Le rubriche di Catanzaro Informa - La materia grigia

Genitori e figli: chi sono veramente?

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    In un periodo storico-sociale così indefinito e instabile,  traballante tra guerre, violenze e catastrofi, anche ciò che sembrava essere riconosciuto come elemento fondante della società oggi subisce una nuova reinterpretazione.

    Ho pensato molto, riflettuto e, osservando quanto sta accadendo, ho compreso  che la prima percezione che il tutto mi stava causando era la confusione!

    Decido, dunque, di chiamare in aiuto, e spero anche in vostro aiuto, Freud e quanto la mia professione mi potesse fornire per poterci capire un po’ di più.

    La psicoanalisi contemporanea pensa alla scoperta dell’alterità e alla scoperta della specificità di genere come a due processi tra loro annodati e alimentati dalla stessa forza motrice. Quindi essa colloca lo sviluppo del genere nel contesto relazionale delle primitive relazioni con l’altro, all’alba della vita, quando il bambino è ancora alle prese con i conflitti che sono tipici della fase di individuazione-separazione.

    Secondo quanto affermato dalla psicoanalisi, il triangolo Edipico costituito da padre, madre e bambino e le dinamiche che tra loro intercorrono, sono il fondamento della strutturazione della identità sessuale e personale.

    Alcuni ricercatori americani (Stoller, 1968; Chodorow, 1978), anche sulla base di conforti statistici, hanno avanzato l’ipotesi che i primi rudimenti dell’identità di genere siano, più che anatomicamente destinati, culturalmente appresi. I contributi ambientali (il sesso attribuito al bambino al momento della nascita, l’educazione diversificata dei genitori) influirebbero sull’autodeterminazione del genere e sul comportamento specifico del bambino molto più di quanto si sia portati a pensare.

    Secondo quanto evidenziabile nel triangolo edipico, l’infante, sia maschio che femmina, vive in un primo momento un rapporto simbiotico con la madre, in una diade solida che si fonda su un supporto narcisistico in cui il bambino viene alimentato da un rispecchiamento continuo che gli permette di evolversi grazie ad una base sicura, rassicurante e narcisizzante alimentata dalla diade materna. Questo idilliaco periodo evolutivo necessita inevitabilmente dell’intervento esterno della figura del terzo paterno.

    La figura del padre, dell’uomo, è un pensiero fondamentale che deve essere già presente nella mente della madre, a sostegno di una relazione madre-bambino stabile e non necessariamente simbiotica, che escluda l’inserimento di un terzo elemento paterno che favorisca il processo evolutivo ed identificativo che permette il passaggio alla fase edipica di identificazione sessuale.

    Il bambino, infatti, deve iniziare a distaccarsi dalla relazione narcisistica con la madre, grazie all’intervento del padre con il quale si identifica e con il quale diventa rivale nella lotta seduttiva per la conquista della madre. Sarà la presenza di un padre, di un terzo che rappresenta la norma, la legge a poter dare equilibrio ad una relazione sana madre-bambino.

    Così nella bambina, solo se la madre ne accetterà e riconoscerà la femminilità, concedendo l’accesso ad un maschile non eccessivamente idealizzato dalla madre, si favorirà lo sviluppo di una identità sessuale.

    Perché ciò avvenga, viene naturale pensare che nella coppia, tra (lasciatemelo dire), peni, seni, peli e pelli c’è bisogno di un uomo e di una donna.

    Liberi da ogni giudizio e senza accostarmi alle cause che determinerebbero difetti nella strutturazione della identità sessuale, e che prevederebbe un altro approfondimento, lascio a voi lettori il libero pensare e identificare il concetto di famiglia, di genitori e figli.
     

    Dr.ssa Laura Iozzo Medico Chirurgo
    Specialista in Psichiatria e Psicoterapia
    lauraiozzo@virgilio.it
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    Cell: 329/6628784

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