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Vivarium: un’utopia dimenticata

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    C’era una volta un’altra Calabria possibile, altre visioni di civiltà e di ingegno, sogni e progetti utopici che trovavano proprio nella nostra terra il loro terreno più fertile. Di chi, in modi e con intenti diversi, ha saputo guardare al paesaggio con la forza trasfigurante di un’idea, di una visione, di una carica utopica che ha avuto nella storia momenti straordinariamente luminosi.

    Si pensi ad esempio alla grandiosa, a tratti impensabile, scenografia architettonica topografica e ambientale che il Vivarium di  Cassiodoro aveva saputo proiettare su uno dei tratti più belli di questo territorio, compreso tra il promontorio di Stalettì, la scogliera di Copanello e le colline di Squillace. Al termine di una vita piena di incarichi prestigiosi, tornando nella sua terra mai dimenticata, con negli occhi i colori e gli odori che aveva lasciato nel paesaggio incantato del Golfo di Squillace, Cassiodoro il Grande (come lo ha giustamente definito Franco Cardini) ebbe finalmente il coraggio della più grandiosa “visione” che sia mai stata pensata e realizzata in quella che un tempo fu la Magna Graecia, e che ai suoi occhi si avviava ad un’epoca buia e tempestoso di declino. Un luogo dello spirito, della preghiera, che era però anche e soprattutto un luogo della cultura e dello studio, dedito alla conservazione e alla trasmissione di quel patrimonio irrinunciabile della civiltà classica che rischiava altrimenti di scomparire nel nulla. Un primo, troppo presto dimenticato sorgere, di quella che sarà molti secoli più tardi la rinascita umanistica. Un umanesimo prima del medioevo, una profezia straordinaria di civiltà e di futuro, tracciata con tenacia dalle scogliere alle colline. Monastero, centro culturale, scriptorium, biblioteca; ma anche appunto “vivarium”: centro di allevamento e cura dei pesci, anche questo segno di straordinaria “modernità. E ancora, se tutto ciò non bastasse, luogo di rifugio e di cura per gli infermi e gli ammalati, nel corpo e nello spirito; e quindi perciò luogo di coltivazione e di ricerca sulle piante officinali. Utopia luminosa che ci indica ancora, se possibile, un futuro.

    Un esempio forse insuperato, quello di Cassiodoro, di cui purtroppo quasi nulla è rimasto, nella memoria a volte spietatamente ingrata di una terra che ha troppo a lungo sofferto di una condizione di disperata emarginazione geografica, economica e culturale. In cui la civiltà magno greca, gli splendori bizantini, le magnifiche visioni di Campanella, di Gioacchino da Fiore, di Bernardino Telesio, nulla hanno potuto contro il risorgere prepotente di una barbarie che di tutto ciò ha saputo cancellare ogni vestigia. Edificando al loro posto i monumenti mostruosi di un altro modello di in-civiltà, fatto di abusivismo edilizio, incuria, malaffare.

     

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