Marco Rossi, dal Catanzaro di Guerini all’impresa sfiorata contro i Campioni del mondo

Il ct dell'Ungheria che ieri ha fermato la Francia era difensore intoccabile nell'ultimo Catanzaro che sfiorò la serie A. Quello dell'ultimo Palanca, del gol subìto da Monelli, di Bologna. Sono passati quasi 35 anni

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Chi, tra i tifosi del Catanzaro ormai negli anta, lo ha visto ieri in tv parlare nella conferenza stampa al termine della partita degli Europei Ungheria-Francia, chi ha ascoltato con attenzione le sue parole di felicità per aver “regalato due ore di adrenalina a questi tifosi” forse avrà avuto un flashback. Gli sarà venuto in mente quando l’adrenalina di cui sopra la squadra di cui faceva parte la regalava ai supporter di un altro stadio. Non di Budapest ma di Catanzaro, che non era dedicato al grande Ferenc Puskas ma che un paio d’anni dopo sarebbe stato intitolato a Nicola Ceravolo che, in quel 1988, è comunque ancora tra noi, presidente onorario di quella società e di quella squadra capace di fare sognare seppur per solo qualche mese, il ritorno tra i big.

I trascorsi giallorossi di Marco Rossi, 57 anni, oggi commissario tecnico della nazionale ungherese che ieri ha fermato sull’1-1, dopo essere stata anche in vantaggio, la superfavorita formazione francese forse non sono così lunghi per concedergli la patente di vecchia gloria o vecchio cuore giallorosso ma una menzione la meritano eccome anche perchè il suo Catanzaro è stato tutto fuorché banale nella storia del calcio di questa città.

Rossi è il difensore titolarissimo del Catanzaro che, dopo gli anni belli, più di ogni altro va vicino alla serie A. Si parla del campionato cadetto 1987/1988 con Vincenzo Guerini in panchina e Giuseppe “Pino” Albano alla presidenza. Le Aquile del quinto posto a un punto dalla promozione, dell’ultimo Palanca, del gol di Monelli della Lazio che raggiunge i giallorossi nei minuti di recupero quando ancora non sono stati inventati e della rete del Bologna probabilmente da annullare dall’arbitro Agnolin in una partita del Dall’Ara che suscita ancora imprecazioni 35 anni dopo. 

E’ il Catanzaro outsider terribile che fa sperare, illude, delude, fa parlare e mugugnare. In quel gruppo, “coeso più che forte” un modo dire ormai abusato ma che sembra coniato apposta per quella formazione, Rossi è il difensore di cui Guerini non può fare a meno. 

Trentotto partite, trentotto presenze: come il portiere Zunico e nessun altro. Per lui anche la soddisfazione di essere andato a segno tre volte: in un 3-1 col Parma nel girone d’andata, nella trasferta di San Benedetto del Tronto nella seconda fase della stagione e nel finale del campionato all’Atalanta neo promossa aritmeticamente in A che, pure in serie cadetta, solo poche settimane prima ha giocato alla pari una semifinale di Coppa delle Coppe contro i belgi del Malines che poi porteranno il trofeo a casa. 

Dopo quell’anno in giallorosso la carriera di Rossi, 23 anni torinese, inizia a decollare. Anni in B col Brescia, un bel po’ di serie A soprattutto con la Samp, la parentesi estera di Francoforte. Chiude col calcio giocato nel 2000 e prova ad allenare in Italia in serie C soprattutto in Campania. Ma è un calcio che non lo attrae, alcune dinamiche non gli piacciono.

Prende l’aereo e inizia una nuova carriera in Ungheria, in un movimento nobile ma decaduto che contribuisce a fare riemergere dall’oblio. Con lui in panchina la mitica Honved rivince uno scudetto dopo anni, con lui alla guida la Nazionale si qualifica Euro 2020 (+1) in cui però viene inserita in un girone improbo. 

Dopo essere crollati nel finale col Portogallo e avere solo sfiorato l’impresa con la Francia per andare avanti si dovrà avere la forza di castigare la Germania. Difficile che succeda anche se a volte l’adrenalina da competizione fa miracoli. Mai dire mai. 

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