Villa Serena, Testa: “La Calabria ha professionalità e mezzi per curare i cittadini”

La distinzione tra sanità pubblica e privata è ideologica e fornisce da decenni alibi a chi distrugge gli ospedali per arricchire il proprio orticello

di Alessandro Testa

Lo straordinario intervento chirurgico effettuato dal team di Villa Serena ribadisce, se mai ve ne fosse bisogno, che la Calabria ha professionalità, mezzi e progetti per dare ai propri cittadini cure mediche di assoluta qualità. Una piccola paziente, affetta da una grave malattia curata per molto tempo in modo non ideale ha ricevuto, dopo un’accurata preparazione svolta da un team coordinato di medici clinici e chirurgici, la soluzione al grave problema che l’affliggeva; nelle parole sentite del collega che augura alla ragazzina di poter finalmente correre si comprendono la soddisfazione professionale e quella umana.

Faccio mia questa citazione e la rivolgo alla sanità regionale, augurandomi e augurandole che sia in grado di correre verso livelli accettabili di proposta curativa, di efficienza, di modernità e allo stesso tempo di vicinanza alle persone che soffrono.
Non può sfuggire come, ancora una volta, sia una struttura di alta specializzazione accreditata presso il SSN a farsi esempio di buona medicina; il progetto Villa Serena for Children, in sostanza un lavoro di equipe interdisciplinare tra ortopedici pediatri, fisiatri e altre specialità volto a fornire cure efficaci ai pazienti pediatrici affetti da malattie dell’apparato muscolo scheletrico. Un progetto lungimirante, destinato a cambiare l’approccio a malattie spesso invalidanti e certamente gravi quando coinvolgono pazienti nel pieno dell’età evolutiva. Un investimento in termini di persone ma anche di risorse economiche che ha ricevuto pochi giorni fa il giusto riconoscimento; un investimento destinato a incidere sull’emigrazione sanitaria, che forse nel campo pediatrico è più comprensibile che rimane tuttavia un fardello sociale ed economico per tutta la regione.
Dunque, dalle macerie della sanità calabrese, commissariata in ogni sua sede dirigenziale e soggetta a un grave processo di degrado strutturale e umano nascono e prosperano realtà importanti ed eccellenti dalle quali si deve prendere esempio.

Villa Serena, e mi si consenta con orgoglio di citare anche il S. Anna Hospital, non sono l’unico esempio e certamente vi sono realtà “pubbliche” con consolidata fama di eccellenza che va oltre i confini regionali; è purtroppo sotto gli occhi di tutti il grave stato in cui versano le strutture ospedaliere, quelle che hanno la fortuna di essere rimaste aperte, ed è quindi tempo che si sfrutti l’irripetibile occasione fornita dalla contingenza pandemica per cambiare decisamente rotta. È verosimile pensare che arriveranno disponibilità di investimenti e possibilità di immettere nel letto asciutto del fiume sanitario acqua fresca e pulita. Un processo non breve e non semplice, che se tutto andrà bene sarà ereditato dalla generazione futura.
Un cambiamento così profondo non potrà avvenire, è chiaro, senza un altrettanto profondo cambiamento di mentalità e responsabilità. Alla sanità calabrese va restituita e subito la gestione politica della sanità e vanno rinnovati dirigenza e amministrazione, lasciando spazio a professionalità meglio preparate, più fresche e piene di idee, indispensabilmente più interessate al bene comune che a quello del singolo o del gruppo ristretto. Servono manager preparati, retribuiti come si deve ma legati al raggiungimento degli obiettivi; servono dirigenti medici con una visione umana e moderna della medicina, magari con meno foto in giacca e cravatta e più divise sporche da reparto. Serve una nuova coscienza medica, meno schiava del DRG e più serva della persona. Servono medici figli del territorio e al territorio affezionati, servono punti di riferimento e non solo studi medici. Serve tornare al giuramento di Ippocrate e al rispetto delle leggi dello Stato.

Servirebbe anche il coraggio di cambiare gli ospedali: accreditarli per prestazione, come avviene perle strutture private, e non per funzione. Clamoroso, impossibile? Non vedo perché un reparto che non offre ai pazienti i requisiti minimi per funzionare debba restare aperto. Sogno una rivoluzione copernicana nella quale si premiano professionalità ed efficienza, si combattono gli sprechi e si fa muro contro il malaffare.
Più di ogni altra cosa, servono nuovi paradigmi: la distinzione tra sanità pubblica e privata è ideologica e fornisce da decenni alibi a chi distrugge gli ospedali per arricchire il proprio orticello. l’unica possibile distinzione, la sola utile e moderna, è tra sanità che funziona e sanità che non funziona.