirà a far si che “il cane si morda la coda”.

    Una persona convinta di valere poco molto probabilmente continuerà a scegliere relazioni poco sane, che le confermano il suo scarso valore, persone ben poco disponibili e ben poco disposte ad entrare davvero in una relazione amicale o amorosa. Anche in questo caso è la persona stessa a contribuire a tale conclusione, accontentandosi e non dandosi il giusto valore.

    Una persona convinta del fatto che per lei non ci sarà mai nulla di buono, purtroppo molto probabilmente finirà per fare scelte o assumere comportamenti disfunzionali, che la porteranno realmente ad avere poco.

    Una persona che ha ricevuto poche cure ed è cresciuta quindi sentendosi quasi invisibile, molto probabilmente tenderà a sua volta ad avere poca cura di sé. E a scegliere partner poco disponibili che potranno solo confermare la sua percezione di invisibilità.

    Una donna che ritiene che il suo matrimonio sia finito, metterà in atto azioni che inconsapevolmente porteranno a tale esito. Darà poche attenzioni al marito, sminuirà i gesti amorevoli del partner, assumerà un linguaggio ostile. Col risultato che il matrimonio fallirà. Chi non si rispecchia in questi esempi?

    Quale possibile soluzione?

    In tutte queste situazioni un aspetto fondamentale è che noi abbiamo la nostra buona dose di responsabilità. E comprendere questo è un punto davvero focale per poter trovare qualsiasi soluzione.

    Non possiamo infatti utilizzare schemi appresi come alibi, allo scopo di continuare a stazionare nella medesima situazione, ma occorre piuttosto che ci assumiamo la responsabilità della nostra felicità, che passa attraverso il nostro cambiamento. Infatti se continuerai a fare ciò che hai sempre fatto, continuerai ad ottenere ciò che hai sempre ottenuto.

    Esiste certamente un modo più efficace per “creare il futuro che ci auspichiamo”, fatto di vari passi, come l’induzione ad uno stato di rilassamento profondo, il riequilibrio delle emozioni, la visualizzazione di immagini e scenari funzionali allo scopo. Si tratta di passi che, perché siano efficaci, andrebbero svolti con l’aiuto di un esperto.  Ma anche nel nostro piccolo, forti della consapevolezza acquisita, possiamo “allenarci” come fanno gli atleti. E buona creazione.

     

    Se volete lasciare un commento, di cui vi ringrazio, potete farlo visitando il blog http://tizianacumbo.blogspot.com/

     

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