Faceboom

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    Facebook può essere senza dubbio considerato una delle più grandi invenzioni degli ultimi decenni. Ciò è dovuto sia alle innovazioni nell’ambito di internet che ha introdotto, sia ai cambiamenti che ha apportato nella vita sociale dei singoli individui.

    Nasce nel 2004 grazie ad uno studente dell’Università di Hardard, Mark Zuckerberg, con l’aiuto di due colleghi, Andrew McCollum ed Eduardo Severin.

    Nel giro di pochi anni è diventato uno dei più popolari social network presenti in rete: si è trasformato in un “Facebbom”, con i suoi lati positivi e negativi. Nato per connettere tra loro gli studenti di uno stesso campus universitario, ha ampliato esponenzialmente il numero dei suoi utenti, lasciando inalterata la sua principale caratteristica: collezionare e collegare tra loro le identità degli iscritti.

    Data l’influenza che il fenomeno comincia ad avere nelle relazioni umane, diventa sempre più necessaria una sua lettura psicologica.

    Affrontiamo l’argomento con la dottoressa Annamaria Sirianni, psicologa, psicoterapeuta, esperta in sessuologia clinica, ipnosi e tecniche di rilassamento, responsabile psic. del Centro Diurno di Riabalitazione Psicosociale di Catanzaro e Componente della Commissione Provinciale Pari Opportunità

    Dottoressa cosa si nasconde dietro l’inaspettato successo di Facebook?

    Proprio per l’estensione del fenomeno, ad oggi si calcolano circa 500 milioni di utenti, è impossibile tracciare un profilo specifico di chi utilizza Facebook, quindi proveremo a fare insieme alcune riflessioni.

    Facebook viene usato sia per mantenere relazioni che si già hanno, sia per acquisire nuove conoscenze. In genere si comincia con chiedere e ricevere l’amicizia di persone conosciute; successivamente la suddetta richiesta si estende a persone conosciute casualmente o anche soltanto notate accanto a persone a noi conosciute. Il contatto è sicuramente più facile, in questo caso, sia perché non ci si espone fisicamente ma solo via etere, sia perché il social network segnala la conoscenza in comune: fattore questo che genera tranquillità.

    Non è però scontato che la “nuova amicizia” abbia un seguito. Capita sovente che dopo un primo cordiale scambio di saluti ed informazioni, la “relazione” cada nell’oblio trasformandosi in uno dei tanti contatti quiescenti.

    Diversa invece è l’appartenenza a gruppi, all’interno del social network, di impegno politico o sociale che si correla sempre con un’effettiva maggior attività del medesimo tipo fuori dalla rete.

     

     

    Ritiene Facebook uno strumento positivo o negativo?

    Alla stregua di tutti gli strumenti e le applicazioni del web, può essere visto in maniera positiva, quanto negativa. In se racchiude l’essenza di quanto c’è di positivo in internet, cioè l’elevazione all’ennesima potenza della quantità e della velocità con cui si possono scambiare dati, anche quando tali “dati” rappresentano un’”amicizia”. Ma c’è la possibilità, se ci pensate, che possa racchiudere anche gli svantaggi di internet: primo fra tutti “l’overload informativo” (il sovraccarico cognitivo che si verifica quando si ricevono troppe informazioni per riuscire a prendere una decisione o sceglierne una specifica sulla quale focalizzare l’attenzione).

     

    Ci sta dicendo che Facebook, in quanto social network, è una grande illusione?

    La velocità e la facilità con cui le “amicizie” si possono moltiplicare praticamente all’infinito può trarre, anzi con ogni probabilità trae in inganno, molti utenti. E’ l’ennesima trasposizione nella realtà virtuale di un pezzo di realtà concreta.

    Ma quanto la realtà virtuale rispecchia, in questo caso, quella concreta? Non stiamo cadendo forse tutti nell’illusione che si possono costruire vere relazioni interpersonali seduti davanti ad un computer?

    Personalmente (e da psicologa) credo sia un rischio.

     

    Ritiene che nei social network possa esserci anche il rischio di “overlaod sociale”?

    Al pari di quanto è facile e veloce ottenere e fornire informazioni, si potrebbe pensare che sia altrettanto facile e veloce costruire quella rete sociale di cui tutti abbiamo bisogno, ma che per funzionare ha necessità di rispettare i modelli sui quali abbiamo appreso a costruirla.

    Esattamente come per l’eccesso di informazioni, la maggior parte delle amicizie virtuali create in questo modo potrebbero essere false, superficiali o perfettamente inutili.

     

    Quale significato ha “essere amici”  su Facebook”?

    Partiamo dal fatto che l’amicizia nella vita reale presuppone la conoscenza; conoscere qualcuno può voler dire molte cose e non solo in termini di profondità e quantità della conoscenza.

    L’amicizia implica una serie di confessioni o rivelazioni intime e gesti di solidarietà che vanno oltre i confini della privacy e che mettono in relazione due o più persone. Questa componente di “intimità” si perde parzialmente nei social network, nei quali l’amicizia diviene qualcosa di pubblico o meglio di “esposto”.

    Non è corretto affermare che le persone non sanno più distinguere tra una vera amicizia ed un’amicizia virtuale, però si potrebbe affermare che i due concetti sono sempre più vicini.

    Si possono conoscere molte cose di una persona, ma a un grado superficiale di intimità, o al contrario pochi dettagli, ma molto intimi e personali.

    Si può affermare che “gli amici di facebook” si conoscano profondamente?

    Senz’altro sanno chi siamo, ma cosa sanno di noi?

    Quello che si vuole che sappiano, certo! Ma la privacy è un concetto da rivedere completamente ai tempi di Facebook perché bisogna trovare un nuovo e inedito compromesso fra ciò che si vuole e si può rendere noto e le necessità intrinseche della partecipazione al network.

    E’ necessario tener conto del fatto che le amicizie che si hanno su Facebook  rispecchiano il meccanismo di quelle reali. Di conseguenza, ci si relaziona con persone la cui conoscenza è effettivamente ed affettivamente intima e profonda e che afferisce la sfera della nostra vita privata, ed altre con le quali esiste una relazione più superficiale e che non prevede il coinvolgimento della propria vita personale. Pertanto un pensiero pubblicato sulla bacheca del social network sarà diversamente interpretato da chi lo legge: gli amici (nell’accezione più vera del termine) sapranno leggere tra le righe il reale significato di quanto scritto e a chi o a quale situazione è riferito; i lettori con i quali esiste uno scambio interpersonale di mera conoscenza, non daranno il vero peso di quanto comunicato (al massimo, se particolarmente curiosi , potranno chiedersi quale sia lo stato d’animo reale che ha generato quella comunicazione).

     

    Dottoressa un’ultima domanda. Quanto pesa l’importanza della “virtual friendship”?

    Ritengo essere evidentissima l’influenza della “virtual friendship” (amicizia virtule); un aspetto importante di Facebook è il numero di amici che una persona riesce a collezionare. E le dirò di più: molti studiosi leggono in questa gara la vera ragione di esistere all’interno del social network.

    E’ significativo il bisogno di ostentare quanti più “amici” possibili: questo bisogno (che qualche mio illustre collega definisce “impulso”) non è l’espressione concreta della necessità umana di compagnia, ma l’esigenza di creare uno status per sentirsi importanti.

    Un esempio eclatante di quanto ho appena detto è la presenza su Facebook di persone che creano degli account fake (nel gergo internettiano, e in particolare di comunità virtuali come newsgroup, forum o chat, un fake – dall’inglese per “falso”, “posticcio” – è un utente che falsifica in modo significativo la propria identità), fingendosi dei vip, per adescare centinaia di fans da aggiungere alla propria collezione di amici.

    Questo comportamento, che ai più potrebbe apparire insensato, è in realtà un comportamento atto a provare la propria importanza e a creare, anche se fasullo, uno status.

     

    Concludo con una mia breve riflessione. I profili di Facebook possono indicare i principali tratti psicologici dei loro possessori e più in generale possono darci un’idea di come siano i giovani e di come vedano loro stessi. Gli autoritratti mostrano quindi come gli autori vedano se stessi, come vorrebbero essere, inoltre chiarificano o nascondono alcuni tratti della personalità e, perciò, essere molto interessanti per uno studio sociale sui (anagraficamente e psicologicamente) giovani che affollano Facebook.

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