Le rubriche di Catanzaro Informa - La materia grigia

Vittima e carnefice: la violenza

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    L’antropologa francese François Héritier (1997) definisce violenza “ogni costrizione di natura fisica o psichica, che porti con sé il terrore, la fuga, la disgrazia, la sofferenza o la morte di un essere animato; o ancora, qualunque atto intrusivo che abbia come effetto volontario o involontario l’espropriazione dell’altro, il danno o la distruzione di oggetti inanimati”. Sappiamo che tra due persone che entrano in relazione, di qualunque relazione si tratti, si stabilisce una comunicazione, un legame contenente rapporti affettivi, anche se di varia natura.
     
    Ovviamente, nella relazione duale persecutore-vittima giocano un ruolo importante varie componenti: le personalità di base, i comportamenti reciproci, le circostanze, il contesto situazionale (soprattutto in riferimento all’intensità, alla gravità e alla durata del loro rapporto).
    In Svezia tra il 25 ed il 28 agosto del 1973: due rapinatori tennero in ostaggio per 131 ore quattro impiegati, di cui tre donne ed un uomo, nella camera di sicurezza della Sveriges Kreditbank di Stoccolma. Nonostante la loro vita fosse stata messa continuamente in pericolo durante il periodo di prigionia, che i mass media seguirono con particolare attenzione, risultò che le vittime temevano più la polizia che i rapitori stessi, a tal punto che una di loro sviluppò addirittura un forte legame sentimentale con il proprio “carnefice”, rapporto che durò anche dopo il rilascio. Successivamente venne chiesta dai sequestrati la clemenza per i sequestratori e durante il processo alcuni degli ostaggi testimoniarono in loro favore. La sindrome di Stoccolma ( Il termine Sindrome di Stoccolma è stato utilizzato per la prima volta da Conrad Hassel, agente speciale dell’ FBI, in seguito al famoso episodio accaduto in Svezia) è il meccanismo per il quale la vittima solidarizza con il suo carnefice fino all’innamoramento. Si tratta chiaramente di un particolare stato psicologico in cui viene a trovarsi chi è vittima di abusi o violenze. Una sorta di alleanza tra vittima e carnefice. Un manifestare sensazioni positive verso l’aggressore che possono portare a veri e propri coinvolgimenti emotivi ed innamoramenti. In questi casi la vittima per “sfuggire” ad una fonte di stress intollerabile e soverchiante e sopravvivere ad esso fa suo, non solo il comportamento del persecutore, ma soprattutto le “ragioni” del carnefice.
     
    Nel 1937 con B. Mendelsohn nasce la vittimologia che introduce una nuova scienza in cui si propone come oggetto di studio la vittima di un reato proprio per meglio indagare la genesi e lo sviluppo dell’evento criminale. Prima delle teorizzazioni di Mendelsohn, in campo criminologico, l’attenzione veniva riposta completamente sul criminale o sull’azione deviante, mentre la vittima veniva percepita come totalmente passiva ed in balia degli eventi. Quando è stato rilevato che alcuni soggetti avevano avuto delle “responsabilità” per la propria vittimizzazione (ad es., avevano provocato l’aggressore oppure avevano ignorato dei segnali di pericolo) il “focus” di indagine si è spostato, comprendendo tutti gli attori della scena criminale(A. Zucchini, 2011). La vittimologia, in questo senso, rappresenta la raccolta e la valutazione di tutte le informazioni significative che hanno a che fare con la vittima e con il suo stile di vita.
     
    Le predisposizioni vittimologiche possono consistere in:
    • Fattori di natura fisica: che rendono i soggetti particolarmente indifesi, come l’età, il sesso.
    • Fattori di natura psichica: portano il soggetto a subire o provocare le altrui aggressioni come certi aspetti del carattere, le psicopatie e in special modo quelle sessuali come il masochismo
    • Fattori socio ambientali: predispongono il soggetto a diventare vittima come chi viola le leggi della sottocultura o si trova in posizioni di estremità o in minoranza rispetto alla maggioranza
    • Fattori dovuti a posizioni personali: di natura professionale come prostitute o soggetti che maneggiano denaro, o di natura economica come banche o persone ricche
    • Fattori dovuti a preesistenti rapporti: di natura individuale, come nei rapporti amorosi che possono essere sia etero che omosessuali
    • Fattori dovuti a condotte di vita antisociale
     
    Sparks considera sei fattori specifici:
    1. vulnerabilità: indica soggetti considerati ad alto rischio a causa del loro comportamento, di loro caratteristiche, della loro posizione sociale;
    2. opportunità;
    3. l’attrazione: relativa alla qualità posseduta dalla vittima;
    4. la facilitazione: situazione in cui la vittima stessa si espone al rischio per imprudenza o negligenza;
    5. la precipitazione: si riferisce a quel comportamento della vittima che incoraggia fortemente il criminale;
    6. l’impunità: riguarda quelle situazioni in cui è improbabile che la vittima denunci il reato.
     
    Ponti propone una distinzione tra vittime attive e passive:
    -attive sono quelle aggressive che con i loro comportamenti spingono gli altri a difendersi anche violentemente; ci sono poi le provocatrici inconsce che assumono un comportamento provocatorio inconsciamente ne sono un esempio le donne isteriche; poi le disonoranti che mettono in atto comportamenti lesivi l’onore sessuale come le prostitute; e ancora le consenzienti, ovvero coloro che acconsentono che altri le uccidano.
    -passive ci sono le accidentali, ovvero coloro che per caso si trovano sulla strada del criminale; le preferenziali, coloro che per loro alcune caratteristiche vengono selezionate dal criminale; le simboliche quando nel singolo si vuol colpire tutto un gruppo, le sbagliate, quando si voleva colpire altri.
     
    Ma oltre alla vittima nella coppia c’è anche il carnefice. Pinatel definisce il nucleo centrale della personalità criminale come costituito da alcuni fattori fondamentali:
    1. Egocentrismo in tutte le sfere; il soggetto è così centrato su se stesso che in lui avviene una sorta di legittimazione soggettiva
    2. Labilità; l’assassino vuole soddisfare i suoi bisogni senza preoccuparsi delle conseguenze
    3. Aggressività;
    4. Indifferenza affettiva; è poco sensibile dal punto di vista morale e scarsamente empatico
     
    La violenza oggi trova diversi canali e modalità di espressione. Le relazioni in cui viene esercitata non prevede più l’esclusivo e diretto rapporto tra vittima e carnefice. La rete, infatti, ha stimolato e reso possibile lo sviluppo di nuovi scenari di azione e forme di violenza. La possibilità di mantenere l’anonimato, la facilità di entrare in comunicazione con persone in qualsiasi parte del mondo ed in tempo reale, la facilità di accesso, nonché le molteplici possibilità di scambio di materiale di ogni tipo, sono caratteristiche che rendono Internet uno strumento privilegiato dove poter esercitare la violenza. Internet è un patrimonio comune ed è importante che tutti gli utenti si impegnino per renderlo sicuro e “pulito”, partendo dalla consapevolezza che i servizi che esso offre possano presentare, accanto ad opportunità e vantaggi, imprevedibili insidie e pericoli.

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