Le rubriche di Catanzaro Informa - Promozione della salute

A proposito di carni rosse

Più informazioni su


    Dopo aver sedimentato l’impatto mediatico dei dati diffusi dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) relativi alla cancerogenicità delle carni rosse e delle carni rosse lavorate proviamo a ragionare con lucidità rispetto a quanto è stato detto. Precisiamo che per carni rosse si intendono non solo le carni bovine, ma anche quelle suine, ovine, caprine ed equine con esclusione pertanto del pollame che viene identificato come carne bianca. Per carni rosse lavorate si intendono le salsicce, i wurstel, il prosciutto, le carni sotto sale, la carne in scatola, etc. Il cancro in questione è quello del colon-retto. L’OMS ha comunicato che le carni rosse sono “probabilmente cancerogene” mentre ha definito “sicuramente cancerogene” le carni rosse lavorate che sono state pertanto inserite nella categoria alla quale appartengono ad esempio tabacco ed alcool. Questo significa che le carni rosse lavorate hanno la stesso potenziale cancerogeno di alcool e tabacco? Certamente no. Infatti il tabacco è responsabile di 1 milione di morti per cancro ogni anno, l’alcool di 600.000 morti mentre le cani rosse lavorate di 34.000 decessi per cancro, sempre secondo i dati OMS. Pertanto la classe 1 si limita ad accomunare le sostanze sulla base del criterio di essere certamente cancerogene. Tuttavia tra queste sostanze possono esserci dei livelli di impatto estremamente diversi rispetto alla salute umana. In questa classe 1 non sono state ancora inserite le carni rosse non lavorate perché come detto in precedenza le stesse sono considerate non certe ma probabili in termini di cancerogenicità. Solo chi si espone quotidianamente al consumo di carne rossa lavorata aumenta sensibilmente il rischio, non chi la consuma occasionalmente, specialmente se fresca e non lavorata. Fatta questa doverosa premessa come dovremmo comportarci? Evitare consumi eccessivi di carne rossa ed insaccati ed anche le cotture prolungate possono essere le raccomandazioni da dare per ridurre il rischio di tumore del colon-retto. Ciò che è importante ai fini dell’aumento significativo del rischio, non è solo l’esposizione ma anche la quantità e l’incremento del rischio che in riferimento alle carni non è nemmeno paragonabile a quello di alcool, fumo, asbesto, benzene e altri inquinanti chimici. Consumare carne per non più di 2-3 volte a settimana, alternando carni bianche e rosse, preferendo le carni fresche a quelle lavorate, potrebbe essere un giusto compromesso. Inoltre aggiungere il pesce in maniera stabile nel menu settimanale per almeno 2 giorni ed inserire in sostituzione della carne altri elementi ricchi di proteine quali i legumi. Da limitare le cotture che comportino l’esposizione della carne alla fiamma diretta ed elevate temperature (es. griglia). I dati OMS su carni rosse lavorate e fresche in realtà non sono una novità. Non a caso la pubblicazione divulgata è una meta-analisi, ovvero una revisione dei dati esistenti, che raggruppa 800 diversi studi. I risultati riaffermano, con una più significativa evidenza scientifica, quanto già si supponeva in merito al legame tra le carni rosse lavorate ed il tumore del colon-retto. Inoltre, anche le soluzioni dietetiche suggerite non dovrebbero essere una novità per noi; infatti il consumo moderato di carne resta inserito nel modello di dieta mediterranea, che gli studi scientifici riconoscono come protettivo per la prevenzione di tumori, malattie cardiovascolari, diabete e malattie neurodegenerative. L’aumentato consumo di carne rappresenta, casomai, un allontanarsi dalla nostra tradizione, a causa dell’influenza di altri modelli nutrizionali (ad es il modello americano del fast-food) certamente meno salutari del nostro. In luogo di inutili allarmismi proviamo quindi a recuperare il senso vero della nostra tradizione alimentare fatto di saggezza, sobrietà ed equilibrio nutrizionale.

    Più informazioni su