Operazione Costa pulita: tentacoli allungati su qualunque attività economica

L'operazione interforze di stamane ha scoperchiato un vero e proprio vaso di pandora STAMANI L'OPERAZIONE

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    di Antonio Capria
     
    Ha scoperchiato un vero e proprio vaso di pandora l’indagine “Costa Pulita” coordinata dalla procura distrettuale antimafia di Catanzaro e sfociata all’alba di questa mattina nell’operazione interforze condotta nel vibonese dalla Squadra Mobile della Polizia di Stato, dai Carabinieri e dal Gico della Guardia di Finanza. 
    Un decreto di fermo di oltre 1400 pagine quello in cui è sfociata l’indagine avviata nel 2013 che ha portato alla luce la pervasività delle attività criminali delle cosche vibonesi, e in questo caso del clan Accorinti di Briatico e della famiglia Il Grande di Parghelia, collegate ai Mancuso di Limbadi, che allungavano i loro tentacoli su qualunque genere di attività economica: dalle minicrociere alle isole Eolie alle forniture ai villaggi turistici, dai lavori per il ripristino dei territori alluvionati fino addirittura e al controllo degli ingressi per un concerto, quello di J-Ax, offerto gratuitamente dal comune di Briatico ma con un obolo da pagare agli “addetti” della cosca che avevano appositamente transennato l’area. Ma non solo: gli esponenti del clan Accorinti sono riusciti ad imporre il proprio volere anche al parroco don Salvatore Lavorato, che aveva tentato di vietare la nota processione a mare di Briatico per la festa della Madonna del Monte Carmelo. Una festa tradizionalmente organizzata dagli uomini del clan, che proprio per questo si erano riservati il ‘privilegio’ di ospitare la statua della Madonna e la banda a bordo dell’imbarcazione “Etica”, condotta proprio dal capo dell’organizzazione Antonino Accorinti. Anche la tradizionale cerimonia dell’Affruntata sarebbe stata infiltrata dalla ‘ndrangheta, essendo stata riscontrata la presenza tra i portatori delle statue di soggetti riconducibili od organici alle consorterie criminali. 
    Poi c’è l’intimidazione al giornalista Pietro Comito, finito nel mirino perché colpevole di scrivere degli affari dei clan. 
    Sono 23 le persone finite in manette al termine delle indagini coordinate dal procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri e dirette dai sostituti procuratori Pierpaolo Bruni e Camillo Falvo. Complessivamente sono 53 gli indagati. A consentire agli investigatori di stringere il cerchio sulle attività dei clan anche le intercettazioni ambientali effettuate in un bar di Nicotera Marina diventato quartier generale di Pantaleone Mancuso,  detto “Luni Scarpuni”.
    Qui il boss riceveva mafiosi e semplici cittadini, che gli riconoscevano l’autorità di “uomo di rispetto” e si rivolgevano a lui per risolvere diverse controversie. Tutto ripreso e registrato dalle telecamere e dalle microspie piazzate dalle forze dell’ordine. Il capo cosca si sentiva tranquillo, perché il locale veniva “bonificato” quotidianamente dai suoi uomini attraverso uno scanner per individuare e neutralizzare eventuali “cimici”, ma non sapeva che la particolare attrezzatura utilizzata dagli investigatori non poteva essere rilevata. 
    Molti gli episodi ricostruiti dagli inquirenti: dall’imprenditore che chiedeva l’autorizzazione al boss anche solo per lavorare a quello che chiedeva di poter buttare materiale di risulta nella discarica comunale, passando per richieste di autorizzazione anche per intraprendere azioni legali tra privati e richieste di intervento per ottenere il recupero di crediti vantati.  
    A questi si aggiungevano gli incontri con gli emissari delle  altre cosche per gestire delitti, passaggi di armi, estorsioni, la consegna di ordigni esplosivi, come quello che nel 2013 doveva servire alla cosca Loielo contro i rivali Emanuele, ma anche ingerenze nelle attività di villaggi e attività economiche. Persino il caffè da utilizzare nei bar veniva imposto dalla ‘ndrangheta, pronta a obbligare tutte le attività commerciali a rifornirsi dalla torrefazione ritenuta vicina al clan. 
    Le accuse per i fermati sono a vario titolo quelle associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, intestazione fittizia di beni, detenzione e porto illegale di armi ed esplosivi. Ma non mancano gli esponenti politici locali finiti nella rete degli investigatori: tra questi spicca il nome del presidente della Provincia di Vibo Valentia e sindaco di Briatico Andrea Niglia, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa con l’accusa di avere favorito la cosca Accorinti con l’affidamento di appalti in cambio di voti. 
     
     
     
    “Per quanto riguarda la sua amministrazione – ha spiegato il procuratore Bombardieri – i rapporti con il clan si fermerebbero al 2010, quando assistiamo ad un cambiamento di orientamento politico da parte della criminalità organizzata”.  Indagati anche altri rappresentanti di passate Amministrazioni dei comuni di Briatico e Parghelia, tra cui l’ex sindaco di Briatico Francesco Prestia.  Vicende in fase di approfondimento, ha spiegato Bombardieri, grazie anche ad “intercettazioni tra terzi” che avrebbero permesso di ricostruire i contatti tra politici e clan.  
    I dettagli dell’operazione sono stati forniti nel corso di una conferenza stampa in prefettura a Catanzaro alla quale oltre al procuratore Bombardieri hanno preso parte i vertici delle forze dell’ordine: il capo della Squadra Mobile di Catanzaro, Nino De Santis, il capo della Mobile di Vibo Valentia, Tito Emanuele Cicero, il comandante provinciale dei carabinieri di Vibo Valentia tenente colonnello Daniele Scardecchia, il comandante della Guardia di Finanza di Vibo Valentia colonnello Elia Carmelo Pallaria, il tenente colonnello Domenico Frustagli e il tenente colonnello Michele Di Nunno del Gico della Guardia di Finanza di Catanzaro. 
    Gli inquirenti ritengono di aver bloccato i canali finanziari del clan sequestrando beni per un valore di circa 70 milioni. Tra i beni sequestrati oltre 100 immobili, quote societarie e rapporti bancari, oltre a due villaggi vacanze e tre compagnie di navigazione con altrettante motonavi che assicuravano, in regime di sostanziale monopolio, i collegamenti turistici con le isole Eolie.

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