Le rubriche di Catanzaro Informa - La materia grigia

Come imparare a crescere

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    Cari lettori,    
    ho pensato tanto a quale argomento avrei voluto affrontare in questo nuovo articolo ma la mia attenzione si è rivolta…e chi sa perché…a tutte quelle persone che attraversano la nostra vita lasciando dietro di sé una scia di ricordi. Ho pensato che fosse utile rendere chiaro un percorso spesso considerato “ovvio”, che caratterizza il processo di crescita di ogni individuo: la soggettivazione.

    Ho pensato a quante volte ci sia capitato di conoscere qualcuno in un momento del nostro vivere, in una fase mutevole, costituita da tutti gli aspetti transitori della vita ma abitata da personaggi costanti e saldi. Ho pensato a quanto questi legami ci abbiano fatto crescere, a quanti segni abbiano lasciato dentro di noi e a quanto, consapevoli della loro fugacia, abbiamo provato a goderne dimenticandoci, o almeno provando a farlo, che forse in un modo o nell’altro, quella persona non l’avremmo più vista. Ho pensato a chi ci ha lasciato senza dirci nulla, senza che nessuno si aspettasse nulla, perché tutti, ricoperti dalle nostre paure dimentichiamo la fugacità del tempo e l’impotenza della nostra vita. Ho pensato alla paura dell’abbandono, a quanto questo incontrarsi, confrontarsi, legarsi con l’Altro rappresenti il continuo crescere e soggettivarsi attraverso una separazione.           

    Noi nasciamo da una separazione, dal dolore di un taglio, dall’abbandono. E’ ciò che avviene alla nostra nascita quando veniamo separati dalla mamma, ciò che avviene è una separazione. Che siano le braccia della mamma ad accoglierci dopo il primo urlo straziante, è proprio nella “individualizzazione” che ci si crea la separazione, che l’uomo inizia a dare forma al suo Io. Così tutta la nostra vita si costella di meccanismi di individuazione ed identificazione che ci permettono di crescere nel continuo trovarci nell’altro e separarcene, portando dentro di sé una parte di tutte quelle persone che sono passate nella nostra vita e che faranno sempre parte del nostro processo di crescita. E’ quello che avviene nel lungo processo di crescita del bambino ad adolescente ad adulto, in cui si attua la separazione dal rapporto fuso e narcisistico con la madre al un essere individuo dopo l’intervento separatore del padre, quel terzo che rappresenterà la regola, la norma, la legge, la società e che permette la separazione ed il formarsi della identità. Ogni uomo trova la sua identità nella perdita di una parte di sé, nel suo trovarsi solo, nel suo viversi nel pieno ascolto delle sue emozioni,quelle emozioni che tanto si temono. Perché, come dice Winnicott, il bambino riesce a stare da solo e tollerare l’assenza della madre solo quando è riuscito a introiettarla e possederla come oggetto buono dentro di sé.       

    E’ ciò che si realizza negli adolescenti che devono trovare una loro identità e la ricercano nei continui confronti con il “gruppo”. Il gruppo diventa il confronto con l’Altro da sé, il confrontarsi con altri maschi e altre femmine che non siano i propri genitori , quei genitori che nel processo di crescita devono essere uccisi per poi essere introiettati e posseduti come oggetti interni… E’ nel confronto con l’altro che l’adolescente cerca di trovare una identità sessuale, trovare un nome e dare forma alle proprie pulsioni che ancora si esprimono in agiti incontrollati. Ecco l’amore ardente per quell’attore , l’imitare quello sportivo, l’indossare il vestito di quell’attrice: tutti tentativi emulativi di ricercare la propria identità e soggettivarsi. Così la soggettivazione è un percorso necessario per l’affermazione del vero sé, percorso che non trova realizzazione nei disturbi alimentari in cui l’unica forma di autoaffermazione è il controllo sul cibo. Il cibo diventa unica libertà rispetto ad un mondo materno troppo pieno di avere e troppo povero di essere. I pazienti affetti da tali disturbi sono paragonabili a dei sacchi vuoti che sono stati riempiti di tante cose così da prendere forma ma rimanendo privi di amore, di quell’amore che possa aver favorito l’affermarsi del vero sé in libertà.  

    Così, nel percorso della nostra vita continuiamo ad arricchire il nostro “teatro interiore” di personaggi che hanno attraversato i nostri giorni permettendo al nostro Io di crescere senza che necessiti di legami morbosi, indice della presenza di “vuoti identitari”che affondano le proprie radici in antichi legami materni. Dunque, è possibile affermare, che l’uomo non può mai considerarsi “gresciuto” perché la ricerca del vero sé e il suo affermarsi appare un percorso lungo e continuo che ha d’avanti a se una strada molto lunga in un paesaggio ricco di personaggi.

     

    Dr.ssa Laura Iozzo Medico Chirurgo
    Specialista in Psichiatria e Psicoterapia
    lauraiozzo@virgilio.it

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