Un jeans, un maglione e Monica Guerritore, nient’altro per il suo potente “Dall’Inferno all’Infinito”

Filo conduttore tra autori e versi, l’oscurità dell’essere umano da Dante a Leopardi

di Carmen Loiacono

Quando ad andare in scena sono la parola espressa alla sua ennesima potenza e la voce, la fisicità di un’interprete che non ha bisogno di presentazioni, non c’è bisogno d’altro. Davvero.

Così per il suo “Dall’Inferno all’Infinito”, ieri sera sul palco del Teatro Comunale nell’ambito della stagione di Ama Calabria, Monica Guerritore si è presentata in jeans e maglione. Una sedia, un tavolinetto su cui erano poggiati i testi che di lì a poco avrebbe recitato. Un cappello. Niente più. C’erano le luci, ovvio, e le musiche- se non addirittura la sua stessa voce registrata, ripetuta a mo’ di coro -, a sottolineare i passaggi e talvolta integrare i brani addizionandoli, qualora fosse possibile, di poesia.

Filo conduttore tra autori e versi, l’oscurità dell’essere umano, quel baratro che qualcuno si azzarda a esplorare, mentre la maggioranza di noi si accontenta della penombra della normalità con cui vogliamo circondarci. E’ il buio dell’anima, che viene scandagliato dai più sensibili, fatto di paure per lo più, e che permette, forse, una maggiore profondità anche nell’uso della parola. Ne consegue che il “viaggio” della Guerritore, che ha anche scritto lo spettacolo, pur affidandone la regia a Lucilla Mininno, comincia proprio da quello di Dante Alighieri che, non a caso, nel “mezzo del cammin di nostra vita” si ritrovò “per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita”.

L’attrice e autrice analizza o meglio presenta ai suoi spettatori il testo sotto l’ottica della psicoanalisi

Monica Guerritore durante lo spettacolo
monica guerritore al comunale di catanzaro

Dante è smarrito e impaurito, le fiere che incontra altro non sono che i predatori della psiche, e la sua forza viene imprigionata dal terrore. Guerritore sceglie, dalla Divina Commedia, il primo canto, poi quello del racconto di Francesca da Rimini – uccisa dal marito perché amante del di lui fratello, quindi nel girone dei lussuriosi -, l’incontro con Beatrice, il canto del Conte Ugolino della Gherardesca nell’Antenora dei traditori, a seguito di attriti con i suoi superiori ghibellini segregato in una torre insieme ai figli, dove morì di inedia. «E’ chiaro che Dante abbia fatto riferimento a un fatto realmente accaduto o suggerito – aggiunge Guerritore -, ma quello che è più interessante è la rottura di un equilibrio, il fatto che un padre si ciba dei suoi figli, invece di preservare ciò che ha creato». Il percorso, infatti, prosegue con momenti recitati e introduzioni, spiegazioni, che aiutano lo spettatore a seguire la linea ideale scelta dalla stessa attrice, che, per esempio, proprio in quest’ultimo momento, quello dell’amore filiale, decide di passare a quello di Pier Paolo Pasolini per la madre con la “Supplica”, poi ancora a Elsa Morante in “Menzogna e sortilegio”.

Seguono a ruota i versi di Patrizia Valduga, quindi Gustave Flaubert con la sua Madame Bovary che spiega come sia la stessa natura umana a spingerci ad andare in là, oltre: «Cupido è una forte calamita in questo, ne parla anche Proust», con l’amore di Swann per Odette. «Sono i predatori della psiche che ti fanno rimanere nella stessa mattonella, anche se ci stai male», conclude Guerritore. Così tira fuori dal suo cilindro letterario Victor Hugo, con la sua riflessione sulla libertà dell’uomo di entrare nelle tenebre o di rimanere al di fuori di quella cima, consapevole che se lo farà, entrerà nell’infinito. Assist perfetto per i celebri versi di Giacomo Leopardi: a lui Monica Guerritore dedica l’ultima parte del suo viaggio, chiudendo circolarmente i suoi racconti, accostando il “… naufragar m’è dolce in questo mare” del poeta di Recanati a “… e quindi uscimmo a riveder le stelle”, gli ultimi versi della Divina Commedia.

E’ tempo dei saluti, lo spettacolo è durato poco più di un’ora, il pubblico è in piedi, sinceramente emozionato, lei cita Apollinaire, ricorda le sue origini palmesi – da parte di madre -, e ringrazia per l’accoglienza «in questo bellissimo teatro».