Si fa presto a dire: “Calabria, terra mia”

Il docufilm di Muccino imbarazza più che convincere

Calabria, terra mia” è un’opera di alto valore educativo e artistico. Insegna nel migliore dei modi come non bisogna parlare della Calabria. Probabilmente educa anche a come non realizzare un docufilm promozionale. Ma su questo secondo aspetto, essendo mediamente incompetente, passo la parola a chi se la sente. Sul primo punto, osserverei soltanto che l’opera, pur essendo venduta per 8 minuti 8 secondi, al netto dei titoli di testa e di coda dura esattamente 6 minuti. Il video termina – guarda l’originalità – sullo splendido tramonto tirrenico, dopo la pletora del centinaio di soggetti che tutti insieme, dal regista alla guardiania su Corigliano – Rossano, alla   sicurezza del sig. Bova, financo i bagni chimici alla bisogna, hanno contribuito alla riuscita del corto. Tanto per far capire all’incolto pubblico e ai soliti mestatori che fare un film, piccolo o grande, è roba da professionisti. E per suggerire il valore democratico e redistributivo del budget richiesto.

Generico ottobre 2020Una scena di “Calabria, terra mia”

In verità, occorre guardare al film come opera di ingegno e di fantasia. Altrimenti non c’era bisogno di scomodare Muccino e la Viola Film. D’altra parte, lo dice l’avvertenza sui titoli di coda: “Gli eventi, le persone, i nomi o i luoghi narrati sono frutto della libertà espressiva degli autori. Ogni similitudine, riferimento o identificazione a eventi, persone, nomi o luoghi reali è pertanto da ritenersi puramente casuale e non intenzionale”. Chissà perché, il sospetto m’era venuto.

C’è poi da considerare che il prodotto, probabilmente, non è pensato per il pubblico calabrese. Noi lo sappiamo che non si vede – stoltamente, riconosciamolo pure – un asino a passeggio per le strade da un cinquantennio a questa parte. Il video è destinato ai potenziali fruitori dell’offerta turistica, vuole invogliare italiani ed europei a varcare la cortina di ferro del Pollino: “Hic sunt calabrensis”. Gente buona, ma un po’ selvaggia. Quello che ci vuole per una vacanza indimenticabile, al limite dell’esotico. O dell’erotico: è o non è, Raoul Bova, una “icona indiscussa di sensualità”?